Sono il perno di una battaglia per ora intrapresa dalla sola Cgil. È una mobilitazione che può essere resa più forte dal recente documento, sui temi del lavoro precario, votato dal Pd superando incomprensioni e differenziazioni. È la proposta, in sostanza. di far costare quel lavoro atipico più del lavoro normale e non viceversa, come avviene ora. Un modo per unificare davvero i diversi lavori e che dovrebbe essere in sintonia anche con le posizioni di Cgil, Cisl e Uil. Mentre l'idea del "contratto unico", pur con la potenza evocativa di cui gode, non sembra puntare a districarsi nella giungla delle infinite forme contrattuali esistenti e a basso costo.
Semmai il problema ora è come far diventare realtà quella nuova parola d'ordine su "diritti eguali per tutti". Magari nel vivo della discussione sulla crisi e su una "manovra" che proprio sui precari poggia la propria forza E mentre i giornali sono ricolmi d'indagini sulla scoperta di milioni di giovani costretti a fare i bamboccioni nullafacenti. Oppure su un milione di cinquantenni (vedi «la Stampa» di qualche giorno fa) spediti a casa. In paradossale contrasto con la nuova manovra che allunga di qualche periodo l'età della pensione. Contraddizioni del nostro Paese.
Rese più acute da un recente servizio di "Repubblica" intento a descrivere i trentenni di Berlino addirittura felici con un primo stipendio a 42.700 euro l'anno. L'Europa non è tutta eguale. Sono tanti tasselli che spiegano come sia giusta la mobilitazione in atto nel Paese. La parola "equità" evocata dal presidente Giorgio Napolitano può diventare una scelta vera e contribuire a ridisegnare un intervento complessivo capace di non aumentare le diseguaglianze e determinare (non deprimere) lo sviluppo di risorse umane e produttive.
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