Il 6 marzo u.s. con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Legge n. 16/2014 ha preso corpo la normativa che di fatto già modifica quanto determinato in materia di TASI all’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (Legge di Stabilità 2014).
L’art. 1 del DL 16 definisce che nel 2014, nella determinazione delle aliquote TASI, possono essere superati i limiti stabiliti nel primo e secondo periodo del comma 677 della già citata legge, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille a condizione che tale aumenti siano destinati a finanziare, relativamente alle abitazioni principali e alle unità immobiliari ad esse equiparate, detrazioni d’imposta o altre misure, tali da generare effetti sul carico di imposta TASI equivalenti a quelli determinatesi con riferimento all’IMU relativamente alla stessa tipologia di immobili.
Da una prima lettura pare che la volontà del legislatore ci trasmetta un’unica certezza: la volontà di esentare le abitazioni dal pagamento della TASI per i cinque milioni di case che, grazie al loro valore fiscale basso non hanno mai pagato l’IMU perché le detrazioni fisse per abitazione principale (€ 200,00) e per i figli residenti e dimoranti al di sotto dei 26 anni (€ 50,00 per figlio) erano sufficienti ad azzerare l’imposta lorda.
Cosa accadrà però alle abitazioni principali di valore medio? Tutte le abitazioni con una rendita catastale compresa tra i 300 e i 650 euro che a seconda dell’aliquota applicata dal proprio comune pagavano una IMU compresa in una forbice da 50 a 350 euro, saranno soggette alla prova dell’”equivalenza”. I comuni che andranno ad applicare la “super aliquota”, come è prevedibile che facciano tutti per non fare ma una scelta politicamente suicida e priva di vantaggi per il bilancio locale, dovranno leggere tra le righe del decreto per riuscire ad rendere equa ed “equivalente” la nuova tassa.
In sostanza gli “effetti equivalenti”, dovendo essere chiaramente applicati «sulla stessa tipologia di immobili», e non «sullo stesso immobile» indicano che la clausola sotto intende la categoria delle così dette abitazioni principali nella loro accezione più ampia comprendendo quindi anche le assimilate o le assimilabili. L’indicazione pare chiara ed è quella di non permettere alle amministrazioni locali di chiedere al totale delle abitazioni principali più di quanto hanno ricevuto dall’IMU.
Il Comune potrebbe altresì individuare delle detrazioni “selettive” per esempio le famiglie con una ISEE inferiore ad una certa soglia rispondendo così anche ad una regola generale di perequazione e di progressività dell’imposta . Un sistema di detrazioni che tengano conto dell’effettiva situazione socio–economica e reddituale del contribuente, così come avviene nella tassazione di natura reddituale.
Sicuramente utilizzare l’ISEE per un sistema di detrazioni “modulate” potrebbe portare ad un diverso livello impositivo, che tenga conto della necessità di agevolare le situazioni di maggiore necessità e di rispondere al requisito della progressività richiesto dall’art. 53 della Costituzione.
Altro elemento da valutare con attenzione è rappresentato dal termine di confronto della “equivalenza” definita dalla norma. In buona sostanza gli effetti impositivi della TASI a cosa devono essere “equivalenti” in concezione temporale? Probabilmente all’IMU del 2012 visto che nel 2013, Mini IMU a parte, le abitazioni principali sono state di fatto esentate dal pagamento dell’imposta municipale propria. Sarà un duro confronto visto che i Sindaci dovranno fare i conti non con quanto incassato nel 2012, ma tenendo conto del gettito 2013.
Una relazione di equivalenza è un concetto matematico che esprime in termini formali quello intuitivo di similitudine di due elementi ma qui di similitudini ne troviamo poche o nessuna e il pericolo vero che l’unica “equivalenza” sarà quella che definirà nuovamente che a passare alla cassa a pagare il conto saranno sempre gli stessi: i cittadini semplici.