Ugo Tognazzi è stato uno dei mostri sacri del nostro cinema, una delle mascherepiù salde della commedia all’italiana e fra gli artisti la cui vita pienamentecorrisponde al perfetto connubio di vita e arte. Tanto per citare alcunititoli, la sua ricca filmografia si compone di Amici miei, Il vizietto, La grande abbuffata, I mostri, Il federale.Bernardo Bertolucci, provenienteda una famiglia imbevuta d’arte (il padre Attilio è stato una delle nostreultime glorie poetiche), è uno degli ultimi cultori della settima arte delpanorama italiano. Premio Oscar nel 1988, lo ritroviamo attivo in campointernazionale con Ultimo tango a Parigi,L’ultimo imperatore, Novecento, Piccolo Buddha, Il tè nel deserto e ilrecente The dreamers. Poco e nulla in comune legherebbeTognazzi e Bertolucci: eterno gaudente e tendente al disimpegno anche in lavoriimpegnati il primo, autore intellettuale e impegnato il secondo. Sottile filorosso ad unirli, un film del 1981, Latragedia di un uomo ridicolo. Inutile chiedere in giro: la critica ne haquasi del tutto cancellato l’esistenza dalla storia del cinema. E a torto. Tognazzi veste qui i panni diPrimo Spaggiari, un imprenditore del parmense, proprietario di un caseificio,marito di Barbara (Anouk Aimée), una bella donna di origine francese, e padredi Giovanni (Ricky Tognazzi), a detta del quale egli sarebbe solo “un uomoridicolo”, a causa del suo comportamento da borghesuccio neoarricchito, delcarattere gigionesco e dell’incapacità di prendere le cose sul serio. Ungiorno, Giovanni viene rapito da un gruppo di terroristi, che chiedono comeriscatto un miliardo di lire. Per Primo sarà l’inizio di un dramma oscuro, alquale si uniranno anche le torbide figure di Laura (Laura Morante), fidanzatadi Giovanni e operaia nel caseificio, e di padre Adelfo (Victor Cavallo), unprete operaio, entrambi stranamente troppo informati su certi particolari delrapimento. La conclusione sarà spiazzante…Si diceva: chiedere oggiinformazioni su La tragedia di un uomoridicolo equivale a chiedere ad un musicista informazioni sulla musicagreca del V sec. a. C. Molto ingiustamente, questo film è stato schiacciato dacerta critica che ha preferito la magniloquenza dei capolavori di Bertolucci edei suoi primi lavori, quelli più politicamente schierati, mettendo in ultimopiano un lavoro così fine e complesso, che rasenta le vette dell’artedell’assurdo. La trama di base non è eccezionale: rapimento e riscatto sonotemi ricorrenti in migliaia di “gialli”. La novità sta che nel fatto che il rapimentosembra essere un evento quasi marginale nella storia, in cui tutto è vistonell’ottica straniante di Primo Spaggiari, “l’uomo ridicolo” del titolo. Tognazziinterpreta un personaggio quasi pirandelliano, che si trova ad essere uno,nessuno e centomila. Pur nella sua unità corporale e mentale, egli ci vienepresentato sotto vari e frammentati punti di vista: padre di famiglia fallitonegli affetti, imprenditore assillato dal duro lavoro, borghese contento dellameschinità di una vita qualunque, gigione godereccio represso nei piaceri piùsfrenati, tiranno per gli operai prossimi al licenziamento, pagliaccio da circoper il figlio, uomo senza qualità per la moglie scossa dal rapimento diGiovanni, persona rispettabile per la propria comunità, modesto provinciale pertanti altri. E nessuno per se stesso. Specchiandosi, ripercorrendo a ritroso lapropria vita in monologhi interiori degni di un Italo Svevo, Primo giungeall’amara consapevolezza di essere una nullità, un uomo senza volto e senzapersonalità, imprigionato in quelle mille maschere che egli e il mondo tuttohanno costruito; e come difesa dall’essere messo a nudo, è riuscito a chiudersinel caseificio da lui fondato, che è il suo mondo e la sua sola famiglia,ergendo delle barriere simili alle tessere di un domino. Tuttavia, una tesserafinisce col far crollare tutto: la sua famiglia, quella carnale s’intende,viene colpita da un evento imprevedibile, il rapimento di Giovanni. E tuttodiviene incerto, sfocato: la moglie finisce quasi sull’orlo della pazzia, genteaccorre a casa Spaggiari informata e ignorante al tempo stesso, la poliziabrancola, i soldi per il riscatto non ci sono, il caseificio è sull’orlo delfallimento… tutte le barriere, una dopo l’altra, finiscono col crollare e