Pochi anni fa, mi sono recato con una buona dose di curiosità ad assistere a una replica deL'elisir d'amore al Teatro Franco Zappalà. Il teatro tenda di Palermo, un luogo storicamente dedicato allo spettacolo "popolare", debuttava con un genere che oggi è tutto fuorché di dominio pubblico; poi, per le mille vie che la storia offre, l'opera è diventata chic, elitaria. Ricordo che allora tornai a casa divertito e contentissimo per l'esito dell'incontro con Donizetti, certo che, nei limiti di un titolo per lo meno fuori repertorio tra un'operetta e la prosa siciliana, non si sarebbe potuto fare di meglio.
Adesso, con La traviata, per molti aspetti, si è ripetuto il piccolo miracolo di allora. Va detto subito, infatti, che non solo lo spettacolo c'era, ma che forse lo stesso Giuseppe Verdi ne sarebbe contento e addirittura orgoglioso. Se al regista e produttore Franco Zappalà si vogliono muovere delle critiche o delle obiezioni, certo non gli si potrà addebitare una scarsa conoscenza del teatro: di cosa sia e di come funzioni. Ché, anzi, l'intero staff ha saputo comunicare al suo pubblico l'importanza dell'operazione e della sua riuscita.
Certo: chi vuole lo spettacolo perfetto e patinato, l'impeccabile motorino di un cd e le migliaia di watt di stereo ultima generazione, può rimanere deluso. Ma non è questo il punto: il teatro Franco Zappalà non ha neanche la struttura per ospitare simili iniziative, ma si presta con generosità a un'impresa che, vuoi per mostrarsi concorrenziale, vuoi per innovarsi, dà lustro e porta nuovo pubblico a un'impresa sempre in crescita, a dispetto della crisi.
Piuttosto che l'incisione last generation di un capolavoro immortale, questa Traviatasembra venir fuori da un vecchio solco. Il gusto è quello che definirei "antico", sembra anche di sentire il lieve ed elegante frusciare di un grammofono. Scenari invece di scene, nella migliore tradizione di un teatro d'antan, fondali di legno e cartapesta, il décor che serve per dare vita e morte a Violetta Valéry, ad Alfredo, a Giorgio Germont, ad Annina e così via. L'essenziale è lo spettacolo, l'opera, e l'opera, si diceva, c'è tutta.
Tecnicamente, alcuni aspetti sono migliorabili, ma non è questa la sede per discuterne, tanto più che l'incredibile estensione e la scarsissima profondità della scena hanno creato dei problemi che l'amplificazione non può migliorare. Certo: da L'elisir d'amore a La traviatacorre molta strada e si sarebbe tentati di pensare che si sia voluto fare il passo più lungo della gamba. Ma, a parte il fatto che l'esito ha dato ben ragione all'attesa, con il dono di una serata di emozioni agli spettatori, è solo osando che si va avanti. E val la pena seguire questi occasionali esperimenti. Perciò, anche se - come ho detto - Puccini non è il mio autore, attendo con impazienza e gioia La Bohème che a maggio chiuderà questa stagione 2011-2012 del teatro Zappalà di Palermo, aperto con La traviata di Giuseppe Verdi.
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