Io sono molto orgogliosa del lavoro che ho scelto ma devo ammettere che a volte mi trovo a rispondere alla domanda “cosa insegni?” parziali verità. “Io insegno italiano” rispondo, perché trovo che sia più rassicurante un’ insegnante di italiano piuttosto che una di latino e greco. Ammettiamolo pure…non mi offendo se qualcuno mi dicesse che in fondo si tratta di un pippone tutto mio. Ho sempre il timore di essere vista come l’ultimo esemplare di una razza in via di estinzione; ho paura di essere vista come un pozzo di scienza inutile dal quale prendere le distanze; ho vergogna della mia cultura classica che cerco di nascondere per non sembrare un ‘aliena.
Ma il mio imbarazzo ritorna quando mi trovo di fronte al giovane addetto alle vendite delle grandi catene librarie per chiedergli un testo non proprio recentissimo. Finché chiedi di Platone o di Cicerone il giovane ti ascolta accennando col capo, sfoderando un sorriso di complicità intellettuale. Ma cosa fare quando chiedi la Storia vera di Luciano e ti ritrovi recapitata l’ultima biografia di Ligabue? Come non sentirsi inadeguati?
Poi ieri mi sono fatta coraggio e sono entrata spavalda in libreria e ho chiesto sfacciatamente Le Storie di Ammiano Marcellino.
“Marcellino pane e vino é un titolo esaurito. Lo ordiniamo?”
“No…Ammiano Marcellino!”
Il giovane strabuzza gli occhi al suono di questo nome esotico, ti guarda dubbioso sulla legittimità della tua domanda: “Agnano…?”
“AMMIANO”
“..ano Marcellino?” Chiede guardandoti ancora col sospetto che tu lo stia prendendo per il culo.
Ma il catalogo conferma l’ esistenza del buon vecchio Ammiano, e il giovane é felice, contento ma purtroppo Marcellino é da ordinare…
E mentre ordino mi sento così… vintage a vivere in un mondo che non comprende più cosa significhi insegnare ancora delle antiche lingue, seppur un po’ morte.
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