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La terza cultura e i nuovi umanisti: dal bipensiero al terzo pensiero.

Da Arturo Robertazzi - @artnite @ArtNite
  • Categoria Cervello

Le scoperte in fisica, in genetica, in neurobiologia, in ingegneria, in chimica stanno cambiando le ipotesi fondamentali su chi o cosa siamo, su cosa significa essere umani. Le arti e le scienze si stanno unendo di nuovo in un’unica cultura, la terza cultura. Coloro che si impegnano in questa direzione, scienziati, umanisti con studi scientifici, scrittori, sono tutti al centro di questo processo intellettuale.

Questi sono i nuovi umanisti.

È la tesi di John Brockman, uno dei più importanti agenti letterari di non-fiction, riportata sulle pagine di Edge, un sito che è un luogo di incontro tra intellettuali provenienti da tutte le discipline.

In un saggio del 1992, John Brockman spiega come l’intellettuale tradizionale, la cui cultura è spesso non scientifica (o “non empirica” come scrive l’autore), sia ormai in declino: non è più sufficiente aver un background storico, filosofico, politico per farsi espressione del nostro tempo.

Ormai è emersa con forza, sostiene John Brockman nell’articolo datato 2001, una terza cultura, alimentata da scienziati e pensatori, che attraverso il loro lavoro di ricerca e divulgazione, hanno preso il posto dell’intellettuale tradizionale nell’esprimere il significato più profondo della vita umana.

Gli intellettuali di oggi, coloro che si fanno portavoce della terza cultura e superano la dicotomia arte-scienza, sono i nuovi umanisti. Persone, per dirlo con le parole di John Brockman, che “considerano il mondo un’entità conoscibile e producono idee e le testano in ogni area senza piegarsi a presunte autorità superiori (…) Non riducono le proprie indagini ai dati biologi e fisici,ma allargano il raggio d’azione e lo connettono all’arte, alla storia, alla politica e a tutti i prodotti della mente (…) Cambiano così gli oggetti da studiare, ma lo stile resta il medesimo e questo permea ormai la cultura collettiva”.

Come dicevo recentemente nell’intervista a Critica Letteraria, ho sempre sofferto delle lotte tra il mio cervello empirico e quello creativo – parlavo di bipensiero. Ora mi convinco che la distinzione stessa tra cervello creativo e cervello empirico è fittizia e frutto di un retaggio culturale da abbandonare.

Quanto la tesi di John Brockman e la “sua” terza cultura risolvano alcuni miei moti interni è difficile spiegarlo. Mettiamola così: oggi supero il bipensiero, le sue lotte e contraddizioni, e approdo a un più attuale, soddisfacente, stimolante “terzo pensiero”.

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