La validità dei Sacramenti dell’Ordine e della Cresima dopo il 1968

Creato il 23 dicembre 2014 da Appuntiitaliani
Pubblicato il dicembre 23, 2014 da: Sagittarius

Il nuovo “Pontificale Romano di Paolo VI

“Nel custodire la sostanza e quindi la validità del Sacramento la Chiesa è infallibile. Infatti se la Chiesa potesse cambiare la sostanza dei Sacramenti, varierebbe i Sacramenti stessi i quali non sarebbero più quali furono istituiti da Gesù Cristo. Sarebbero altri Sacramenti. Quindi la Chiesa senza i Sacramenti istituiti da Gesù non è più la Chiesa che Gesù ha fondato, ma ciò è contro la promessa di indefettibilità fatta da Gesù alla Chiesa fondata su Pietro” (A. Piolanti, 1959, cit., p. 423). Analogamente la Chiesa senza Papa e Vescovi non sarebbe più la Chiesa fondata da Cristo su Pietro e gli Apostoli. I fedeli si troverebbero senza alcuna loro colpa senza Chiesa gerarchica (Papa e Vescovi)[20] e senza Sacramenti, né Sacerdoti. Ma ciò è contrario alla fede[21], a meno che essi non prendano se stessi per la Chiesa pur non essendo successori formali di Pietro e degli Apostoli, ma anche ciò è contrario alla fede.

In un altro libro scritto da mons. Antonio Piolanti nel 1956 (Firenze, Libreria Editrice Fiorentina) e aggiornato nel 1990 I Sacramenti (Città del Vaticano, LEV, 1990, p. 498) vengono riportate  le forme della Traditio apostolica di S. Ippolito (III secolo).

Per i vescovi: «Dà, o Padre a questo tuo servo che hai eletto all’ episcopato, di pascere il tuo santo gregge e di avere la potestà del primato del sacerdozio nello Spirito». Per i sacerdoti: «O Dio, rivolgi lo sguardo sopra questo giusto e donagli lo Spirito di grazia e di consiglio del sacerdozio».

La liturgia greca per i vescovi recita: «Signore, fortifica con la venuta del tuo Santo Spirito questo eletto» e per i sacerdoti: «O Signore, guarda questo eletto che ti è piaciuto promuovere, fa che possa ricevere anche questa grande grazia del tuo Santo Spirito».

La forma romana precisata dogmaticamente da Pio XII nella Costituzione Apostolica Sacramentum Ordinis (30 novembre 1947) stabilisce la seguente forma nell’ ordinazione sacerdotale: «Da quaesumus in hunc famulum tuum presbyterii dignitatem /Dà o Signore a questo tuo servo la dignità del sacerdozio» e nella consacrazione episcopale: «Comple in sacerdotibus tuis ministerii tui summam. Compi nei tuoi sacerdoti la perfezione del tuo ministero»[22].

Pietro Palazzini spiega: «la S. Scrittura (II Tim., I, 6) parla solo di imposizione delle mani per la materia della consacrazione episcopale. Per quanto riguarda la forma la S. Scrittura enumera solo l’ invocazione dello Spirito Santo: “Orantes, imponentesque eis manus” (At., XIII). Infine secondo la Costituzione Apostolica Sacramentum Ordinis di Pio XII del 30 novembre 1947 le parole essenziali della forma di consacrazione episcopale sono: “Accipe Spiritum Sanctum”» (Dictionarium morale et canonicum, Roma, Officium Libri Catholici, 1965, II vol., pp. 270 e 271).

Paolo VI il 18 giugno del 1968 ha promulgato una nuova versione del Pontificale Romano che per il vescovo recita: «Effondi sopra questo eletto la potenza che viene da Te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida» e per il sacerdote: «Dona, Padre onnipotente, a questi tuoi figli la dignità del Presbiterato. Rinnova in loro la effusione del tuo Spirito di santità».

