Noi non saremo mai in grado di fare una rivoluzione per molteplici ragioni, alcune le analizzavo già tempo fa in questo post e non insisterò ulteriormente.
Me ne è venuta in mente un’altra, e l’ho visto osservando le rivolte nel nord Africa, in Egitto, in Tunisia e quella sanguinosa e drammatica in Libia.
Siamo vecchi.
E non parlo della vecchiaia politica del nostro paese, parlo proprio dell’anagrafe; abbiamo un’età media di 45 anni; non abbiamo più l’età.
Perchè bisogna pur dirlo che per ribellarsi, per fare la rivoluzione bisogna essere giovani e non solo di spirito, ma proprio di corpo; per fare la rivoluzione bisogna aver vent’anni.
Serve la passione, l’orgoglio, la spregiudicatezza, l’incoscienza della giovinezza; e soprattutto serve il vigore e la forza dei vent’anni.
Fare la rivoluzione è faticoso, spezza le ossa, mette a dura prova il corpo e, tutto questo, dopo la giovinezza non lo possiedi più; sei stanco, hai gli acciacchi e ti chiedi chi te lo fa fare, che in fondo stai benino anche così, per cui lasci perdere, lasci correre.
Cominci anche pensare a cosa ci perderesti, a cosa dovresti rinunciare ed, allora, la pusillanimità fa capolino, la vigliaccheria prende il sopravvento e finiamo col stare tutti fermi.
A quali giovani poi lasciamo il compito della ribellione? a quei molti, dei pochi che abbiamo, che si occupano di avere l’abito alla moda, l’occhiale nero firmato, la borsa Vouitton, che salgono e scendono senza un perchè da un SUV, che guardano Amici e il Grande Fratello sperando di passare dall’altra parte dello schermo?
No, decisamente, non siamo un popolo nato per le ribellioni e le rivoluzioni, ora come non mai.