Strasburgo sostiene che sia un diritto dare al figlio anche solo il cognome della madre e ha condannato il nostro Paese.
La legge in preparazione per evitare di permanere nella violazione dà la priorità al cognome paterno, anche se consente di scegliere. Qui, trovate il parere di Chiara Saraceno.
Vi segnalo un altro punto di vista (quello di Benedetta Verrini sul blog cattolico Vita.it) che ho trovato interessante perchè pone una questione che supera la questione femminista e maschilista e si pone dalla parte del bambino e apre timidamente un tema che molte donne della mia età, oggi, sanno molto bene: il fatto che la paternità si sta evolvendo, non è più esercizio patriarcale ed ereditario, ma esercizio faticoso ed emotivo. Si sentono padri invidiare la maternità, sentire la differenza nella relazione tra loro e i figli rispetto a quella che le loro compagne hanno con gli stessi. Insomma una novità che andrebbe tenuta in conto: il mondo non è ancora perfettamente equilibrato tra donne e uomini, ma ci sono punti di vista che si stanno già ribaltando. Varrebbe la pena parlarne.
Scrive la Verrini (e condivido):
“La questione del cognome, pertanto, diventa delicatissima quando la coppia si separa e, paradossalmente, è proprio la conservazione della “radice paterna” a essere più a rischio. “In caso di separazioni fortemente conflittuali si assiste all’esclusione della stirpe paterna da parte di madri fortemente espulsive.”
Prima di dare il mio parere, aggiungo una riflessione sulla questione, dando il punto di vista di una coppia lesbica che forse può ribaltare la prospettiva.
Se partorissi io nostro figlio, mi piacerebbe dargli/darle il cognome della mia compagna, o almeno dargli anche il suo. Questo perché viviamo in un tempo in cui la relazione adottiva è considerata più fragile di quella biologica. Questo perché mi piacerebbe che fossimo legati, tutti e tre anche se la relazione di coppia dovesse finire, cosa che può capitare anche tra omosessuali e vorrei che quella relazione di genitorialità risiedesse anche in qualsiasi forma possa prendere la nostra famiglia.
Sull’argomento penso che la legge spagnola sia la migliore e la più equilibrata. Per evitare il primato maschile come dice Saraceno, o l’eventuale esclusione del padre come teme Verrini, la soluzione è dare entrambi i cognomi al bambino. Cosa, meglio di questo, racconta la sua storia e la scelta che lo ha fatto venire al mondo? Cosa meglio di un anche, può superare il concetto di solo?
p.s. nella legge spagnola i figli non riconosciuti da uno dei due genitori assumono i due cognomi del genitore che li riconosce. Qui trovate una breve sintesi su cosa accade nei principali Paesi Europei.