Visto in Dvx, in lingua originale sottotitolato in italiano.
Figlio dell'omonima operetta di cui condivide anche alcune canzoni (che vengono infilate nel film con la stessa grazia dei cartoni della Disney) ha però un predecessore illustre nel film muto di Stroheim.
Commediola sentimentale con canzoncine, storiella ovvia e trattata con noncuranza, un protagonista maschile (Chevalier) che avrei preso a schiaffi fin dalla prima inquadratura; in poche parole un'operetta datata, forse buona per gli anni trenta, ma ormai al di là del bene e del male, potrebbe non soddisfare neppure chi ama lo stile artificioso dei film anni '30.
Presenta però due dettagli che possono da soli fargli meritare una (rapida) visione.
In primo luogo le scenografie opulente e spigolose, pure in eccesso per quello che dovevano espriemere.
In secondo luogo; e soprattutto; la regia di Lubitsch. Questo film leggero è un inventario continuo di Lubitsch touch e invenzioni visive perfette. I momenti sono molti, ma l'idea delle pagine del diario per descrivere la vedovanza (senza parlare spiega tutto uno stato d'animo); l'incontro fra il protagonista e l'ambasciatore che comincia a schiaffi e finisce in abbracci; il dialogo dei due amanti seduti al tavolo nel locale dove con un inquadratura del loro primissimo piano non mostra nulla, ma (all'opposto della scena del diario) loro raccontano quello che sta succedendo sotto la tovaglia; ma soprattutto la famosa scena del re che scopre d'essere stato tradito per una cintura troppo stretta, non viene detto nulla, ma una serie di immagini non scontate spiegano tutto in una maniera leggera e divertente.