Di Samanta di Persio
Una domenica come tante altre da trascorrere fra balli, amiche, baci e perché no sesso, si è trasformata in un incubo. L’incubo non termina con quanto di più violento possa essere fatto ad una donna. Come spesso accade in Italia, il peggio deve arrivare. L’abuso finale arriva da chi dovrebbe difenderti, da chi implori come un ultimo respiro per poter sopravvivere: la giustizia. Il Gip Gargarella ha disposto, secondo la legge, di concedere i domiciliari (con l’accusa di violenza aggravata e tentato omicidio). Il tutto accade con una debole protesta da parte dei cittadini. In questo caso dovrebbero indignarsi gli uomini perché sicuramente molti di loro condannano la violenza del Tuccia. Dovrebbero gridare le donne perché il loro corpo può essere martoriato, seviziato e l’autore di questi atti può starsene a casa sua. Se Francesco Tuccia si fosse chiamato Abdul, Pavel, Dimitru? La reazione sarebbe stata diversa, sarebbe intervenuta per prima la politica con lo spettro dell’immigrato. Invece, questa volta, si tratta di un italiano ex caporale dell’esercito, evidentemente in questo caso non si può chiedere rigore, la certezza della pena.
La studentessa ha dichiarato di voler lasciare l’Italia, come darle torto se, dopo quanto le è accaduto, la delusione più grande arriva dalla magistratura?
http://sdp80.wordpress.com/2012/06/12/la-violenza-della-magistratura-sulle-donne/