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La Teoria dei Giochi: il dilemma del prigioniero, il gioco dell’ultimatum

Da Ciraolo

Questo articolo è stato scritto dal caro amico Paolo Pascucci, è il proseguimento di “Collaborare o non collaborare: una questione strategica” e fa parte di un breve percorso nel quale l’autore tenta di dare una risposta psico-filosofica alla seguente domanda:

“è possibile arrivare ai piani alti senza dover incorrere nella corruzione e senza avere alcun legame – anche indiretto – con la malavita?”

La Teoria dei Giochi: il dilemma del prigioniero, il gioco dell'ultimatum.

Foto | I’m not cooperating and you can’t make me!

Il dilemma del prigioniero.

Alcune teorie, quali la Teoria dei giochi, o l’imperativo categorico kantiano tentano di mettere ordine. Il Dilemma del Prigioniero prevede di scegliere la migliore opzione tra quelle presentate: due criminali vengono catturati ma non ci sono prove a loro carico. Vengono messi in due celle diverse e gli viene detto: se tu confessi e il tuo complice no, tu sei libero e il tuo complice si prende 7 anni; se confessa anche lui però, vi prendete 6 anni a testa; d’altra parte, se non confessi e il tuo complice confessa, lui è libero e tu ti becchi 7 anni; infine, se non confessate nessuno dei due, siccome non abbiamo prove, possiamo tenervi dentro solo per 1 anno. Si osservi la seguente tabella:

  CONFESSA NON CONFESSA

CONFESSA (6,6) (0,7)

NON CONFESSA (7,0) (1,1)

[Dlin dlon: piccolo spazio di riflessione. Prima di proseguire nella lettura, provate a trovare la "vostra" soluzione al Dilemma del Prigioniero. Qual è la strategia ottimale? Se foste nei panni di uno dei prigionieri (e posto che l'altro prigioniero non è vostro amico né parente), confessereste o non confessereste? - NdAndre]

La Teoria prevede che la strategia ottimale di questo gioco non cooperativo sia la confessione, perché chi confessa ha un range di condanne da 0 a 6 anni, mentre chi non confessa da 1 a 7, la condanna media è superiore nel secondo caso rispetto al primo.

Che tipo di società prospetterebbe questa strategia? L’azione del confessare, in questo esempio, è strettamente funzionale a minimizzare la pena per ogni singolo giocatore, sperando che l’altro non faccia altrettanto. Se però l’altro adotta la stessa strategia, rischieremmo comunque meno che evitando di far condannare l’altro confessando.

Il rischio però è alto. In questi giochi si suppone che non vi sia collaborazione e che nessuno dei due giocatori conosca la scelta dell’altro. Infatti, se uno dei due prigionieri avesse la possibilità di conoscere la scelta dell’altro prima di fare la propria, e se chi ha fatto la scelta per primo fosse a conoscenza di questa regola, sceglierebbero entrambi la strategia che minimizza la pena per entrambi i giocatori?

Ma, a questo punto, si passerebbe al Gioco dell’Ultimatum, un gioco cooperativo.

Il gioco dell’ultimatum.

Brevemente, il gioco funziona così. Vi sono due giocatori e una certa quantità (di danaro, di cibo, di quello che si vuole) da dividere. Il primo giocatore sceglie come suddividere (per esempio, 50 e 50) e il secondo sceglie se gli sta bene la divisione o no. Se gli sta bene si procede alla divisione altrimenti nessuno prende niente.

Molti ritengono che questo gioco sia un ottimo simulatore delle interazioni all’interno di una società umana e un indicatore dell’avversione della gente per le ingiustizie. Infatti, un’azione ingiusta del primo giocatore, quello che deve dividere la quantità, porta ad una reazione del secondo giocatore tale per cui la strategia ingiusta si rivela poi fallimentare. D’altra parte, una divisione giusta potrebbe essere non accettata dal secondo giocatore che volesse far valere qualche sorta di ricatto, essendo lui, in definitiva, a scegliere se concedere il premio a entrambi; ma un’azione del genere sarebbe dannosa in parti uguali, e quindi la leva ricattatoria decadrebbe.

