In sè non era neppure un'idea malvagia... sono le circostanze che rendono pessime le idee.
L'idea era la seguente: visto che ieri era il compleanno di Hasuna, perchè non fare una torta?
In fondo non lo avevo nemmeno festeggiato degnamente.
I regali (e che ragali!) glie li avevo consegnati a mezzanotte mentre lui guardava alla tv notiziari dalla Libia, senza neanche uno straccio di incartamento decente.
La domenica era piovosa e fredda (solita ironia meteorologica, dopo una settimana di sole splendente), la pupa di malumore, la notte era passata insonne (almeno per me, ma un poco anche per lui). Andare da qualche parte non era proprio cosa: ci si prospettava un'uggiosa giornata casalinga a trastullare la bimba con, forse, qualche visita di amici in serata.
Almeno la torta ci vuole.
Fa sempre piacere che qualcuno ti faccia una torta per il tuo compleanno.
E a pensarci non faccio una torta da giugno, quando io e la mia panza di nove mesi ci facemmo una sauna colossale nella nostra cucina surriscaldata dal poderoso forno che la occupa per un buon decimo della sua superficie, e che però ci vuole mezz'ora per accenderlo, tenendo premuta la manopola del gas finchè non si scalda, perchè altrimenti si spegne.
Quella volta era il compleanno di Master. Mi ero fatta due docce per abbassare la mia temperatura corporea e mi ero dovuta cambiare abiti altrettante volte perchè ero in un bagno di sudore e temevo che sarei morta lì, sul pavimento della cucina, con il sangue che mi ribbolliva nelle vene.
Lo shock di quella volta fu tale che non mi ero più dilettata di pasticceria, fino ad ora.
E considerato come è andata a finire ieri, credo che non lo farò più per un tempo altrettanto lungo, almeno fino al prossimo compleanno di qualche abitante della casa, gatti esclusi.
Dunque la decisione era quella di fare una torta, fin qui ci siamo.
Ora l'attuazione.
La prescelta era una torta che lui stesso mi aveva chiesto un po' di tempo fa. Una specie di mia specialità, sottoposta nel tempo a tutta una serie di variazioni sul tema dalla sottoscritta, che di volta in volta si cimentava nell'impresa accorgendosi in ritardo che le mancava questo o quell'ingrediente, e rimediava effettuando sostituzioni in genere piuttosto soddisfacenti.
Anche stavolta ovviamente: così la torta di carote e mandorle si trasformava in una torta di zucca e mandorle, farcita con crema all'arancia (mio colpo di genio sul finale).
Ma mettere in atto il mio piano, come la solito, si rivelò più difficile del previsto.
Come si suol dire, avevo fatto i conti senza l'oste, che nel mio caso era la pupa.
La pupa non ci stava.
Non ci stava buona sul tappeto a rigirarsi i suoi giochini tra le mani mentre la mamma le gironzolava indaffarata intorno.
Non ci voleva rimanere seduta sul tavolo a svuotare il cesto dei limoni: preferiva catapultarsi di lato, battere la testa e piangere.
In braccio alla mamma non le bastava: lei voleva la sua piena incondizionata attenzione.
Il peggio sarebbe arrivato quando la mamma avrebbe azionato il terribile robot da cucina, anche detto IL TRITATUTTO!
La pupa ne è letteralmente terrorizzata, e di questo vi avevo già parlato.
Ma il famoso omogeneizzatore baby comprato on-line, un bel giorno si è fulminato, e domenica scorsa così per tritare le pappine della pupa ne abbiamo dovuto comprare uno nuovo, che non si chiamava omogeneizzatore baby, ma semplicemente tritatutto, ed è molto più capiente, assai più potente, con molti più accessori e funzioni, impiega la metà del tempo a compiere il lavoro preposto, e, soprattutto, è decisamente più silenzioso del suo predecessore dalla brevissima vita. Quindi magari stavolta riesco a convincere la pupa che non è poi così spaventoso. E invece no. Vederla deformare il viso in una smorfia di costernazione e poi di pianto disperato è uno strazio.
Basta: è mezzogiorno. Il padre ha dormito finora. Io mi sono alzata anche stamani alle 6. E' ora che mi liberi del dolce fardello della mia prole per occuparmi seriamente di questa torta.
Mollo la pupa sul letto con il padre e chiudo la porta.
Ora a noi due, torta: trito mandorle, monto uova, grattuggio zucca, sbatto il burro con lo zucchero e infine impasto il tutto, posso finalmente sbizzarrirmi con le mille funzione del fantastico robot-tritatutto. Sto dieci minuti con il dito pigiato sulla manopola del forno finchè non riesco ad accenderlo, a infornare e a raccogliere la miriade di ciotole e ciotoline sparse in giro per la cucina.
Dalla camera intanto provengono le urla di una pupa per niente rasserenata, e quelle di un padre che dopo 20 minuti di spupazzamento già reclama a gran voce l'intervento materno a sedare i pianti accorati.
Suster a sua discolpa potrebbe dire che da due notti dormiva picca e niente, che si sentiva stanca mentalmente, che le urla acute e reiterate della sua pargola le avevano fatto smorcare un fastidiosissimo malditesta, che ancora una volta si era illusa di poter passare una domenica, se non proprio riposante, almeno serena. Fatto sta che Suster non si riconosce scusanti per quello che è successo di lì a poco.
