La tattica della “guerra senza rischi” con l’utilizzo degli uav

Creato il 01 luglio 2015 da Eurasia @eurasiarivista
:::: Giovanni Caprara :::: 1 luglio, 2015 ::::  

Gli investimenti programmati per l’implementazione dei sistemi d’arma, sono stanziati principalmente per la robotica ed i sistemi cibernetici. La finalità è ridurre il tempo che intercorre fra il rilevamento dell’obiettivo ed il suo ingaggio. La continua evoluzione dello spazio bellico e l’asimmetricità delle minacce, hanno consentito lo sviluppo ed il conseguente impiego di sistemi a controllo remoto, un mercato che vale 950 milioni di dollari, con un trend positivo che potrebbe raggiungere i 2 miliardi nei prossimi anni sino a raggiungere i 28 miliardi di dollari fra dieci anni. La strategia d’impiego dei velivoli a pilotaggio remoto segue la dottrina della “Guerra senza rischi”. Questo concetto è fondato sulla tattica di posizionare le proprie forze armate lontano dagli ambienti ad alta conflittualità e condurre le operazioni in aree prive di rischi. Ciò, però, costringe gli strateghi ad una riformulazione delle strategie militari ed a ridisegnare lo spazio bellico, dunque ad interpretare in maniera innovativa gli scenari di guerra e l’evoluzione dell’impiego delle forze terrestri. L’efficacia degli UAV, se paragonata ad altri sistemi d’arma, è particolarmente valida nelle operazioni convenzionali anti-terrorismo e come alternativa all’impiego delle truppe su vasta scala, infatti, l’obiettivo fissato è quello di ridurre numericamente l’impiego dei militari sul campo per lasciare il posto agli interventi mirati nelle missioni UAV, definite “uccisioni mirate”. Il massivo utilizzo dei droni armati nei conflitti contemporanei, ha restituito come prodotto l’azzeramento delle perdite dei piloti, confortando la dottrina del senza rischio, ma ha diminuito sostanzialmente l’accuratezza al bersaglio con il conseguente aumento di vittime civili, il cui numero non è precisabile in quanto molte operazioni con i velivoli a controllo remoto sono coperte dal segreto. Un aspetto che sta diventando centrale e controverso negli ambienti militari, è l’impatto psicologico sui piloti che combattono da consolle sistemate in aree protette. Tecnicamente è definito: “impersonalizzazione della battaglia”. L’effetto principale che produce è l’abbassamento della soglia operativa, pertanto l’estraneazione del pilota dal teatro delle operazioni con la risultanza di aumentare esponenzialmente i danni collaterali e la dipendenza dalla componente robotica. Il pilota potrebbe distaccarsi dalla missione stessa, una dissociazione che implicherebbe la completa estraneazione dalle sue azioni. È esplicativo il concetto espresso da Albert Camus, in base al quale non si può uccidere se non si è pronti a morire. La “ragion di guerra” giustifica solo l’uccisione di coloro che a ragione sono suscettibili di essere uccisi, ossia i soldati, i quali a differenza dei civili, sono consapevoli del pericolo di perdere la vita.

In base al diritto internazionale verrebbero ad essere lesi i principi di proporzionalità e discriminazione dei non combattenti. Come esposto da Michel Walzer, è necessario incentrare l’attenzione sulla dicotomia tra guerra ed autodifesa. Alla prima non si può assegnare l’idea metafisica di estremo, dove le operazioni belliche rappresenterebbero l’estrema ratio per risolvere una controversia, infatti l’estremo è irraggiungibile e nel caso della guerra è sempre possibile tentare di risolvere le dispute con la diplomazia. I belligeranti avrebbero l’obbligo di discernere i bersagli legittimi da quelli illegittimi, un principio regolato dalla natura del target. Inoltre, dovrebbe essere bilanciato il grado di violenza adoperato per distruggere il bersaglio, un concetto di proporzione che prevede una forza maggiore se l’obiettivo è strategico, od una minore se dovesse trattarsi di una entità di basso profilo. Come descritto dal giurista Carl Schmitt, la “justa causa”, non deve prescindere dallo “justus hostis”, ossia il nemico non è inumano e non può essere combattuto con ogni mezzo, perciò dovrà essere affrontato come un individuo dai pari diritti contro il quale è necessario limitare l’uso della forza. Inoltre, nella dottrina dello “jus in bello”, è contemplata la discriminazione degli obiettivi, in quanto ledere il commercio e l’economia dell’avversario coinvolge non solo l’Industria della Difesa, bensì i cittadini e non ultimo il Paese neutrale che intrattiene rapporti commerciali con il nemico.

Al fine di non abbassare la percezione della soglia di rischio dell’operatore, l’armamento dell’UAV a lui assegnato, dovrebbe essere di media letalità, ed il bersaglio meno fortificato e dunque facilmente violabile. In tal modo il pilota conserverebbe la coscienza di operare in un ambiente a bassa conflittualità, con la consapevolezza che non avrebbe corso il rischio di perdere la vita se si fosse trovato a bordo di un aeromobile. I droni sono costantemente in volo sui teatri delle operazioni e possono colpire qualsiasi target, sia civile che militare e questo ingenera un impatto sulla comunità civile che può essere fonte di ansia e traumi psicologici. Pertanto il pilota dalla sua postazione remota, in qualche modo trasferisce i suoi rischi verso altri soggetti, in quello che viene definito “trasferimento del rischio”, ed è tra gli effetti principali ingenerati dalla diminuzione della soglia di rischio dell’operatore. Una sorta di invincibilità ed inviolabilità che si traduce in azioni illegittime e contrarie al diritto internazionale.

