Per nulla interessati al passaggio da Fidenza a Piacenza della sede operativa dell'Associazione europea Vie Francigene i "pellegrini" percorrono in lungo ed in largo, soprattutto in lungo, le nostre ed altrui strade. Nella sua rubrica "IN VIAGGIO CON VARESENEWS" il giornale on line Varesenews il 27 luglio ha iniziato la pubblicazione di un nuovo diario sulla Via Francigena.
Il protagonista è Marco Pinti che ha percorso sette tappe tra l’Emilia e la Toscana partendo da Fidenza l’11 Luglio per poi arrivare fino ad Avenza. La prima tappa Fidenza-Medesano attraversa le nostre terre e quindi nomi a noi noti e cari sono citati nel suo diario, leggiamolo, alcune annotazioni ci faranno sorridere, ma è questo l'occhio del pellegrino del 2.000:
Questa bella immagine del nostro Duomo in rosa apre la pagina web varesina
IL DIARIO Il treno mi lascia sulla banchina della stazione di Fidenza. Tenuta da viaggio: scarponcini da montagna con improbabili lacci arancioni, calze tubolari fantozziane, pantaloncini cachi da campagna d’Africa in tinta con annesso cappello da pescatore, maglietta del concerto di De Gregori con la scritta “I pazzi siete voi”, racchetta da sci anni ‘70 e zaino sulle spalle. Zaino, si fa presto a dire zaino: 18 chili con tutto il necessario per affrontare un’apocalisse nucleare, più che una settimana di Francigena.
Ma lo zaino, si sa, è lo zaino: qualsiasi cosa contenga, sarà sempre troppo pesante. Tanto vale caricarselo sulle spalle e attraversare le strade di Fidenza con il suo Duomo, fino alla strada sterrata con le prime indicazioni della Via Francigena. Di qui si entra nel mondo di “quelli che camminano”, quella periferia di sentieri e sterrati, dove ogni incontro è un evento, e la prima domanda non sarà mai: “Chi sei? Cosa fai?”, ma la ben più interessante: “da dove vieni e dove stai andando?”. La fatica non si fa aspettare. La fatica bastarda del primo giorno, quando tutto il corpo abituato alla vita comoda, si rivolta contro di te: le spalle sono le prime a mollare, iniziano a tirare come se lo zaino le stesse per spezzare, le gambe si adeguano allo sciopero generale e si induriscono di colpo, ogni passo si fa goffo, legnoso, pesante. Ultima arriva la mente che implora di fermarsi, di fare una bella pausa all’ombra. Ma l’orologio è spietato, sto camminando da meno di un ora, quindi nessuna pausa. So bene che questo sfiancamento passerà appena le gambe si rassegneranno all’andare avanti. Le energie torneranno. Arrivo in questo stato chiesa di Siccomonte che con la casa parrocchiale adiacente ospita una colonia estiva. Sono alla fontanella sotto le finestre quando un bambino si affaccia dal primo piano. “Ciao, sei un cacciatore di coccodrilli, vero?” mi chiede mentre in sottofondo sento risate complici. “Esatto, come lo sai?”, dico io. “L’ho capito dal cappello”. Il mio cappello cachi da pescatore della domenica. “Hai visto coccodrilli in giro?” rilancio, ma lui alza le spalle e mi dice tutto serio che non ne ha visti, “però – aggiunge ieri è passato di qui un altro cacciatore di coccodrilli”. Un altro pellegrino? Nel frattempo altri bambini si sono affacciati alle finestre e le domande iniziano a moltiplicarsi. Troppe per reggere la parte, meglio andarsene prima che scoprano che no, non sono un cacciatore di coccodrilli. Torno in cammino alternando buon passo a nuove e più acute crisi di fatica. Una di queste è provvidenziale perché mi fa fermare al bar dello scoiattolo di Costamezzana dove il barista mi regala “la credenziale del Pellegrino”, un documento importantissimo per pernottare negli ostelli che si occupano dell’accoglienza lungo la via Francigena.
Se stai leggendo, grazie Oliviero! Peraltro mi racconta che il giorno prima è passato un americano (che sia l’altro cacciatore di coccodrilli?) e che solo quest’anno da Costamezzana sono già transitate, zaino in spalla, più di trecento persone. Giorni dopo, ad Aulla, gli ospitalieri mi parleranno di addirittura settecento arrivi da tutto il mondo, stimati a diventare il doppio entro la fine dell’anno. Un popolo, minoritario quanto volete, che risponde al richiamo delle antiche vie. Il perché?Ognuno ha il suo. La fede, nel senso cattolico, è solo una delle risposte e non credo nemmeno quella maggioritaria. Salutato Oliviero proseguo la lunga strada che battezzo via del camel, sia per la mia postura scomposta con la lingua di fuori, sia perché mi fa pentire di ogni sigaretta fumata durante l’anno. Si va in salita, poi in discesa, poi ancora in salita, poi ancora in discesa, (ma non era tutta piatta l’Emilia?). Sempre sotto il sole su strade di asfalto fino a quel maledetto puntino sulla mappa che non arriva mai. Medesano. E’ ormai sera inoltrata quando, dopo aver percorso venti chilometri in sette ore, colpisco il cartello del piccolo comune con la racchetta. Alla canonica del paese il prete mi da il permesso di accamparmi nel campo da calcetto. Finalmente mangio mais, carne in scatola e una pasta liofilizzata. E finalmente dormo nella mia brava tenda posizionata sul limite sinistro dell’area di rigore. In limine Pirlo.