PrimoSpaggiari, nudo nell’anima, si rivela per quello che è: un uomo ridicolo. Ilridicolo non sorge tanto da un particolare comico. È diretta conseguenza dellanullità di quest’uomo, vuoto, quasi privo di reazioni, incapace di auto-determinarsi,imprigionato da una maschera ipocrita e stritolato poco a poco dagli ingranaggidi un mistero che rimane irrisolto anche dopo la ricomparsa del figlio. Sì,perché nonostante altri gliene avessero annunciato la morte, Giovanni torna acasa durante una festa, dopo il fallimento del caseificio paterno (sottrattoglidalla legge e trasformato in cooperativa). L’enigma sembrerebbe ma esseresvelato, ma Primo, e con lui lo spettatore, non è in grado di comprenderlo. Nellascena finale, Bertolucci lascia il beneficio del dubbio: forse che sia andatarealmente come sembra trasparire dagli sguardi e dalle azioni degli altri omagari c’è dell’altro sotto? La tragedia si trasforma in un teatrodell’assurdo, in cui la marionetta Tognazzi rimane sballottata senzarisolversi. Il finale stesso è una sospensione “insoddisfacente”. Quel che èchiaro è che Bertolucci e quel burlone di Tognazzi si compiacciono di fartrionfare il beneficio del dubbio, in un film che tutto è fuorché il giallo cheinizialmente vorrebbe essere e che man mano si trasforma in un’analisipirandelliana, se non addirittura freudiana, della coscienza del personaggioprincipale. Bertolucci e Tognazzicreano in effetti un personaggio che avrebbe dato molto da pensare al fondatoredella psicoanalisi: monologhi interiori, sguardi, dialoghi spezzati portano inluce l’archetipico conflitto padre-figlio, con dei risvolti inquietanti.Spaggiari-Tognazzi è artefice infatti di una sorta di rovesciamento delconflitto edipico: è il padre, in alcuni tratti, a tentare di “uccidere” ilfiglio, di eliminarne la presenza, nonostante l’affetto che nutre nei suoiconfronti. Si prenda ad esempio la scena in cui tenta un approccio amoroso conLaura (Laura Morante): avvalendosidella scusa della scomparsa e della presunta morte di Giovanni, egli tenta disostituirsi a lui nel cuore e nel letto della ragazza, con un risultatofallimentare, in una scena che si conclude con la testa del personaggio chinasul seno della ragazza, come quella di un bambino sul seno della madre. Puòdirsi che per tutto il film Spaggiari abbia quasi interesse a voler vedereeliminato il figlio, ossia chi lo accusa di essere un uomo ridicolo e la cuiscomparsa rischia di “castrarlo”, di togliergli ciò che più ama. A sua volta,l’ambigua conclusione porterebbe in luce l’altro lato di questo conflittofamiliare, in cui parte attaccante e vincente sembrerebbe essere proprio ilfiglio: sorrisi, battute e qualche sguardo incerto sono quasi sul punto disuggerire che in realtà il rapimento non sia mai avvenuto e che Giovanni abbiasimulato tutto per causare il fallimento del padre, distruggere il patriarca inciò che più egli ama e mettere a nudo la sua “ridicolaggine”. Bertolucci si è avvalso di una regiasplendida, delicata, a tratti soffusa e oscura come in un noir francese,evidente nelle riprese del paesaggio immerso nella nebbia, con la macchina dapresa che si sofferma sovente sui protagonisti, talvolta in maniera sfuggente.Passando agli interpreti, non si può non elogiare l’ottima prestazione di UgoTognazzi, in una delle sue più efficaci prove d’attore (non a caso, saràinsignito della Palma d’Oro al Festival di Cannes), bravissimo a svincolarsidal sapido sarcasmo del conte Mascetti di Amicimiei e dalla graffiante ironia dei vari Vizietti.Notevole è Laura Morante: intensa, a tratti sfuggente, è con lei che Tognazzimette su una delle migliori scene del film, quella della tentata seduzione dicui si parlava poco più sopra. Da segnalare sono inoltre un’affascinante AnoukAimée (tra l’altro, una delle interpreti preferite di Fellini) e un VictorCavallo segnato, quasi al limite del tossico, nei panni del prete operaio.Chicca finale: Giovanni è interpretato da Ricky Tognazzi, figlio di Ugo, oggifra l’altro prolifico attore e regista dalle alterne fortune.
di Pippo Di Mauro
VOTO: ****
Regia: Bernardo BertolucciSceneggiatura: BernardoBertolucciProduzione: Giovanni BertolucciInterpreti principali: Ugo Tognazzi, Anouk Aimée, Laura Morante, VictorCavallo, Ricky Tognazzi, Vittorio Caprioli, Renato Salvatori