I droni, oramai assorti a sistema d’arma fondamentale per la difesa, sono in continua evoluzione sia tecnologicamente che numericamente: La Russia dedicherà loro la base di Anadyr, nel Circolo Polare Artico, e diventerà quella più a nord dell’Equatore. Gli Stati Uniti hanno testato l’X-47B, in grado di decollare ed appontare su una portaerei, il cui impiego sarà concentrato verso obiettivi di matrice terroristica. Il vantaggio fondamentale nel disporre di un velivolo con tali peculiarità, è quella di non dover dipendere dalle autorizzazioni di Paesi terzi per utilizzare le loro basi. Sempre gli USA, stanno implementando il programma LOCUST, Low Cost UAV Swarming Technology, che consiste in un lancio multiplo di 30 piccoli droni. Saranno dei velivoli ad ala fissa lanciabili da tubi montati su unità di superficie o su mezzi terrestri mobili. Il vantaggio fondamentale sarà quello di costringere l’avversario ad ingaggiare bersagli multipli piuttosto che uno singolo. La filosofia costruttiva è imperniata sul basso costo, in quanto il piccolo UAV non sarà recuperabile, ed anche economicamente questa tattica avrà un vantaggio, soprattutto se paragonata all’eventuale perdita di un Reaper che vale oltre 15 milioni di dollari, o di un cacciabombardiere come l’F-35 il cui costo supera i 135 milioni di dollari. I test dei LOCUST sono in stadio avanzato e lo swarm dei 30 piccoli droni potrebbe essere operativo dal 2016. l’Europa ha in fase di sviluppo il progetto Medium Altitude Long Endurance, una partnership fra Airbus Defence and Space, Dassault Aviation ed Alenia Aermacchi. Il sistema aereo europeo a pilotaggio remoto per missioni a lunga durata a medie quote è la risposta ai requisiti delle forze armate continentali. Un progetto che definirà meglio il quadro delle alleanze strategiche nel contesto dell’UE, infatti sarà necessario ottimizzare la condivisione di fondi per la ricerca e lo sviluppo in un periodo di crisi economica. Il progetto MALE promuoverà le tecnologie avanzate sostenendo la catena del valore europeo e garantendo l’occupazione nell’Industria della Difesa in Europa. L’Airbus Defence and Space è il principale gruppo aerospaziale europeo e conta circa 40.000 dipendenti con un fatturato annuo di 14 miliardi di euro. La Dassault Aviation è una realtà a livello mondiale in termini di sviluppo e progettazione con commesse ricevute da oltre 80 diversi paesi. Gli introiti si sono attestati ad oltre 4,5 miliardi di euro che garantiscono l’occupazione ad oltre 11.000 addetti. L’Alenia, società del gruppo Finmeccanica, impiega oltre 11.000 dipendenti nella progettazione, produzione e supporto integrato dei velivoli civili e militari. Nel 2013 ha ottenuto ricavi pari ad oltre 3 miliardi di euro, ordini per quasi 4 miliardi con un portafoglio che raggiunge i 9 miliardi di euro. Nell’ambito del programma “smart defence” di cui fa parte l’Alliance Ground Surveillance, è stato coinvolto l’asset italiano di Sigonella, dove sono stati schierati 5 Global Hawk e 6 Predator. L’Aviation Industry Corp of China ha in programma la costruzione di droni low cost per competere sul mercato internazionale, entrando in un segmento dove vale l’interesse di tutti quei paesi che non possono accedere alla tecnologia più avanzata, ed ugualmente a quelli esclusi dall’Occidente. La vulnerabilità dei velivoli cinesi è notevole rispetto a quelli statunitensi od israeliani, ma la necessità di possedere questo sistema d’arma ha convinto Nigeria, Pakistan ed Egitto ad ordinarne alcuni esemplari. L’esportazione del sistema d’arma cinese, può avere implicazioni che travalicherebbero quelle puramente economiche. La tecnologia low cost applicata sugli UAV di Pechino, potrebbe essere integrata su piccoli jet, convertendoli in un sistema di attacco autonomo a servizio di entità terroristiche. Il know-how qualificato a tale mutazione non sarebbe così elevato da richiedere l’ausilio di tecnici specializzati, pertanto sarebbe di facile accessibilità a chiunque possieda i rudimenti di tale tecnologia. Il budget asiatico è stimabile ai 7 miliardi di dollari entro il 2020, con la Cina protagonista, la quale potrebbe attestarsi entro il 2023 come maggior produttore mondiale.

La proliferazione di questo sistema d’arma, le sue peculiarità e l’utilizzo indiscriminato, potrebbero ingenerare impatti negativi non solo sulla popolazione civile ma anche nelle attività economiche dei paesi bersaglio. Pertanto è possibile che nel medio e lungo termine diventi necessaria una regolamentazione sia per gli impieghi che per il numero degli esemplari costruiti.

Bibliografia
Stefano Borgiani, “L’impiego dei droni dopo Patreus”. Affari Internazionali, 2012
Stefano Orsi, “Locust, uno sciame di droni a protezione della marina militare americana”. Dronezine, 2015
Alessio Marchionna, “Tutto sui droni”. Il Post, 2013
Redazione, “Le industrie unite per un drone italo-franco.tedesco”. Analisi Difesa, 2014
Michele Perri, “La guerra della Cina agli Stati Uniti sul mercato dei droni militari”. Formiche, 2015

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