Comunque. La storia è ambientata in Afghanistan, in una casa su un lago nelle vicinanze della città di Usha, che significa Lacrima. La casa, un tempo fabbrica di profumi, appartiene a Marcus, un anziano inglese espatriato per amore (ha sposato una afgana, Qatrina, e si è formalmente convertito all'Islam). Quatrina è morta all'epoca del dominio dei talebani, in circostaze che verranno chiarite nel corso dell'azione; con lui, nella sua casa, ci sono Lara (una russa che ha perso le tracce del fratello, soldato ventenne in Afghanistan ai tempi dell'occupazione) e David, americano ex agente della Cia cui Marcus è molto legato perché ha conosciuto, e amato, sua figlia Zameen, anche lei sparita nel gorgo delle guerre che da venticinque anni tormentano l'infelice paese. Ognuno cerca qualcuno, Lara il fratello Benedict, Marcus il figlio di Zameen di cui non si conosce il destino, David la verità su Zameen. A loro si aggiunge a un certo punto Casa, giovanissimo integralista islamico, terrorista votato al martirio, intorno al quale finiranno per condensarsi tutte le vicende. Ma la verità, così difficile da trovare e così facile da nascondere o manipolare, forse è tanto dolorosa che alla fine è meglio non conoscerla del tutto. È un libro bello, scritto benissimo, pieno di colpi di scena, complesso e ricco di personaggi e citazioni colte, notizie interessanti e squarci decisamente poetici: ma gli nuoce, secondo me, la totale mancanza di ambiguità anche se i personaggi compiono giravolte continue e le verità si capovolgono sovente. È anche un libro molto duro, che volutamente insiste a raccontare crudeltà davvero spaventose, disumane, sempre attribuite ovviamente ai soliti, mentre le crudeltà minori degli americani (tipo lasciar trucidare villaggi interi sapendo in anticipo di un attacco, ma non avvertendo le vittime per non far capire al nemico di aver intercettato un ordine; a questo proposito è imperdibile, al limite del comico, la discussione dei rapporti tra USA e Arabia Saudita) sono sempre fatte a fin di bene, con uno scopo finale altruista e nobilissimo. E sarà, voglio dire niente. Tutto sommato è un bene, così si digeriscono atrocità che altrimenti sarebbero veramente disturbanti: ma va a finire che a Nadeem Aslam non si riesce a credere fino in fondo. O forse, semplicemente io non riesco a credere fino in fondo.
La verità, la guerra, l'ossessione e forse anche l'amore: Nadeem Aslan,La veglia inutile
Creato il 09 agosto 2015 da Consolata @consolanzaComunque. La storia è ambientata in Afghanistan, in una casa su un lago nelle vicinanze della città di Usha, che significa Lacrima. La casa, un tempo fabbrica di profumi, appartiene a Marcus, un anziano inglese espatriato per amore (ha sposato una afgana, Qatrina, e si è formalmente convertito all'Islam). Quatrina è morta all'epoca del dominio dei talebani, in circostaze che verranno chiarite nel corso dell'azione; con lui, nella sua casa, ci sono Lara (una russa che ha perso le tracce del fratello, soldato ventenne in Afghanistan ai tempi dell'occupazione) e David, americano ex agente della Cia cui Marcus è molto legato perché ha conosciuto, e amato, sua figlia Zameen, anche lei sparita nel gorgo delle guerre che da venticinque anni tormentano l'infelice paese. Ognuno cerca qualcuno, Lara il fratello Benedict, Marcus il figlio di Zameen di cui non si conosce il destino, David la verità su Zameen. A loro si aggiunge a un certo punto Casa, giovanissimo integralista islamico, terrorista votato al martirio, intorno al quale finiranno per condensarsi tutte le vicende. Ma la verità, così difficile da trovare e così facile da nascondere o manipolare, forse è tanto dolorosa che alla fine è meglio non conoscerla del tutto. È un libro bello, scritto benissimo, pieno di colpi di scena, complesso e ricco di personaggi e citazioni colte, notizie interessanti e squarci decisamente poetici: ma gli nuoce, secondo me, la totale mancanza di ambiguità anche se i personaggi compiono giravolte continue e le verità si capovolgono sovente. È anche un libro molto duro, che volutamente insiste a raccontare crudeltà davvero spaventose, disumane, sempre attribuite ovviamente ai soliti, mentre le crudeltà minori degli americani (tipo lasciar trucidare villaggi interi sapendo in anticipo di un attacco, ma non avvertendo le vittime per non far capire al nemico di aver intercettato un ordine; a questo proposito è imperdibile, al limite del comico, la discussione dei rapporti tra USA e Arabia Saudita) sono sempre fatte a fin di bene, con uno scopo finale altruista e nobilissimo. E sarà, voglio dire niente. Tutto sommato è un bene, così si digeriscono atrocità che altrimenti sarebbero veramente disturbanti: ma va a finire che a Nadeem Aslam non si riesce a credere fino in fondo. O forse, semplicemente io non riesco a credere fino in fondo.
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