“Chi si lamenta della vecchiaia è un demente. Anzi no, cieco mi sembra più azzeccato. Uno che non vede a un palmo dal proprio naso. Perché l’alternativa è una sola e non mi sembra auspicabile. Perciò già essere arrivato fin qui è un gran colpo di fortuna”.
Quando ho saputo che Lorenzo Marone, scrittore napoletano classe 1974, ha lasciato la sua professione di avvocato per dedicarsi alla scrittura, ho pensato che sia stata una fortuna. Per noi lettori, intendo. Perché al di là del tipo di prosa, semplice ma davvero molto piacevole, egli è uno dei pochi ad aver restituito dignità ad un personaggio, narratore e protagonista, appartenente alla terza età.
“La tentazione di essere felici” infatti, il suo romanzo edito da Longanesi nella collana La Gaja Scienza, giunto nelle librerie italiane nel gennaio 2015, è quello che reputo un piccolo gioiello. Capace di trattare temi profondi ed attuali, come quelli della solitudine degli anziani e il femminicidio e, al tempo stesso, di strapparci un sorriso, una riflessione. Insomma, non è una di quelle letture fine a se stesse, che serve soltanto a passare il tempo. Perché un sentimento lo suscita. Per meglio dire, leggendo questo libro non si può fare a meno di porsi delle domande. Prima fra tutte: starò vivendo davvero come desidero, oppure starò soltanto sprecando la mia vita, per compiacere gli altri?
Cesare Annunziata, il protagonista, è giunto alla veneranda età di 77 anni, sebbene abbia già avuto un infarto che lo costringerebbe a riguardarsi. Solite cose, non bere, non fumare, e soprattutto niente pillolina blu, che invece gli è indispensabile per farlo sentire ancora uomo, durante i suoi “focosi” incontri con la sessantenne Rossana, “infermiera” che arrotonda le entrate con prestazioni a pagamento.
Cesare è vedovo da 5 anni e vive da solo, a Napoli, nel quartiere Vomero. Si definisce un vecchio egoista, che degli altri se ne frega. Ma niente è più sbagliato. A sua detta, fino all’età del pensionamento, ha buttato nel cesso la sua vita. Impiegato come ragioniere in una ditta in cui ha conosciuto, tanti anni prima, la moglie Caterina, ha sempre svolto un lavoro che non gli apparteneva. Lui in realtà è fantasioso, è un “trasformista”; anche se forse il termine esatto, sarebbe attore, poiché per impressionare chi è scortese con lui, si finge sempre un Maresciallo dei Carabinieri in pensione, oppure un ex Comandante di Finanza. Conscio di non potere più competere dal punto di vista fisico, gioca d’astuzia e la spara sempre più grossa.
“Poi ho capito che era giunto il momento di usare la considerazione guadagnata sul campo per iniziare a godermela sul serio”. E quindi è giunta la svolta.
Alle persone anziane è dovuto rispetto, esse suscitano tenerezza. Cesare si sente più o meno autorizzato a comportarsi in maniera individualista, contando sul fatto che se anche un anziano si occupa solo dei fatti propri, la società lo “perdona”, proprio perché in là con gli anni. Da vecchi si può fare la pipì stando seduti, ti cedono il posto sull’autobus, si può evitare di chiedere troppe spiegazioni al prossimo, così come non è necessario incappare nei soliti “inconvenevoli” stabiliti dalle buone maniere.
In Cesare quindi ci sarebbe questa tentazione, di eclissarsi dai problemi del mondo e fingere di non vedere, per pensare soltanto a vivere bene quei pochi anni che gli rimangono da vivere. Eppure, mai come in questo momento, la parola gli è venuta così facile. Mai come adesso egli è riuscito ad essere “diretto”, senza troppo girare intorno agli argomenti.
In realtà Cesare Annunziata non è un vecchio egoista, al contrario. Egli è attento alla vita dei figli, poiché teme che essi non siano felici e non riescano ad esprimere se stessi. Oppure lo facciano quando ormai è troppo tardi, così come è capitato a lui. Per questo egli fa tante domande a Sveva e a Dante. Lei è un avvocato, nel bel mezzo di una crisi coniugale. Cesare scopre che la figlia tradisce il marito con un uomo anziano e poco avvenente, che potrebbe essere quasi suo coetaneo. Dante è omosessuale, ma non lo ha mai confessato a suo padre, e Cesare gli fa a poco a poco comprendere di potersi fidare.
E proprio mentre la sua vita scorre fra le solite chiacchiere con Marino, l’ultraottantenne del piano di sotto che vive segregato in casa, e i problemi familiari della “gattara”, un’anziana donna dirimpettaia, che per riempire il vuoto si porta a casa tutti i gatti del quartiere, ecco che si materializza l’esempio palese che non sia possibile essere felici e farsi i fatti propri. Quando un pazzo massacra ogni notte di botte la moglie, nell’appartamento attiguo, proprio non si può. La giovane Emma, creatura fragile e incapace di liberarsi dal giogo di un marito violento, smarrita e impotente a difendersi, diventa amica di Cesare. Cesare, dal canto suo, cerca in tutti i modi di aiutarla, ma nessuno può essere salvato se non lo vuole veramente, se non si ama e crede, in un certo senso, di meritare quella punizione. Nonostante la coesa solidarietà degli attempati condomini, in primis occorrerebbe la volontà di salvarsi.
Nel corso dell’opera, Cesare avrà notizia di segreti di famiglia, che lo porteranno a conoscere meglio se stesso. Perché lui è un paradosso vivente, in cui convivono il più feroce cinismo e la più profonda umanità.
I personaggi sono molto ben caratterizzati, e sembra di stare davvero in loro compagnia. Per esempio, è incredibile il modo in cui Marone sia riuscito a descrivere la “gattara”, e il fatto che appena a nominarla, pare di sentire quel cattivo odore di chiuso, misto a quello di una moltitudine di animali troppo concentrata in un solo appartamento, che Cesare lamenta sempre di sentirle addosso. Cesare Annunziata non è uno di quei soliti vecchi che si commiserano e si colpevolizzano per eventi del passato, a cui la letteratura ci ha abituati. Egli è un personaggio piacevole, senza età, che suscita simpatia, pur essendo molto credibile.
Un’altra osservazione positiva, nei confronti di questo romanzo, è che non vi sono interi capitoli costituiti da interminabili flash back, dove il personaggio torna con la memoria alla sua vita di quando era giovane e descrive se stesso, in un certo senso, per quello che era e ormai non è più. A parte qualche riferimento al passato e qualche breve racconto, la storia di Cesare Annunziata è basata interamente su quello che è lui adesso, ciò che è diventato. È un uomo proiettato nel presente, e qui sta la sua modernità.
Il finale aperto, lascia adito a diverse interpretazioni. Una cosa è certa, non dimenticherò nessuno di questi personaggi, perché mi hanno insegnato, ciascuno a proprio modo, che la compassione è davvero poca cosa, se non accompagnata alla dignità.
Written by Cristina Biolcati