La supremazia della modernità sulla letteratura

Creato il 26 gennaio 2012 da Andreapomella

Ogni scrittore cerca di raggiungere il maggior numero possibile di lettori. Tuttavia la scrittura pone dei confini molto ben definiti, confini di lingua, di genere, confini geografici, eccetera. Si è tentato di annullare questi confini coniando il termine “modernità”. Con questo termine si è creata una categoria esclusiva e privilegiata, che nel volgere dei decenni ha estromesso tutte le altre, fino a ottenere una sorta di monopolio sulla letteratura. Tutto ciò che non rientra nei canoni della modernità non è degno di pervenire alla gloria letteraria, rimane un sottoprodotto della – appunto – modernità. Stiamo parlando, si badi bene, di un periodo storico che si apre con Kafka e Musil e che perdura fino ai giorni nostri. Elemento distintivo di questa supremazia della modernità sulla letteratura è la componente etica. Ogni scrittura deve contenere un giudizio morale sulla propria società di riferimento. Anche prodotti culturali apparentemente sprovvisti di “moralità” contengono in realtà un giudizio di natura etica su ciò che accade nel mondo contemporaneo. Lo “sguardo morale” accompagna e definisce la modernità, ne traccia i confini. Il problema è che oggi la modernità si è ridotta a una mera confezione commerciale entro la quale vengono racchiusi i libri che possono essere pubblicati (poiché li esige il mercato), definisce inoltre ciò che “si può” da ciò che “non si può” chiamare letteratura. Anche all’interno di generi letterari come il romanzo storico devono emergere messaggi moderni. Questa modernità drogata dall’economia di mercato è però una falsa modernità. Ma nella società capitalistica dei consumi sembra essere l’unica possibile.


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