Di queste pericolose dinamiche non può non interessarsi l’Europa intera. Tuttavia, nonostante le considerazioni sociologiche vogliono le città multietniche come le più competitive e dinamiche, se usciamo dalla logica un po’ troppo facilona della “diversità come ricchezza” e consideriamo i profughi come elementi di instabilità sociale (si tratta infatti di persone espulse dal territorio precedentemente occupato), capiremmo le riserve di molte nazioni nell’impelagarsi in terreni così insidiosi come la gestione di un’importante complessità etnica. Prima fra tutti, Berlino dimostra un atteggiamento non del tutto aperto alla possibilità di intervenire in soccorso dell’Italia e risponde alle accuse riguardanti i numeri lacunosi dei profughi accolti in terra tedesca, con numeri alla mano: il portavoce del governo Steffen Seibert, parla, infatti, di un costante “aumento delle domande di asilo, oltre 65mila”.
Il problema della gestione dei profughi è stato affrontato dalla Commissione europea, il cui vicepresidente Barnier ha sottolineato la dimensione comune del fenomeno: "Dobbiamo aspettarci flussi migratori anche più massicci", "non è più questione nazionale, ma europea", “ nove Paesi sono pronti a ospitare 10 mila profughi: Germania, Finlandia, Austria, Danimarca, Svezia, Ungheria, Lussemburgo, Olanda, Irlanda”. Ma è ovvio che questo assistenzialismo a comando non risolverà in modo definitivo la questione. E se la Germania propone di prevenire gli sbarchi, migliorando le condizioni di vita dei Paesi d’origine, l’Italia pensa, invece, ad una soluzione più immediata: una distribuzione obbligatoria dei rifugiati tra i Paesi europei. Il ministro dell’Interno Friedrich ha parlato di richiesta «incomprensibile» visto che «la Germania è il Paese che ne riceve di più, più di 100mila con un rapporto di 946 per un milione di abitanti, in Italia sono 260 per milione». La Germania è stata appoggiata da Svezia e Danimarca. Tuttavia, l’Italia promette «una grande battaglia culturale per cambiare le regole».
Ad oggi, non ci resta che constatare un’evidente difficoltà europea nel gestire con omogeneità di risorse ed impegno quello che dovrebbe essere un naturale processo di coerente distribuzione della popolazione rispetto alla distribuzione delle risorse.
Paola Damiano