La tigre.

Creato il 27 settembre 2012 da Tazzina @tazzinadi

La tigre di John Vaillant, Einaudi. 


I libri con le foto sono grandi tesori, ricchi ed eleganti. Piacevoli veicoli di sinestesie. Specie se le foto sono belle come questa.


Moby Dick di Melville, Garzanti.


[una piccola parentesi: si diffonde in questi giorni il dibattito, la polemica qualche volta, anche da autorevoli fronti e da diverse parti del mondo, riguardante i cosiddetti bookblog come "danno" (cito testualmente questo, e segnalo questa interessantissima e illuminante risposta ma sono solo le opinioni più recenti e, forse, le più eclatanti) per la critica letteraria. Dunque: d'istinto commenterei con una sonora risata. Ma, casomai queste parole verranno lette da qualcuno particolarmente e immotivatamente interessato alle mie esternazioni, non voglio rischiare poi selvaggi copiaincolla indiscriminati e decontestualizzati in cui rischio di apparire come una matta ridanciana di dodici anni. Trattengo l'uso di faccine, per la medesima ragione. Mi limito soltanto a dire che questa faccenda per me è divertente. E mi chiedo: ma qual è il problema, poi? Quale il danno? Quale? Faccio fatica a comprendere. O è una "questione economica"? come si usa dire quando la misura cognitiva è colma. Che però, a maggior ragione, io mi ostino a non capire. Ed è senz'altro un mio limite. Ma i blog, quando si occupano di critica letteraria, in quale bizzarra maniera inficerebbero la stessa? Quanto invece a spazi come il mio, non di critica letteraria, ma denominati in gergo "bookblog" perché orientati a un "discorso" sul romanzo differente, con sguardo personale, spesso ludico, in che maniera costituirebbero un danno o una minaccia e per chi? Non riesco infatti a immaginare un critico mettersi lì a fotografare i suoi caffè insieme ai libri preferiti e a parlarne in maniera per lo più immediata ed espressionistica; nei momenti in cui mille lavori precari gli lasciano il tempo e le energie. Allo stesso modo non viene voglia a me di scandagliare i testi utilizzando gli strumenti analitici del critico di professione (pur avendoli studiati all'Università) per disparate ragioni diverse. E dunque? Cos'è che turba? Dove risiede la democrazia? Tralasciando poi che esistono le più svariate motivazioni che mi azzardo a definire sociali che possono aver portato me o altri ad "aprire un blog" come questo e sono importanti: perché non considerare quelle, e smettere di, banalmente, "giudicare senza conoscere". A scuola ci insegnavano a non "mettere l'etichetta" agli altri bambini. A bandire lo stigma dalla convivenza civile sui piccoli banchi di legno, nella prospettiva di un futuro migliore. Mi viene da pensare che quel giorno a lezione in molti erano assenti. C'è tanta voglia di sparare a zero, magari poi ritirando la mano, in sintesi, senza aver mai minimamente esplorato o indagato sul mondo che sta dietro un blog, un blogger, una voce, una persona. Insomma, credo che i detentori dei "veri" saperi, dei "veri" lavori, dei "veri" mestieri della "vera" cultura e, lasciatemelo dire, attualmente anche dei "veri" guadagni possano dormire sonni tranquilli. Se è vero che è in atto una bellissima rivoluzione, non dimentichiamoci anche però del sublime insegnamento gattopardesco, che non sbaglia quasi mai.]
Detto ciò. Per voltare completamente pagina, come direbbe una brava giornalista del tg, eccomi a raccontarvi di un libro che mi ha appassionata fino al midollo. 
Ho esitato a lungo prima di trovare una parola per descriverlo. E non l'ho trovata. Perché dopo l'uomo, c'è la tigre siberiana, e tanto è difficile parlare dell'uomo, così è complicato parlare di lei.
Non ho mai fatto segreto della mia venerazione per Moby Dick. Che ha in un certo senso cambiato la mia vita, in meglio. E per chi sa di cosa parlo, dire che La tigre mi ha permesso di riprovare le stesse illuminazioni di Moby Dick è un'affermazione forte, ma vera. 
La tigre è un racconto a metà tra il romanzo e il reportage, al termine del quale saprete tutto sulla tigre dell'Amur e su come ucciderla se non vorrete essere ammazzati voi. Come per Moby Dick, ho una predilezione anche per le tigri (cos'è che li accomuna? forse la ferocia, il mistero, la complessità, la bellezza, l'immensità). Se non ci credete, controllate qui, qui, o qui. E questa immensa impresa del protagonista, Jurij Trush, non ha fatto altro che aumentarne il fascino trasformandosi in un viaggio necessario, rischiosissimo ma pane per i denti di un lettore in cerca di scoperte e grandi amori tragici. Tra le altre cose, ho appreso da questo libro che esistono leggende su matrimoni, sì matrimoni, tra uomini o donne e tigri. Per dire che non sono la sola a essere caduta sotto questo incantesimo felino; ho avuto un gatto per anni, che non era certo come un marito, poiché non mi attira il genere, ma che ho amato innegabilmente come un fratello dai miei 4 ai 27 anni, nel bene e nel male. E sulle tigri poi ci sono infiniti racconti - pensavo a questo ad esempio - storie, fantasticherie, miti e invenzioni. 
Ma per tornare alla realtà, mentre Trush ha i suoi buoni motivi per dare la caccia a questa nemica, per cui inevitabilmente sviluppa una comprensibile ossessione, l'autore di questa opera-mondo ricca di informazioni ed evocative citazioni letterarie, anche, ci svela non poche informazioni sulla Russia, sulla sua storia e sulle drammatiche controversie della caccia alla tigre. Mettendo in luce un aspetto vergognoso di certa umanità avida e parassita della natura e le sue delicate leggi. 
E insomma questa lettura mi ha restituito un estremo bisogno di avventura. E la curiosità di riscoprire una tradizione di "libri sulle tigri" che ha come genitore Salgari il quale ha indagato molto nei suoi romanzi sul paragone tra questo enorme animale e l'uomo. Per chi volesse riacciuffare quei capolavori o se li è persi nel magma della vita o perché ancora giovane, consiglio questo e naturalmente questo
Buona lettura!

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :