LA VAMPIRA DI BARCELLONA. - Conclusione.

Creato il 05 febbraio 2015 da Nickparisi
Attenzione: i contenuti e le immagini molto forti presenti in questo articolo potrebbero offendere la sensibilità di alcune persone. 
Le prime due parti di questo dossier sono state pubblicate QUI QUI

"Il dolore peggiore che un uomo possa soffrire: avere comprensione su molte cose e potere su nessuna."
Erodoto.
"La vita dimentica molti. La morte non dimentica nessuno."
Hanns-Hermann Kersten.
L'appartamento 29 al Carrer del Ponent si dimostra subito molto più grande e spazioso di quanto gli agenti si aspettassero. Enriqueta Martì fermata in strada con una scusa dall'agente Ribot sembra nervosa e preoccupata tuttavia non riesce ad opporsi  alla perquisizione.
Arrivano subito le prime sorprese.
In una stanza gli agenti s'imbattono in un sacco pieno di vestiti da bambino; gli abiti sono tutti insanguinati. Per terra viene anche rinvenuto un coltello, uno di quelli che di solito vengono usati dai macellai per disossare la carne.
In un altra stanza vengono trovate due bambine.
Ancora vive.

- I SOMMERSI E LE SALVATE.
Una delle due bambine è la piccola Teresita Guitart Congost, l'altra anche lei piccolissima dice di chiamarsi Angelita.  Entrambe sono deboli, rasate a zero, denutrite e molto provate.
 Inizialmente la Martì cerca scuse, sostiene che Angelita è figlia sua, che è frutto della relazione con il pittore Joan Pujalò mentre invece quella che tutti hanno scambiato per Teresita è solo una trovatella di nome Felicitad che lei ha ospitato per puro buon cuore sottraendola dalla strada il giorno prima.
Lentamente però le due bambine cominciano a parlare.
E saranno le loro testimonianze a fornire la prime prove contro Enriqueta Martì.
Nel frattempo, per le vie sottostanti, per tutta Barcellona comincia a spargersi la voce che una persona molto malvagia è stata arrestata.


Teresita dopo la liberazione. L'uomo che la sostiene è il brigadiere Ribotsono presenti anche l' agente Asens  (vicino a Ribot)  mentre l'uomo seduto
 il sindaco di
Barcellona

- STORIA DI DUE BAMBINE.
Teresita è la prima che comincia a parlare e rivela agli affascinati poliziotti di come più di due settimane prima sia stata avvicinata da quella signora inizialmente molto gentile  e carica di caramelle. Secondo la ricostruzione della bambina Enriqueta Martì  le aveva detto di essere stata mandata dai suoi genitori e che l'avrebbe condotta a casa da loro, ma che quando dopo pochi passi la bambina si era resa conto di stare andando nella direzione opposta da dove abita la donna improvvisamente ha cambiato atteggiamento, si fa minacciosa, l'aveva coperta con un panno nero trasportandola di peso.
In seguito giunte al numero 29 del Carrer del Ponent la sua rapitrice le aveva rasato i capelli dicendole di essere la sua vera madre. 
In seguito, per i diciassette giorni della sua permanenza dentro l'appartamento, la minore pur senza mai essere picchiata, è stata tenuta prigioniera, oltre ad essere nutrita solo con scarse razioni a base di pane raffermo e patate, inoltre le minacce da parte della donna sarebbero state continue.

"Angelita. "


Più drammatica la testimonianza dell' altra piccola.   
Angelita racconta infatti di un altro bambino presente nella casa prima che arrivasse Teresa: un maschietto che la Martì chiamava semplicemente Pepito.
Ma racconta anche di aver visto la sua rapitrice uccidere lo stesso Pepito sul tavolo della cucina di casa.
Sulla base di tutte le testimonianze Enriqueta Martì i Ripolles viene arrestata per essere condotta al  Reina Amaliail più grande carcere femminile di tutta Barcellona.
Non sarà per niente un tragitto facile,  sotto la strada strada si sono radunate molte persone: giornalisti, i primi fotografi, ma sopratutto molte persone comuni che vorrebbero fermare la vettura della polizia. In un colpo solo tutta la città sembra desiderare la sua vendetta,  più volte gli agenti devono impedire che la donna venga linciata dalla folla.
I poliziotti che rimangono dentro l'appartamento continuano con le loro ispezioni.
Ben presto arrivano anche altre  prove che confermano i peggiori sospetti sull'accusata.
- QUELLA GRANDE CASA.

Nel corso delle varie perquisizioni all'interno dell'enorme luogo,ci sono due ulteriori  locali entrambi chiusi a chiave, che attraggono l'attenzione degli inquirenti.
Il primo locale è un ambiente che si differenzia molto da tutti quanti gli altri: laddove le altre stanze sono fredde, sporche, disadorne ed umide "questo" locale è invece arredato con gusto, ci sono mobili lussuosi e c'è anche un enorme armadio pieno di abiti lussuosi.
La seconda stanza, invece pare l'anticamera dell'inferno.
Le forze dell'ordine rinvengono almeno una cinquantina tra contenitori, vasi, brocche ricolme di sangue, ossa e altri resti umani,  più le famose lozioni ed unguenti per cui Enriqueta Martì è così tanto conosciuta in vari stadi della lavorazione.
Non è tutto.
Uno dopo l'altro da diversi punti e nascondigli all'interno dell'appartamento saltano fuori numerosi scheletri, tutti di bambini, tutti tra i tre e gli otto anni questo convince le forze dell'ordine a cercare anche in tutti i luoghi precedentemente abitati dalla Martì.
In tutti loro si verranno trovati altri corpi sepolti.

Lentamente si sparge anche un 'altra voce,  se vogliamo perfino più angosciante.
 Si  vocifera infatti a lungo di un altro ritrovamento di un libro, un libro molto vecchio, composto di fogli di carta pergamena pieno di appunti scritti a mano e "strane" formule.
Se ne parla molto, anche a sproposito, finché la criminale stessa svela che in realtà le formule sono solo i nomi in codice dei  ricchi clienti a cui forniva sia i bambini che gli unguenti.
Per giorni, per mesi i giornali del periodo insisteranno comunque  sui dettagli più crudi, altri ricorderanno quel lontano giorno durante la"Semana Tragica" in cui la donna era riuscita a sfuggire all'arresto proprio grazie alle  sue protezioni politiche. Tutti i cronisti però  si soffermeranno anche sull'alto numero di ciocche di capelli che la Martì sembra conservare gelosamente. Quasi come se li collezionasse.
Molti, tra le fasce alte della popolazione cominciano ad avere paura che il proprio nome venga associato a quello scandalo di pedofilia e di morte, molte più persone tra i semplici cittadini chiedono invece ad alta voce che finalmente venga indetto un pubblico processo a colei che ormai tutti quanti chiamano alternativamente la "Vampira di Barcellona" oppure la "Vampira del Carrer Ponent".
Ma quel processo che tutti sembrano volere, alla fine non verrà mai celebrato.
 Siamo giunti all'ultimo atto.
- MORTE DI UNA "STREGA".


Il giorno che cambia tutto è il 12 maggio del 1913. Il luogo è il carcere Reina Amalia.
Enriqueta Martì dopo aver trascorso quindici mesi dietro le sbarre, viene trovata morta all'interno della sua cella.
Inizialmente sembra che si tratti di un suicido, alcuni tra esperti e giornalisti pensano anche che la donna sia morta a causa di un cancro oppure quella tubercolosi che lei cercava di curare con le sue pomate - e questo aggiungerebbe una sorta di poetica giustizia al tutto- poi si scopre che ad ucciderla sono state le sue stesse compagne di cella.
Quel giorno per la città a più di una persona sembra che le campane suonino a festa, mentre Enriqueta Martì i Ripolles compie il suo ultimo viaggio.
A tuttt'oggi, resta sconosciuto il luogo della sua sepoltura.
Un ulteriore mistero che si aggiunge ai troppi che già animano questa storia.
- EPILOGHI.
Tutto a posto?
Non proprio.
Incerto rimane anche il numero esatto delle vittime: gli scavi e le ricerche effettuate negli appartamenti abitati nel corso degli anni dalla "Vampira" hanno restituirono almeno dodici corpi e scheletri di bambini, ma si ancora oggi si pensa che il numero esatto delle vittime sia in realtà molto più alto. Il più grande tra loro ha un'età stimata che si aggirvaa attorno agli otto anni.
Il più piccolo raggiungeva a stento i tre.
L' identità della maggior parte di loro rimase e rimane tutt'ora sconosciuta.


Al Carrer del Ponent molti anni dopo venne cambiato nome, oggi gli abitanti lo conoscono come Carrer de Joaquin Costa, l'appartamento al numero 29 quello però c'è ancora e che ci crediate o meno, dopo la Martì ebbe molti altri inquilini.
Teresita Guitart Congost si ricongiunse ai suoi familiari, sia lei che loro rientrarono nelle nebbie dell'anonimato e ben presto le cronache smisero di occuparsi di lei.
Anche per questo voglio poter credere che abbia avuto una vita ragionevolmente serena e felice.
Più complesso fu il destino di Angelita; sul suo conto Enriqueta Martì fornì diverse versioni a proposito della sua origine- Joan Pujalò negò sempre di esserne il padre-  l'ultima confessione rilasciata dall' accusata prima di essere uccisa sosteneva che in realtà la bambina fosse figlia di una parente del suo ex marito, sottratta alla madre subito dopo il parto dalla Martì  stessa che aveva finto di aiutare la donna durante le doglie. Sempre in base alla testimonianza, la Vampira avrebbe mentito alla madre convincendola che la neonata era nata morta .
Ma anche questa testimonianza lascia il tempo che trova.
Qualsiasi sia stata la verità, Angelita fu comunque molto più fortunata di tante altre vittime della vampira di Barcellona.
Lei almeno era ancora viva.

In quanto allo stesso Joan Pujalò, quel pittore fallito fu interrogato spesso dalla polizia, ma sostenne di essersi ormai  separato di fatto dal' assassina da almeno sei anni e di non vivere più assieme a lei da ancora più tempo. Dimostrò in poco tempo la sua totale estraneità ai rapimenti e agli omicidi, e ben presto uscì di scena dall'inchiesta ed anche di lui non se ne seppe più niente.
In un certo senso fu come se la stessa Barcellona volesse dimenticare la vicenda.
Ed i suoi protagonisti con essa.
Così si chiude la Storia, rimasero però le cicatrici.
Rimasero anche molto a lungo.

I momenti successivi all'arresto ed il tentativo di linciaggio
da parte della folla.

In definitiva, che volto possiamo dare ai "Mostri"?
Qual è il nome che possiamo dare alla malvagità ?
Le stesse domande se le dovettero fare anche gli abitanti di Barcellona.
Perché se esiste una capacità che va riconosciuta- sia pure a denti stretti- agli "Orchi", agli "Aguzzini" e ai "Serial Killers "è proprio quella di riuscire a mimetizzarsi, a nascondersi tra la gente comune.
Ed è ancora più vero  poi quando sono passati così tanti anni dal verificarsi degli eventi: i fatti sbiadiscono, i bordi della verità si sfilacciano diventando sempre più evanescenti e, cosa peggiore di tutte, le vittime si trasformano ai nostri occhi da esseri umani in meri dati statistici.
Eppure dovremmo sforzarci di non dimenticare mai  che esiste un confine che non dovrebbe mai essere superato.
La protagonista di questa nostra macabra Fiaba Nera varcò proprio quel confine. 
E lo fece nel modo peggiore.



Ad ogni modo  questa è la cronaca di quello che avvenne molto tempo fa, questo è il racconto di come tutto avvenne.
Di come i bambini di Barcellona sparirono.
Questo post è dedicato a loro. Alle vittime.
 (FINE.)
Nota: proprio perché sono convinto in maniera profonda che ci siano limiti che non devono essere superati ho scelto di non inserire all'interno del dossier sulla "Vampira di Barcellona" tutta una serie immagini  (pubblicate anche sulle riviste dell'epoca) che ritraggono alcune delle piccole vittime preferendo inserire le scene con le due sopravvissute agli eventi.
Come dicevo ci sono dei limiti che io personalmente, da semplice cronista da povero blogger, non intendo oltrepassare. 
Nemmeno in veste di narratore.

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