Una cosa importante da notare è questa: la differenza dell’atteggiamento dei giocatori, a seconda che conoscano la mossa dell’avversario o non la conoscano.

Nel secondo caso infatti, aumenta il livello di diffidenza: è il caso dei giochi definiti appunto non collaborativi, in quanto il giocatore non sa quale decisione prenderà l’avversario. Per questo motivo ha la tendenza a pensare in maniera completamente egoistica. Questo significa che non terrà in alcun conto gli interessi e le esigenze dell’altro ma tenderà a massimizzare i propri guadagni (pay off). Ne segue che i suoi desideri saranno sempre in contrasto con quelli dell’altro, anche se, obiettivamente, nel Dilemma del prigioniero, se nessuno dei due confessasse se la caverebbero con poco entrambi.

Si noti ora la differenza rispetto ad una decisione in chiaro come quella del Gioco dell’ultimatum: il secondo giocatore è a conoscenza della scelta del primo giocatore e su quella base deve decidere. Un modo sicuro per il primo giocatore, poiché si suppone che entrambi preferiscano ricevere qualcosa piuttosto che niente, è quello di dividere a metà la quantità in palio (mettiamo di denaro), strategia che lo metterebbe al riparo da ritorsioni, ma forse anche una suddivisione 60-40 potrebbe essere accettata, seppur con il malcontento. In sostanza la strategia ottimale è la divisione a metà, quella che non solleva risentimenti nel secondo giocatore, che deve decidere se accettare per entrambi, o meno. Perché dico che sarebbe accettabile e funzionerebbe meno una formula di ricatto del tipo: se dividi 50 e 50 io, secondo giocatore, non accetto, perché voglio importi un 40 -60?

Forse per lo stesso motivo per cui il primo giocatore non fa la scelta 60 – 40. Cioè: il Gioco dell’ultimatum è un tipico gioco in cui si può avere un guadagno per entrambi i giocatori, senza rischiare che un comportamento troppo egoistico precluda qualsiasi vincita. 50 e 50 è la divisione che mantiene le maggiori probabilità di essere accettata da entrambi, perché non contiene nessuna ingiustizia.

Si noti, per terminare la disamina veloce sulla Teoria dei giochi, che lo psicologo matematico di origine russa Anatol Rapaport ha inventato una strategia per il Dilemma del prigioniero ripetuto che si chiama Tit for tat. In sostanza, questa strategia prevede una prima mossa collaborativa (che nel caso in oggetto significa non confessare) e in seguito, a seconda della risposta dell’avversario, rispondere colpo su colpo: collaborare se l’avversario collabora e non collaborare se l’avversario fa altrettanto.

Teoria dei Giochi nella vita quotidiana?

Il succo di tutto questo discorso, per tornare alla domanda iniziale, è dunque questo: esiste una strategia vincente nel caso dei giochi cooperativi come il Gioco dell’ultimatum, in cui il secondo giocatore è a conoscenza della mossa dell’avversario. La migliore strategia è dividere in modo giusto. Ed io vi vedo un parallelismo con l’operare dei politici. Il politico che opererà in modo giusto (salvo i limiti di definizione di un atto giusto), avrà sempre un punto di riferimento stabile, sul quale fare affidamento. All’uomo politico, come al primo giocatore del Gioco dell’ultimatum, spetta la prima mossa: al secondo giocatore, cioè ai cittadini, spetta la seconda, cioè accettare o meno quella scelta.

(continua mercoledì prossimo)

Paolo Pascucci

La Teoria dei Giochi: il dilemma del prigioniero, il gioco dell’ultimatum. è stato pubblicato da Andrea Ciraolo.


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