La validità dei sacramenti dell’ordine e della cresima dopo il 1968 (ultima parte)

Creato il 05 dicembre 2014 da Appuntiitaliani
Pubblicato il dicembre 5, 2014 da: Sagittarius

Augustinus

Fonte: si si, no no

L’intenzione

L’intenzione, che il ministro deve avere perché un Sacramento sia conferito validamente, è stata definita dal Concilio di Trento (sess. VII, can. 11, DS 1611): “fare ciò che fa la Chiesa”.

Antonio Piolanti (I Sacramenti, cit., [1956] 1990, p. 237)  spiega: «per la validità del Sacramento è sufficiente l’intenzione implicita e indistinta di fare ciò che fa la Chiesa; intenzione che potrebbe trovarsi anche in un pagano, che si proponesse, sebbene sprovvisto di nozioni sulla Chiesa, di compiere il rito secondo l’intenzione di chi domanda il Battesimo. Innocenzo IV (Decr., lib. III, tit. 42, cap. 1, DS 646) si esprime così: “Se uno va da un saraceno e gli dice: ‘battezzami’ e questi lo battezza, ritenendo [personalmente] che da una semplice immersione non possa derivare altra conseguenza all’infuori di un bagno, ma intendendo [tuttavia] bagnarlo secondo le intenzioni di chi richiede il Battesimo, se anche [il saraceno] crede che il Sacramento non può operare alcunché, [il battezzando] viene validamente battezzato”.

Inoltre per fare ciò che fa la Chiesa si richiede l’intenzione di fare ciò che fa e non ciò che crede o che intende la Chiesa. Perché il Sacramento sia valido, perciò, si richiede che il ministro intenda solo di fare ciò che fa la Chiesa e non di conferire la grazia, anche se sia convinto che la Chiesa sbagli e che il rito sia privo di ogni efficacia.

Infine si dice la Chiesa. Volutamente non si dice la Chiesa cattolica, in quanto il ministro desidera fare ciò che Cristo ha istituito (S.Roberto Bellarmino, De Sacramentis, lib. I, cap. 27)»[25].

Quindi anche i ministri modernisti, se applicano le rubriche date loro dalla Chiesa, ordinano i sacerdoti, consacrano i vescovi e amministrano la Cresima validamente. È a partire da come agisce il ministro, se conformemente o meno alle rubriche ecclesiastiche, che si evince la sua intenzione oggettiva di fare ciò che fa la Chiesa, anche se egli non ci crede o se pensa che la Chiesa sbagli.

Antonio Piolanti scriveva: «“Riordinazione” è un termine moderno, con cui si indica l’uso invalso in alcuni periodi, e soltanto in alcuni ambienti, di ripetere l’Ordinazione ritenuta invalida perché compiuta da Ministri eretici, scismatici, deposti o scomunicati. […]. Nei secoli di particolare decadenza teologica e morale qua e là affiorarono l’errore e la pratica conseguente della Riordinazione già in uso presso i donatisti. […]. Le Ordinazioni di papa Formoso († 896) furono ritenute invalide da papa Sergio III († 911) e in parte ripetute[26]. […]. Le ragioni accampate per le Riordinazioni è che lo Spirito Santo non può essere conferito da chi non lo ha e i Ministri eretici, scismatici, deposti o scomunicati non hanno la grazia santificante quindi non possono darla agli altri. Queste opinioni, già confutate da S. Agostino quanto al Donatismo, riapparvero nel medioevo e si fusero con altre, che in momenti di particolare anarchia ritornarono e furono applicate poco ponderatamente. […]. Tali dottrine, hanno trovato anche in tempi recenti fautori (cfr. C. Baisi, Il Ministro straordinario degli Ordini sacri, Roma, 1935). Questa concezione, che potrebbe dirsi marginale, anche se accolta in pratica da  qualche papa, non ne compromise l’infallibilità, poiché non volle portare un giudizio definitorio sul caso concreto; contro di essa si affermò invece la dottrina comune, già enunciata nel secolo III da papa Stefano, S. Agostino, S. Gregorio Magno, Rabano Mauro, S. Pier Damiani, finché trionfò con S. Raimondo da Peñafort, Alessandro di Hales e soprattutto con S. Tommaso d’Aquino (S. Th., III, qq. 60-90; Suppl., q. 38, a. 2 e tutta la sacramentaria tomista). Il Concilio di Trento ha definito infallibilmente (sess. VII, De Baptismo, can. 4; DB 860) la validità del Battesimo conferito dagli eretici, ma si è astenuto dal dichiarare valide le Ordinazioni conferite da Ministri eretici, non perché su questo punto potesse sussistere dubbio, ma per non porre la dottrina di alcuni autori cattolici (tra cui S. Cipriano e Umberto di Selva Candida, Ugo di Amiens, Alessandro Bandinelli poi papa Alessandro III e Rufino) in opposizione con una verità oramai di fede» (Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, V ed., 1957, pp. 354-356, voce “Riordinazioni”)[27].

CONCLUSIONE

È un fatto certo che con il pontificato di Giovanni XXIII l’errore modernista si è infiltrato sin nel sommo vertice della Chiesa. È certo che la dottrina del Vaticano II e la Nuova Messa di Paolo VI non corrispondono alla dottrina cattolica e al Rito della Messa di Tradizione apostolica. Tuttavia non è certo e neppure probabile che la Chiesa sia rimasta senza Papa sin dal 1958, senza Vescovi e Sacramenti sin dal 1968, altrimenti avrebbe cessato di esistere, quod repugnat.

I fedeli debbono credere ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto (S. Vincenzo da Lerino, Commonitorium, III) prima della bufera del Vaticano II senza avventurarsi in dubbi metodici, che, oltre a non essere positivi ma puramente negativi o senza un fondamento nella realtà, sono contrari alle promesse fatte da Dio alla sua Chiesa.

Un’osservazione oggettiva su quanto succede in ambiente cattolico odierno porta alla convinzione che davvero, dopo il Concilio Vaticano II, esiste una nuova dottrina pastorale (“nova et non nove”) e quindi non infallibile, essenzialmente distinta da quella conosciuta prima del Sinodo del 1962-65 come l’unica dottrina dogmatica dell’ unica Chiesa di Cristo[28].

La Chiesa deve sussistere semper eadem sino alla fine del mondo, perciò il soggetto Chiesa (Papa e Vescovi, successori di Pietro e degli Apostoli) è sempre lo stesso sia prima che dopo il Concilio Vaticano II, mentre l’oggetto o dottrina che essi insegnano può avere modalità diverse: insegnata dogmaticamente e infallibilmente, oppure pastoralmente e non infallibilmente. Quindi nell’oggetto ovvero nella dottrina insegnata pastoralmente dal Vaticano II si possono trovare delle novità in rottura con la Tradizione della Chiesa, senza che il soggetto Chiesa sia venuto meno o abbia perso la sua continuità apostolica da S. Pietro sino all’ultimo Papa regnante, canonicamente eletto ed accettato dalla Chiesa universale (docente e discente) e dall’ Episcopato.

Il soggetto o la Chiesa di oggi, anno del Signore 2014, è la Chiesa cattolica fondata da Cristo su Pietro e gli Apostoli, Francesco I è Papa eletto canonicamente e accettato dalla Chiesa e i Vescovi sono i successori degli Apostoli. Se non fosse così avremmo una “terza Alleanza” di sapore gioachimita perché Francesco I sarebbe il Capo di una Nuovissima Chiesa “conciliarista” e non il Papa della Nuova Alleanza che è eterna e quindi durerà ininterrottamente sino alla fine del mondo, con successione apostolica formale da Pietro e dagli Apostoli, mediante il Papa e l’Episcopato.

Tuttavia l’oggetto o la dottrina proposta a partire dal Concilio Vaticano II e nel post-concilio, essendo pastorale e quindi non infallibile, presenta dei punti di discontinuità con la Tradizione apostolica e il Magistero dogmatico (che definisce e obbliga a credere) o costante della Chiesa (quod ubique, semper et ab omnibus). Perciò si può parlare in senso lato di insegnamento oggettivamente nuovo del magistero conciliare pastorale del Vaticano II.

Nonostante la gravità della situazione ecclesiale odierna data l’ infiltrazione del modernismo presso i Pastori, la sostanza della Chiesa gerarchica permane (Papa e Vescovi) come pure la sostanza dei Sacramenti, anche se l’esercizio del magisterium, dell’imperium e del sacerdotium lasciano più che perplessi a partire da Giovanni XXIII e soprattutto con il Pontificato di Francesco I. Se fosse altrimenti, le “porte dell’ inferno” avrebbero prevalso.

Restiamo saldi nella fede, ma non lasciamoci prendere dal dubbio metodico che annulla totalmente la Chiesa gerarchica, il Sacerdozio e i Sacramenti, senza i quali non rimane la Religione fondata da Cristo. Come il peccato originale ha ferito la natura umana ma non l’ha distrutta, così il neomodernismo ha ferito l’ambiente ecclesiale ma non lo ha annichilato. Gesù veglia sempre sulla sua Chiesa e sa bene quando intervenire per trarla fuori da questa crisi catastrofica in cui gli uomini di Chiesa l’hanno precipitata.

[25] Cfr. F. M. Cappello, De Ordine, Torino, Marietti, 1947; Id.,  Tractatus canonico-moralis de Sacramentis. I vol. De Baptismo, Confirmatione et Eucharestia, Torino-Roma, Marietti, 1955; III vol., De Extrema Untione, 1958; IV vol., De Ordine,1959; P. Gasparri,Tractatus canonicus de sacra Ordinatione, Parigi, 1893, 2 voll..

[26] Il Beato papa Urbano II (1088-1099) riordinò nel 1088 il Diacono Daiberto ordinato dal vescovo scismatico Venzilone di Magonza.

[27] L. Saltet, Les Réordinations. Etude sur le Sacrement de l’Ordre, Parigi, 1907; E. Amann, in Dictionnaire de Théologie Catholique, vol. XIII, coll. 2385-2431.

[28] Cfr. Divinitas, 2/ 2011.

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