Piccoli frammenti di quella “vicevita” che molti di noi trascorrono passando a “spostarsi” da un luogo all’altro, sui treni e tra viaggi in treno. Attimi in cui “più che vivere, aspettiamo di vivere [...] momenti in cui facciamo da veicolo a noi stessi“. Quello in treno, per chi se ne serve tutti i giorni, nulla possiede dell’eccitazione e della festa del «viaggio»: è piuttosto un percorso che si ripresenta noiosamente, sempre costellato di disagi, microincidenti e microdisavventure di tutti i tipi; e allora, per difendersi, i pendolari adottano uno stratagemma …
“Giocano a carte in treno (ragazzi e vecchi) o guardano fuori. Ma io in treno leggo, e leggo per narcotizzarmi, narcotizzando il viaggio: lettura come antidoto. Metto in stand-by le pulsioni, le paure, i desideri, conservando soltanto il funzionamento della mente. Sichiama paradiso “Sono qui seduto e leggo un poeta. Nella sala ci sono molte persone, ma non si fanno sentire. Sono dentro i libri. Qualche volta si muovono fra un foglio e l’altro, come uomini che si rivoltano nel sonno, fra un sogno e l’altro. Come si sta bene in mezzo agli uomini quando leggono. Perché non sono sempre così?”