Il Partito Democratico ha vinto e non ci sono più giustificazioni o scuse che reggano. Il grande sconfitto di questa guerra elettorale è sicuramente il Movimento 5 Stelle che, sulla base del proprio credo e sulla base delle proprie convinzioni che muovono dalla necessità di un cambiamento radicale nella società, politica e non, ha giocato un ruolo primario anche nella sua stessa sconfitta.Così vince la politica della moderazione e delle promesse e del compromesso, la politica che ha scelto di tagliare col passato almeno in modo figurato, introducendo un apparato dirigenziale e di governo depurato dalla logica della maturazione profonda degli eletti nelle istituzioni e negli apparati di partito ma non dalla cooptazione, anche perché al momento il governo non si è formato secondo le logiche della legittimazione ma secondo proprio la logica della cooptazione.
Ad uscire sconfitta sicuramente, anche se si tratta di elezioni europee, è la dialettica della distruzione, la non-dialettica, almeno in Italia, una dialettica che parla solo a sé stessa e che parla ,a torto e si è visto, da una posizione al di sopra di ogni sospetto.Le considerazioni che sicuramente si scaturiscono dalla tornata elettorale per le europee sono sotto gli occhi di tutti, e non serve nemmeno un’analisi così tanto profonda.A vincere è stata la volontà di uno schieramento di aprire le porte agli sfiduciati, ai pentiti della rivoluzione liberista, mai attuata nel nostro paese, i figli dei sognatori moderati che se in un primo momento ob torto collo avessero destinato il loro voto per il Movimento 5 Stelle, dopo, assaliti dalla paura di una probabile conseguenza di un’incerta tenuta democratica derivante dalla loro scelta, si sarebbero indirizzati verso chi incarna probabilmente quell’istituzionalismo democratico proprio della ormai, a quanto pare, riabilitata Democrazia Cristiana.Renzi ha battuto tutti, una percentuale mai così alta, che ha surclassato non solo i suoi oppositori urlanti ma soprattutto i suoi predecessori, rei di aver sposato troppo la politica di vecchio stampo del mutuo soccorso agli opposti schieramenti, quindi una politica connivente e fittizia ma che non prometteva. Basti pensare al fenomeno politico di Silvio Berlusconi, che per vent’anni nel nostro paese, non ha saputo seguire fatti alle promesse delle campagne elettorali, ma che puntualmente veniva legittimato non solo dalle folle di pellegrini accorsi per soccorrerlo dalle grinfie della magistratura tiranna ma anche dalla sedicente opposizione di centro sinistra.
Prendiamo per esempio Bersani. Nonostante tutto facesse pensare ad una sua vittoria schiacciante nelle ultime elezioni politiche, non ha ottenuto quella larga fiducia nel paese, proprio perché si è sempre sottratto alla logica delle promesse ma anche perché il Movimento 5 Stelle, essendosi da poco affacciato sulla scena politica italiana, attirava a sé la rabbia civile di un’Italia ormai stanca dell’austerithy come soluzione a tutto e della politica sempre più autoreferente.
Prima delle elezioni, si presentò come ospite alla trasmissione “Che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio, una domenica sera come tante. La pressione era già evidente sull’allora segretario del Partito Democratico, che da una parte incassava ogni volta un finto endorsement proprio dalla frangia che faceva capo all’attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi, e all’altra parte un riabilitato Berlusconi, attirava invece l’attenzione con le sempre verdi promesse sull’abolizioni, prima era l’ICI, ed allora invece era l’IMU. Le parole erano sempre state semplici e chiare: “Io promesse che non so se posso mantenere non ne faccio.” I risultati elettorali diedero ragione a chi urlava e soprattutto a chi prometteva.
Allora ti viene da pensare che la politica di Bersani, e di chi come lui era restio alle promesse ma era più legato alla lungimiranza di un’ideologia politica di lungo respiro, della volontà di parlare dei fatti, è sempre stata fallimentare in questo paese. Ecco dove ha vinto Renzi e dove ha sempre vinto Berlusconi, ha promesso ciò che gli italiani volevano sentire. Non importa se son promesse che son difficili da mantenere, lui la faccia su quelle proposte l’ha messa e gli italiani si sa, hanno sempre subito, con profonda indulgenza, il fascino della promessa, ed ancora di più della promessa non mantenuta.
Ecco la rincorsa al moderno centro destra, ecco la novità nel panorama di centro-sinistra, che ringrazia, nonostante tutto, perché un così grande consenso, su larga scala, non si era mai avuto.
Ora resta solo da capire tutto questo a cosa porterà e se il risultato delle elezioni europee poi, nel futuro prossimo o remoto, si possa tradurre in una maggioranza così netta del Partito Democratico nel nostro paese. Resta da capire se quella bolla di rabbia, in questi ultimi tempi sempre più accresciuta soprattutto fuori dai nostri confini nazionali, presto si possa sgonfiare e se si possa presto tornare a dialogare sulla volontà di costruire insieme l’Europa più giusta possibile, magari chiudendo la porta a chi, stoltamente, vuole la distruzione del progetto europeo e non la sua rivalutazione, partendo soprattutto dalla considerazione che prima di ogni politica ci sono le persone, con le loro esigenze ed i loro diritti, senza dar conto alla nazionalità ma solo a quel “diritto alla felicità”, presente in numerose Costituzioni ma troppo distante oggi dal suo pieno riconoscimento.
Cibal