Prima di essere promulgato questo nuovo Pontificale Romano fu esaminato dal S. Uffizio, allora ancora sotto la direzione del cardinal Alfredo Ottaviani, e durante l’ assemblea plenaria dell’11 ottobre 1967  fu dichiarato pienamente ortodosso e quindi atto ad assicurare la validità dei Sacramenti.

Da ciò si evince che la sostanza del Sacramento dell’ordine sacerdotale/episcopale è rimasta nel nuovo Pontificale Romano di Paolo VI e quindi i sacerdoti e vescovi ordinati/consacrati dopo il 1968 sono realmente sacerdoti e vescovi[23].

La Cresima e il nuovo rituale

«Gli Atti degli Apostoli (VIII, 4-17)[24] nei testi che si riferiscono alla Cresima parlano solo della imposizione delle mani degli Apostoli. Da accurati studi critici sembra che gli Apostoli nella amministrazione della Cresima non usavano l’unzione. Essa s’introduce in occidente nel sec. III e poi si diffonde anche in oriente (P. Th. Camelot, Sur la théologie de la confirmation, in “Rev. Sc. Ph. Th.”, n. 38, 1954, pp. 637-657). Ma all’inizio non c’era. Le testimonianze più antiche della Tradizione della chiesa d’Africa (Tertulliano, Cipriano e più tardi S. Agostino) parlano solo dell’ imposizione delle mani. Concludiamo: non essendo l’unzione una cerimonia primitiva, non essendo stata sempre in uso nella Chiesa, non fa parte degli elementi costitutivi del Sacramento della Cresima. L’ unzione non deve omettersi oggi, perché prescritta dalla Chiesa, alla quale Gesù ha demandato lo stabilire come il Sacramento debba essere amministrato, ma non consta che l’unzione appartenga alla sostanza del Sacramento» (A. Piolanti, 1959, cit., p. 424).

Padre Paolo Galtier dell’ Università Gregoriana precisa: “La sostanza del Sacramento non va confusa col Rito liturgico che lo accompagna. Essa è il segno, che simboleggia e significa la grazia che il Sacramento contiene e produce realmente” (in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, col. 858). Per cui l’imposizione delle mani senza l’unzione con il crisma è la sostanza della Cresima e l’aggiunta dell’ unzione nel III secolo è un rito liturgico che non ha mutato la sostanza del Sacramento, cosa che la Chiesa non poteva né può fare. Il significato e lo scopo della Cresima: conferire la pienezza dello Spirito Santo, rimane identico sia prima del III secolo con la sola imposizione delle mani, che dà realmente la pienezza del Paraclito, sia dopo il III secolo con l’aggiunta del Rito dell’ unzione, la quale specifica meglio l’ abbondanza dei Doni dello Spirito consolatore.

Per quanto riguarda la forma di vari riti, essi non sono uniformi in tutti i particolari. Il rito latino, che è entrato in vigore nel 1250, recita: «Signo te signo crucis, chrismo te chrismate salutis, in nomine Patri et Filii et Spiritus Sancti. Amen» “Ti segno col segno della  croce e ti confermo col crisma della salute, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Il rito greco dice più semplicemente: «sigillo del dono dello Spirito Santo», senza menzionare la SS. Trinità. Questa forma è stata dichiarata valida dal Magistero pontificio (v. Benedetto XIV, Enciclica Ex quo prima, 1 marzo 1756). Il rito siro-maronita: «Crisma del dono dello Spirito Santo». Il rito caldaico: «Sii perfetto nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Il rito copto-etiopico: «Unzione della grazia dello Spirito Santo». In tutte queste forme viene espresso il duplice effetto della Cresima, cioè il carattere e la grazia.

Paolo VI il 15 agosto 1971 con la Costituzione Apostolica Divinae consortium naturae ha stabilito per la Cresima la seguente forma: «Accipe Signaculum doni Spiritus Sancti / Ricevi il Sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono». Esso unifica la forma greca e latina ed esprime il duplice effetto del Sacramento della Cresima: carattere indelebile, grazia santificante e pone l’accento sul dono dello Spirito Santo.