Il padre esce dalla camera e le molla la bimba, andandosi a rinchiudere in bagno. La bimba urla ormai in maniera inconsolabile ed esasperante.
Suster abbozza qualche timido e svogliato tentativo di distrarla e calmarla, ma riesce solo a ottenere brevi tregue presto interrotte da una furia ancor più devastante.
Alla fine Suster impazzisce.
- Vuoi star zitta cazzo! CAZZO CAZZO CAZZO CAZZO! Solo io in questa casa mi sforzo di non dire parolacce! Beh, ora lo dico: CAZZO CAZZO CAZZO CAZZO! Stai zitta porca puttana! Sembra che ti stanno scannando! Eh! Che c'hai? Nessuno ti sta prendendo a mazzate. Zitta o giuro che ti lancio!
E davvero Suster è presa da un istinto omicida e vorrebbe lanciare sua figlia. E' a tanto così dal trasformarsi in Anna Maria Franzone. Ha gli occhi fuori dalle orbite e si sente pulsare una tempia.
La bimba urla ora terrorizzata, e Suster perde del tutto la brocca.
Per evitare di lanciare davvero la pupa, come il demone che in quel momento la possiede la spingerebbe a fare, inizia a lanciare gli oggetti. Vi giuro: mai successo in vita sua, Suster se la prende con gli oggetti.
Via il tappeto di gioco e tutti i suoi allegri abitanti. Viene calciato a tre metri di distanza mentre una frenetica suoneria di "Oh when the saints go marching in" rotola lontano assieme alla palla di pezza che la produce.
Via la collezione di inutili teiere di cera fantasia, dono di una cara amica, che da anni non aveva avuto il coraggio di buttare, e che l'unica volta che ci aveva provato, erano state raccolte dalla spazzatura da Hasuna, che in quanto a conservare ciarpame è il principe. Ora le teierine assolvono l'ingrato compito di assorbire la furia della Suster scatenata, divenendo proiettili di cera che schizzano in ogni direzione, e riportando, come verrà constatato solo in seguito, danni permanenti, venendo private chi del beccuccio, chi del manico, chi del grazioso coperchio.
Scagliato con forza contro la parete Memorie di Adriano, che si trovava malauguratamente per lui nei paraggi, colpevole solo di aver ricordato con la sua presenza alla Suster impazzita l'inadempimento di quella interminabile lettura, che si protrae ormai da mesi.
Ce n'è per tutti.
Anche per Hasuna, che esce dal bagno con l'espressione di chi non si spiega un fatto curioso, e senza dire una parola, si ripiglia la pupa ormai irremediabilmente disperata, che probabilmente trascinerà nell'inconscio il ricordo traumatico della furia materna.
La quale madre nel frattempo lava i piatti e piange, piange e lava i piatti, raccatta scodelle e tegami unti di burro e sporchi di impasto, sbatte sportelli e fa cadere in terra coperchi, finisce di preparare la pu-pappa e consegna il piatto al padre, perchè la dia alla bimba, con la quale non vuole avere più niente a che fare. E piange, affatto fiera di quanto ha appena compiuto. E sa che di lì a poco andrà a raccogliere i giochi della pupa sparsi per la casa, e farà una stima dei danni della sua furia, e probabilmente butterà infine le teierine mutilate. Prenderà la piccola urlante dalle braccia del padre che intanto tenta di somministrarle la pappa senza successo, e la calmerà piano piano, con carezzine sulla testa e bacini e si sentirà un vero mostro quando nel massaggiarle le gengive con un dito si accorgerà che le è spuntato un dentino: un incisivo inferiore, che certo deve averle fatto male, e che spiegherebbe il malumore della piccola tanto nelle notti precedenti quanto nella mattinata.
E lei, invece di starle vicina e coccolarla, e darle tutta la sua attenzione... si è messa a fare una torta, e si è messa a fare la pazza perchè non riusciva a fare la torta in pace.
Sì: Suster non è affatto fiera mentre mette a letto la pupa che ha appena preso qualche cucchiaiata di pappa prima di crollare addormentata. Ha dimostrato la sensibilità di Godzilla e il self-control dell'incredibile Hulk.
Vorrebbe dare di più, come un tempo cantavano Morandi e Umberto Tozzi, vorrebbe essere in grado di prendere le cose con filosofia, o come minimo non vorrebbe rischiare di uccidere sua figlia in un eccesso di rabbia.
Non si spiega come possa arrivare a perdere la brocca in questo modo eppure riesce forse ora a capire cosa scatta nella testa di quelle madri che finiscono col farlo davvero, e in fondo non può che compatirle, perchè solo ora capisce quanto debbano essersi sentite sole ed esasperate.
Forse parlare di sè in terza persona la aiuta ad analizzare con maggior distacco i propri atti, o forse solo a considerarli atti di una terza persona che non è lei.
La decisione di fare una torta è stata ardua, e forse era ancora troppo presto: non era ancora tempo di fare una torta!
Ma sì: la colpa è stata della torta, mettiamola così.
Niente più torte fino a nuovo ordine.