di Federica Castellana
Crisi politica - La tornata elettorale del 5 giugno 2011 ha rinnovato per i prossimi quattro anni l’Assembleia da República, l’unico ramo del parlamento lusitano. Secondo i risultati delle urne, i 230 seggi della camera sono stati così assegnati ai maggiori partiti: 108 al PSD (socialdemocratici, di centrodestra) di Pedro Passos Coelho; 74 ai socialisti (PS) António José Seguro; 24 al Partido Popular (CDS-PP, più conservatori ed euroscettici) guidati da Paulo Portas. In mancanza della maggioranza assoluta, il PSD ha formato un esecutivo in alleanza con il CSD-PP, con Passos Coelho Primo Ministro e Portas al Ministero degli Esteri. È stato però nei primi giorni di luglio che si è raggiunta la massima tensione politica, con le forti pressioni dell’opposizione e dei sindacati (arrivati al quarto sciopero generale in due anni) contro le perduranti misure economiche restrittive e la crisi interna al governo: prima le dimissioni a sorpresa del Ministro delle Finanze Vítor Gaspar, indipendente, artefice dell’austerity portoghese ma deluso dai dati sulla performance effettiva del Paese; poi quelle di Portas, in disaccordo con la scelta di continuità di Passos Coelho che ha nominato come successore di Gaspar un’altra sostenitrice delle politiche di rigore, Maria Luís Albuquerque. I socialisti hanno subito chiesto il ritorno alle urne mentre i due partiti di maggioranza sono riusciti a trovare un primo accordo per continuare a governare, con Portas vice Primo Ministro nonché responsabile diretto dei rapporti con la Troika. Sono invece fallite in poco tempo le trattative per un ipotetico governo di unità nazionale con l’opposizione, la cui condizione imprescindibile era la completa rinegoziazione dei piani di bailout con UE e FMI verso un salvataggio più soft, allentando cioè le scadenze e i tassi di interesse dei prestiti. Dopo settimane movimentate, la crisi politica è rientrata definitivamente lo scorso 21 luglio con l’intervento del Presidente della Repubblica Anibal Cavaco Silva: in un discorso televisivo alla nazione, il Capo dello Stato ha infatti confermato il suo sostegno all’Esecutivo in carica fino alla scadenza naturale del mandato, escludendo così la possibilità di nuove elezioni e rassicurando la comunità internazionale sulla stabilità e governabilità del Portogallo. Messaggio captato immediatamente nelle piazze finanziarie.
Instabilità mediterranea - Il recentissimo caso portoghese si aggiunge a contesti nazionali altrettanto precari che caratterizzano oggi l’Eurozona mediterranea, dilaniata da recessione, scioperi, proteste e scandali politici. Dalla Grecia a Cipro passando per la Spagna (alle prese con le accuse di corruzione nel Partido Popular del Primo Ministro Rajoy) e l’Italia, dove il governo di larghe intese di Enrico Letta, fortemente voluto dal presidente Napolitano dopo il difficile risultato elettorale, sta già rivelando la sua fragilità su diversi temi economici, istituzionali e persino di politica estera.
Come ha evidenziato opportunamente l’Economist, la debolezza politica che sta accompagnando le economie mediterranee in crisi non è affatto una questione periferica e le sue ripercussioni sull’intero continente europeo non sono da sottovalutare, considerato anche l’elevato livello di integrazione ormai raggiunto. Soprattutto, una delle principali emergenze nel Mediterraneo è l’evidente insostenibilità politica e sociale degli enormi debiti pubblici, della disoccupazione giovanile (più del 20% dei ragazzi rientrano oggi nella categoria dei cosiddetti NEET, Not in Education Employment or Training, ovvero non studiano né lavorano né sono occupati in formazione/tirocini) e degli stessi interventi di austerity adottati dai vari Governi per sanare il dissesto dei bilanci pubblici e ottenere prestiti internazionali per la ristrutturazione economica-finanziaria. In mancanza di prospettive più lungimiranti che riescano a conciliare il rigore con la ripresa e la crescita, lo scenario attuale non è dei migliori e ha sempre più le sembianze di un vicolo cieco da cui non si sa bene come uscire: continuare a rinegoziare in nome del mantra dell’austerità oppure rischiare default a catena ed effetto contagio?
* Federica Castellana è Dottoressa in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Studi Europei (Università di Bari)
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