Da ciò consta che la forma della Cresima contenuta nel nuovo Rituale di Paolo VI del 1971 non è cambiata sostanzialmente ed è oggettivamente valida. Quindi i bambini Cresimati dopo il 1971 sono validamente e realmente Cresimati.

Una mutazione che lascia perplessi / L’olio di ulivo e gli altri oli vegetali

Il permesso di utilizzare come materia della Cresima oltre l’olio di olivo anche altri oli: “oleis ex olivis aut aliis ex plantis expressis” (CIC 1983, can. 847, § 1), anche se “l’olio d’olivo è sempre da preferirsi” (L. Chiappetta, Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico- pastorale, Napoli, Ed. Dehoniane, 1988, II vol., p. 126, n. 3403), non rende invalida la Cresima, poiché l’olio non fa parte della sostanza della Cresima, ma, secondo le testimonianze della Sacra Scrittura e della Tradizione, è stato aggiunto nel III secolo dalla Chiesa come l’elemento materiale del Rito, che circonda la sostanza del Sacramento al fine di esprimere meglio la finalità della Cresima. Se così non fosse le cresime conferite dagli Apostoli e durante i primi tre secoli sarebbero state tutte invalide. Quest’ innovazione tuttavia è grave poiché comunemente i Padri, i Dottori e i Teologi hanno sempre insegnato che l’olio del Sacramento della Cresima e dell’ Estrema Unzione deve essere olio di ulivo ad validitatem. Questa novità che circonda la sostanza del Sacramento della Cresima lascia gravemente perplessi, ma non toccando la sostanza non invalida il Sacramento.

Un cambiamento più grave

Una mutazione ben più grave è stata fatta nella forma della consacrazione del pane e del vino alla Nuova Messa di Paolo VI (1969), ma la sostanza del Sacramento (“questo è il mio corpo”; “questo è il mio sangue”) resta. Quindi la presenza reale permane. Tuttavia chi ha apportato tale mutazione ha commesso una irriverenza grave nei confronti della forma del Sacramento eucaristico risalente a Gesù Cristo.

Papa Innocenzo III nell’Epistola Cum Marthae circa (29 novembre 1202) al vescovo di Lione, il quale gli chiedeva chi avesse aggiunto alla ‘forma’ delle parole che Cristo pronunciò, quando transustanziò il pane e il vino nel suo Corpo e Sangue, le parole “mistero della Fede” che nessuno degli evangelisti ha impiegato (DB, 414), rispondeva: “In realtà, ci sono molte cose, sia quanto ai fatti che ai detti di N. Signore, le quali sono omesse dagli evangelisti, i quali le tramandarono o oralmente o con l’azione. Perciò Noi insegniamo che le parole della forma consacratoria, che si trova nel Canone della Messa, sono state consegnate da Gesù Cristo agli Apostoli e da questi ai loro successori” (DB, 415). Inoltre il Concilio di Firenze del 1442 insegna: «Poiché nel Decreto per gli Armeni, riportato sopra, non si parla della formula  che la Santa Chiesa romana, confermata dalla dottrina e dall’autorità degli Apostoli Pietro e Paolo, ha sempre usato nella consacrazione del Corpo e del Sangue del Signore abbiamo deciso di inserirla qui. Ecco la formula usata nella consacrazione del Corpo del Signore: “Questo è il mio Corpo”. In quella del  Sangue, invece: “Questo è il calice del mio Sangue, per la nuova ed eterna Alleanza, mistero della Fede, versato per voi e ‘per molti’ in remissione dei peccati”» (DB, 715). Di poi il Catechismo tridentino, n. 216, spiega che “Si deve ritenere per Fede che la forma della consacrazione del vino è costituita dalle parole: Questo è il calice del Sangue mio, della nuova ed eterna Alleanza, mistero della Fede, che sarà offerto per voi e ‘per molti’ in remissione dei peccati. Molte di queste parole sono prese dalla S. Scrittura; le altre la Chiesa le ha ricevute dalla Tradizione apostolica. [….]. Ma occorre esaminare con più diligenza le parole della consacrazione del vino […]. Le parole per voi e ‘per molti’ […], se consideriamo l’efficace virtù della Passione, dobbiamo ammettere che il Sangue del Signore è stato sparso per la salute di tutti; ma se esaminiamo il frutto che gli uomini ne hanno ritratto, ammetteremo facilmente che ai vantaggi della Passione vi partecipano non tutti, ma soltanto molti […], con ragione dunque non è stato detto ‘per tutti’, trattandosi solo dei frutti della Passione, la quale apporta salvezza soltanto a coloro che l’accettano e vi cooperano”.

