La violenza settaria a Karachi: il Pakistan è più vicino al baratro?

Creato il 12 gennaio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

La tanto temuta osservanza del Muharram (primo mese del calendario islamico) si è conclusa in Pakistan senza nessun sconvolgente episodio di violenza settaria. Tuttavia, questo periodo è stato caratterizzato da azioni brutali in diverse zone del paese, con ben 38 morti fra gli sciiti, oltre a decine di vittime tra civili e forze dell’ordine. Altri attacchi terroristici sono stati sventati dalle forze di sicurezza, tra cui ad esempio la potenziale minaccia posta da un camion carico di esplosivo a Karachi. Questi episodi di violenza, o piani volti a mettere in atto azioni violente, non sono stati considerati come grandi tragedie e tutto ciò sta ad indicare la totale indifferenza a riguardo da parte della società pakistana e l’approvazione di una fede religiosa connessa all’efferatezza. Quasi tutti gli uffici governativi sono rimasti chiusi per due o tre giorni, così come i mercati e le scuole, e gran parte della popolazione, a causa della paura, è rimasta barricata nelle proprie abitazioni. Sono stati creati speciali nuclei di controllo da tutte le stazioni di polizia provinciale. Il governo del Punjab da solo ha dichiarato di aver disposto più di 100.000 agenti di polizia con l’obiettivo di tenere sotto controllo i terroristi. Lo spiegamento delle forze di sicurezza a Karachi non è stato da meno.

Anche nel periodo post-Muharram sembra che non ci siano stati rilevanti cambiamenti per quanto riguarda le tensioni settarie. A Karachi si sono continuati a verificare omicidi mirati: molti dei quali possono essere attribuiti ai gruppi islamici radicali del Tehria-e-Taliban Pakistan (TTP), mentre la maggior parte delle vittime sono state registrate fra i Barelvi/sciiti del Muttahida Qaumi Movement (MQM). In altre parti del paese è andata avanti la campagna volta ad intimidire i mezzi di comunicazione. Nella macchina di Hamid Mir, capo del canale televisivo indipendente “Geo TV”, è stata collocata una bomba la quale, fortunatamente, è stata individuata dal suo autista; nessuno è rimasto ferito. Il portavoce del TTP, Ehsanullah Ehsan, in un comunicato a “The Dawn”, ha rivendicato l’attentato contro Mir.

Tuttavia, ciò che deve osservato è che l’attuale ondata di violenze e di attacchi terroristici a Karachi, così come nel resto del Pakistan, non è né legata ad alcuna festa religiosa né si può affermare che sia il risultato di conflitti per riuscire ad ottenere il dominio su determinate aree d’influenza della città in modo da poter controllare il settore dei trasporti e del traffico, incluso quello della droga. Oggi la violenza è guidata da un vero e proprio programma settario di “pulizia etnica” volto a soggiogare i seguaci dei gruppi rivali, ossia delle sette islamiche non sunnite. A Karachi il portavoce del TTP, Umar Farooq, un ex funzionario del Jamaat-e-Islami, ha dichiarato: “Siamo un gruppo di guerriglieri che combatte contro gli infedeli” e “Karachi è la nostra base e attaccheremo chiunque ci indichi il nostro capo, Hakimullah Mehsud”. A quanto pare, la violenza esplosa nella città di Karachi è in grado di trasformarla in una “nuova Beirut” e di perturbarne in maniera totale il suo normale funzionamento.

Karachi, la città portuale più importante del Pakistan, è di fondamentale rilevanza per l’intera nazione. Nel suo porto, insieme con Port Qasim, vengono gestite tutte le attività commerciali da e per il paese, comprese le importazioni di petrolio. Se la città dovesse cadere nel caos le attività portuali resterebbero paralizzate e l’intero Pakistan cadrebbe in ginocchio. Si delineerebbe un quadro simile anche perché il porto di Gwadar, considerato come un’alternativa per il paese, non è ancora funzionale a causa della mancanza di vie di comunicazione con il resto della nazione, tanto più che il suo entroterra risulta essere ancora totalmente deserto. Quindi, se Karachi dovesse essere costretta ad una prolungata situazione caotica, gli oppositori dei Talebani in Afghanistan – gli Stati Uniti e la Forza Internazionale di Sicurezza (ISAF) – ne sarebbero influenzati negativamente; così come l’esercito pakistano, contro cui il TTP ha lanciato l’attuale jihad. Nel corso delle ultime settimane la situazione riguardante la legge e l’ordine pubblico a Karachi si è fatta più preoccupante. Secondo Farhat Parveen, direttore dellla National Organisation of Working Communities del Pakistan, in media ogni giorno a Karachi vengono uccise 13 persone. La proliferazione di armi, sia legale sia illegale, contribuisce enormemente ad alimentare quest’esplosione di violenze. Secondo uno studio del 2009, 18 milioni di armi da fuoco in Pakistan erano possedute da privati cittadini e queste comprendevano pistole, AK-47, LMG e lanciarazzi. Il numero di queste armi nella città di Karachi era all’incirca di 2 milioni. Dal momento che tali armi sono facilmente accessibili sul mercato nero, anche se il governo tentasse di de-militarizzare la nazione, e in modo particolare Karachi, la città riuscirebbe a rifornirsi di armi nel giro di 6 mesi.

