Ascolto il rumore delle onde che s’infrangono contro gli scogli e, con la stessa prepotenza, si prendono un po’ gioco di me. Mi rimproverano, forse. E io lascio fare, ignoro alibi e scuse con cui potrei giustificarmi, non servono. Mi perdo a guardare quell’insistenza e mi domando perché a volte non cerchiamo la forza in loro per continuare a combattere, anziché arrenderci ad ogni minima difficoltà. E le invidio, sai? Invidio quella grinta che spesso è solo una maschera e non sempre rappresenta quello che ho dentro. Le mie mani diventano clessidra, giocano con la sabbia, la fanno scorrere tra le dita e tra le idee che non stringo più. Preferisco lasciarle libere. Tanto sono mie lo stesso, un po’ come te che ci sei, ci sei comunque, anche se a volte è solo fantasia.
I miei capelli diventano capricci, ribelli ragazzini che corrono all’impazzata, seguono quel vento che si perde insieme a me, tra mille pensieri. Pensieri che si aggroviagliano agli echi di qualche frase dettata dalla certezza di una voce lontana. Lontana eppure vicina e così inevitabilmente mia. Il mare continua il suo discorso, è logorroico. È testardo, vuole averla vinta a tutti i costi, proprio come faccio io anche quando so di sbagliare. Non è più il suo momento, non ha più il suo sole caldo a riscaldarlo fino a sera. Solo qualche fredda nuvola gli fa ora compagnia. E poi ci sono io che mi sento niente dinanzi alla sua immensità. Mi perdo e mi ritrovo ancora tra le sue braccia, come fino a qualche mese fa. E tutto torna a ieri. E ieri diventa oggi e sa anche un po’ di domani. Eppure è novità. E forse è la salsedine che dà fastidio agli occhi, forse è lei che crea e distrugge ciò che non c’è. O forse è una lacrima che parla di gioia. E io non la capisco, non la conosco, non ci riesco a fermarla prima che venga giù. Un soffio di vento la asciuga, la porta via con sé, poi ne nasce subito un’altra e allora lì ci pensi tu. Ci pensa un’idea di un qualcosa che non esisteva e che oggi invece c’è. Ci pensa una promessa mantenuta. Ci pensano il tempo e il coraggio che danno modo all’incertezza di diventare realtà. E mi sento come lui, lui che si batte e lotta. Lui che non abbandona la presa, lui che è ostinato e che alla fine ce la fa. E sono la sua onda caparbia. Sono figlia del mare, per questo sono qua. Con la sabbia tra le mani, il vento tra i capelli e l’infinito da raggiungere. Mentre l’ultima goccia di gioia mi scivola sul viso, lui, fiero, trova pace e torna a riposare.