Nella mattinata il sole era finalmente tornato a splendere, ma le nuvole sono tornate ad oscurarlo, come negli ultimi due mesi. Questi mesi di pioggia continua, con la “macaia” (il caldo umido opprimente) che avvolge gli stretti caruggi e vicoli genovesi.
Noi genovesi ricordiamo con angoscia dei giorni delle due alluvioni più grandi che hanno colpito la città (nel 1970 e nel 2011, ma in altri autunni la pioggia non è stata inclemente), che hanno portato via delle giovani vite, oltre che a creare danni e disagi. Ci ricordiamo delle tragedie che hanno colpito servitori dello Stato durante i terribili anni del terrorismo, che hanno portato alla morte di Francesco Coco e di Guido Rossa, e il conflitto a fuoco per prendere i brigatisti nel covo di Via Fracchia.
Ma in questo 7 maggio, quando ormai l’orologio stava portando i suoi ticchettii verso il giorno successivo, una tragedia ha colpito il luogo dove Genova finisce il proprio corpo e si allarga, luogo dove molte genovesi e molti “foresti” hanno trovato lavoro e la propria realizzazione personale, di crearsi una famiglia, di vivere degnamente.
Una tragedia che nessuno si aspettava, che nessuno poteva immaginarsi neanche nei pensieri più cupi e più tristi e desolati. Una manovra sbagliata, un errore umano o un problema tecnico, questo lo dirà la Magistratura dopo le appurate ricerche e inchieste. Ma è una tragica eccezione, come ha sottolineato l’Ammiraglio Angrisano, e riportata dal Sindaco Doria: ci sono, all’anno, circa 14mila manovre nel porto, e anche questa era una manovra di routine, tra l’altro nel cambio di turno nel luogo dell’incidente.
Come ha detto il senatore Rossi di Scelta Civica, è stata abbattuta la nostra seconda Lanterna, nel luogo pulsante della nostra città, il nostro porto, il porto di Genova, un cuore che batte ancora ma che ha subito un duro colpo, che si è fermato per un attimo. 7 maggio, 7 persone che ci lasciano, morte nell’esercizio del loro lavoro, nello svolgere un importante lavoro per la città e per la sua vita.
Ci sarà un giorno di lutto cittadino, i nostri occhi si inumidiranno di nuovo, ma come sappiamo fare noi, come con gli “Angeli del fango” in prima linea, ci intestardiremo per rialzarci ancora più forti di prima. Nonostante la “macaia”.
Articolo di Marco Bianchi e Edoardo Marangoni.