Perciò il cambiamento apportato alla formula della consacrazione nella Nuova Messa di Paolo VI costituisce  una rottura evidente con la Tradizione apostolica, anche se non cambia sostanzialmente ‘l’essenza’ della forma del Sacramento dell’ Eucaristia e quindi non la rende invalida.

 Augustinus

fonte: SiSi NoNo

[20] Il Concilio di Trento ha definito che Cristo ha dato alla sua Chiesa una gerarchia che dovrà sussistere sino alla fine del mondo (DB 966). Ha definito anche che i poteri gerarchici concessi agli Apostoli son passati ai Vescovi (DB 960). Tale definizione è stata ripresa dal Vaticano I (DB 1821), il quale ha specificato che i Vescovi sono sotto il primato monarchico di giurisdizione del Papa quale successore di Pietro (DB 1823).

[21] La Chiesa è indefettibile, ossia “invitta stabilmente” (Vat. I, BD 1794) e “durerà sino alla fine del mondo” (DB 1824). Ora la Chiesa fondata da Cristo è visibile e gerarchica, “Cristo ha stabilito Pietro quale fondamento visibile della Chiesa” (Vat. I, DB 1821) ed infine la Chiesa ha la nota dell’ Apostolicità (Credo niceno-costantinopolitano, DB 86) ossia vi saranno sempre, tutti i giorni, in una serie mai interrotta sino alla fine del mondo successori formali di Pietro (Papi) e degli Apostoli (Vescovi), i Sacramenti e il sacerdozio di cui Cristo l’ha dotata (cfr. S. Th., III, q. 22, a. 5).  Infatti senza sacerdozio e sacrificio da cui emanano i Sacramenti non vi è religione.

[22] [22] Cfr. A. M. Vellico, De episcopis, Roma, 1937.

[23] Cfr. Frère Pierre-Marie, Sont-ils éveques ? Le nouveau Rituel de la consécration épiscopale est-il valide ?, Avrillé, éd. du Sel, 2006.

[24] “Imposero loro le mani e essi ricevettero lo Spirito Santo” (At., VIII, 14), idem in At., XIX, 5: Paolo impone le mani e lo Spirito  Santo scende sui neofiti di Efeso. S. Luca insegna: “coll’ imposizione delle mani degli Apostoli viene conferito lo Spirito Santo” (At., VIII, 18). Cfr. C. Ruch, in Dict. De Théol. Cath., tomo III, coll. 975-1026. I Padri iniziano a parlare della Cresima nel II-III secolo con S. Ireneo (Adv. haeres., IV, 38, 2): “coloro ai quali gli Apostoli imponevano le mani ricevevano lo Spirito Santo”. Lo stesso insegna Tertulliano (De Bapt., VII ss.; De resurr. carnis, VIII; De praescr., XXXVI), poi S. Cipriano (Ep., LXXIII, 9). D’Alès nel Dict. Apol. de la Foi Cath. (tomo II, coll. 789-823; Id., De Baptismo et Confirmatione, Parigi, 1927, p. 156) afferma che in Africa, in Asia minore, in Spagna e in Gallia la Tradizione apostolica ha come rito della Cresima solo l’imposizione delle mani, mentre l’unzione è attestata a Roma e in Oriente.

1ma Parte


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