Assaggiai la prima volta questo infuso color dell'ambra liquida in una tazza che non scorderò mai. Era una tazza di porcellana bianca, decorata con oro zecchino che ne circondava il bordo con una linea sottile e uniforme, sulla tazza l'oro disegnava delle stelline e lo stesso motivo decorava anche il piattino. Il cucchiaino che scioglieva una punta di miele nel tè, tintinnava al contatto con la porcellana come un campanellino, e creava un piccolo vortice nell'infuso, che grazie a questo movimento, disperdeva tutt'intorno le sue sostanze volatili e aromatiche.
So benissimo che quel tè non era pregiato, ma commerciale, e che non avrebbe dovuto essere dolcificato, ma da quel giorno è diventato la mia bevanda preferita. Sono passati almeno venticinque anni, il mio gusto si è evoluto, ho assaggiato tè pregiati, ho letto e mi sono documentata sulle origini, le tipologie, la letteratura e le cerimonie, ma il gusto di quella tazza che mi riportava ai cieli stellati di primavera, rimarrà per sempre nella mia memoria forse perché a prepararla fu mio nonno, lo spirito più eccezionale che abbia mai conosciuto.