La trama (con parole mie): Smiley, con l'uscita di scena del suo capo all'intelligence britannica Control, si ritrova di nuovo nel pieno dell'azione richiamato dalla pensione per snidare una talpa che da anni si muove ai vertici dell'organizzazione, lo stesso uomo che era costato un'importante missione in Ungheria e l'apparente dipartita di un agente, Jim Prideaux.Muovendosi nell'ombra all'interno degli ambienti in cui ha passato la sua vita, Smiley si ritroverà a dover scegliere gli alleati e le pedine migliori per una partita a scacchi con gli avversari russi, il destino e la nemesi che si cela alle sue spalle, responsabile di molti degli eventi in grado di mettere alle strette Control, il governo britannico e lui stesso.
Ne ho sentite davvero di tutte, a proposito di questo lavoro di Tomas Alfredson.Dal Capolavoro alla noia mortale, senza dubbio pare si sia guadagnato l'appellativo di pellicola più dibattuta - almeno online - dai tempi di Melancholia.Personalmente, l'opera precedente del regista - l'osannatissimo Lasciami entrare - tolte un paio di scene clou ha rappresentato uno dei film più sopravvalutati degli ultimi anni, nonchè uno dei pochi che, proprio per noia, riuscii a portare a termine soltanto in due visioni distinte, una cosa più unica che rara in casa Ford.La talpa pare essere, in questo senso, una conferma: una grande prova di regia e comparti tecnici assolutamente priva dell'anima e del mordente necessari per avvincere il pubblico ed affermarsi come cult, perlomeno di genere.Dunque, per quale motivo ho scelto di dare una valutazione discreta ad una pellicola che, a quanto pare, meriterebbe soltanto sonore bottigliate?Perchè La talpa - così come, forse, il suo predecessore nella filmografia di Alfredson - è una di quelle pellicole da sedimento, che al principio irritano o annoiano per essere poi rivalutate nel tempo, o valere almeno un ulteriore tentativo affinchè questo fenomeno certo raro possa compiersi: personalmente, a fare da riferimento per questa schiera ho un precedente più che illustre, The heat di Michael Mann, visto quando ancora non ero pronto per un'opera di quella portata e rivalutato negli anni ad ogni visione successiva.Rispetto a questo film, dunque, resto tutto sommato fiducioso, e pronto ad affidarmi ad una seconda - rivelatrice? - visione in futuro: per ora resta una confezione impeccabile - regia ottima, fotografia da urlo, richiamo ai capisaldi del genere in pieno stile seventies riuscito alla perfezione - al servizio di una storia macchinosa e bolsa, non tanto incomprensibile - come molti hanno scritto - quanto priva di anima, come la quasi totalità dello stellare cast, compreso il comunque ottimo Gary Oldman, troppo impegnato ad immergersi - in tutti i sensi - nel suo algido Smiley per scoprire che, di cuore, questo protagonista comunque sulla carta straordinario risulta assolutamente privo.Spiccano soltanto Mark Strong - che a questo punto potrebbe cimentarsi davvero in qualcosa di più dei consueti film action cui ci ha abituati - ed un superlativo - ma questo già si sapeva - Tom Hardy, mentre il resto dei grossi nomi, a parte portare a casa la pagnotta, fa poco per staccarsi dall'atmosfera di stanca trasmessa dalla pellicola: su tutti, il pessimo Colin Firth, sempre uguale a se stesso - come giustamente sottolineato da Julez - e decisamente svogliato nel portare sullo schermo uno dei personaggi al contrario più interessanti dello script, fornendone quasi un'involontaria caricatura.Riallacciandomi proprio all'appena citato Firth, potrei quasi sbilanciarmi affermando che La talpa rappresenta, per il genere spionistico, quello che il terribilmente vuoto Il discorso del re fu per l'autorialità da grande pubblico lo scorso anno: non, dunque, un film brutto nel senso realizzativo del termine, quanto fiacco.Ai tempi ricordo che usai il termine di "sala da the" per il lavoro di Tom Hooper: rispetto a quello Alfredson fa certo di meglio, eppure il suo lavoro sa tanto di un gin tonic annacquato rispetto al Tanqueray liscio che mi sarei aspettato.Resta comunque chiaro il fatto che si stia parlando di un film profondamente autoriale, e decisamente di valore - tecnicamente parlando, almeno -, e non di un'immondizia galattica come quelle proposte spesso e volentieri nelle nostre sale, eppure l'impressione, soprattutto rispetto ai suoi lati positivi, è quella di un'enorme occasione sprecata dal regista per compiere il salto di qualità che i suoi fan più fedeli si sarebbero aspettati dopo il suo esordio ed i detrattori - come il sottoscritto - si erano auspicati di fronte ad un'abilità dietro la macchina da presa certamente invidiabile.Chissà, forse il tempo darà ragione a lui: eppure fino ad ora quello che resta è un piatto insipido e totalmente privo della passione necessaria a renderlo un must senza se e senza ma.Di noia, dunque, non si tratta - la lentezza soporifera è ben altra, fidatevi -, ma allo stesso modo i Capolavori di genere, quelli veri, come La conversazione, I tre giorni del condor e Tutti gli uomini del Presidente sono ad un livello che questa talpa da merendina si può solo sognare.
MrFord
"I'm a spy in the house of love
I know the dream, that you're dreamin' of
I know the word that you long to hear
I know your deepest, secret fear
I'm a spy in the house of love
I know the dream, that you're dreamin' of
I know the word that you long to hear
I know your deepest, secret fear
I know everything
everything you do
everywhere you go
everyone you know."The Doors - "The spy" -
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