Molti leader politici del MQM e dell’Awami National Party (ANP) sostengono apertamente che la legge e l’ordine pubblico a Karachi debbano essere controllati dall’esercito, poiché le forze dell’ordine locali non riescono a tenere sotto controllo la situazione. Tale posizione è rafforzata da una dichiarazione resa in tribunale da parte del capo della polizia dello Stato del Sindh, secondo il quale i Rangers possono solamente arrestare le persone per poi consegnarle alla polizia per il procedimento penale; la stessa polizia, però, ha al suo interno del personale corrotto, il quale si sente abbastanza potente da disobbedire agli ordini. Non è difficile comprendere come queste persone siano in grado di sovvertire gli sforzi compiuti per riuscire a combattere la violenza settaria e i relativi crimini. Tutto ciò si va ad aggiungere al fatto che le forze di sicurezza nella città sono gravemente sotto pressione: infatti, solo 8.000 poliziotti risultano essere disponibili nelle stazioni di polizia per lo svolgimento delle normali mansioni, il resto viene impiegato per altri scopi. I commercianti nella città di Karachi ricorrono da soli agli armamenti, poiché né le agenzie di sicurezza né il pizzo, che sono stati costretti a pagare per assicurarsi la protezione, li fanno sentire al sicuro, e in una simile situazione gli estorsori trovano un terreno favorevole. Nell’ondata di violenza a Karachi si stima che i mercanti abbiano perduto circa 20 miliardi di rupie e gli imprenditori intorno ai 45 miliardi.

E’ vero che il governo pakistano e l’esercito non lasceranno che la situazione a Karachi vada totalmente fuori controllo e ci si aspetta che si faccia il massimo per riuscire a salvare il paese – Zardari e Kayani si sono già incontrati il 23 novembre a Islamabad e, apparentemente, al centro della loro discussione vi era l’attuale situazione della città. Tuttavia, qualsiasi tentativo volto a garantire la sicurezza a Karachi, impiegando ulteriori unità dell’esercito, servirà soltanto ad alimentare gli interessi del TTP, poiché diminuirà la pressione contro di loro nelle FATA e in altre aree del paese; e, inoltre, le operazioni pianificate nel nord del Waziristan verranno posticipate. Inoltre, data la tradizionale forma mentis pakistana riguardo l’India è improbabile che l’esercito ritiri le proprie truppe dal confine orientale e, pertanto, qualsiasi altro insediamento militare aggiuntivo a Karachi dovrebbe giungere da altre parti della nazione, probabilità ben vista dal TTP.

Lo Stato del Pakistan per far fronte a questo pericolo necessita di unità di intenti e sinergia fra le varie componenti dell’apparato di governo. Tuttavia, tale sinergia è per la maggior parte dei casi assente e, a causa di ciò, il governo pakistano di fronte alla crescente minaccia talebana diffusasi a Karachi sta rispondendo senza una vera e propria strategia. Nelle ultime due settimane si sono intensificati gli attacchi pubblici fra la magistratura e l’esercito. Il mese scorso vi fu un confronto fra le due parti attraverso i media – il Presidente della Corte Suprema, Iftikhar Chaudhary, ha sottolineato come la magistratura abbia il predominio costituzionale su tutte le altre istituzioni, incluso l’esercito, e il Generale Kayani ha avvertito tutti indistintamente, inclusa la magistratura, che chi assume il ruolo delle altre istituzioni porta l’intero paese alla possibilità di regredire – lo scontro in atto fra magistratura ed esercito non si è ancora concluso. Secondo Najam Sethi, l’esercito è dietro tutti i colpi che Malik Riaz spara contro il Capo della Corte Suprema (Malik Riaz che si dice essere il complice del Dottor Arsalan Iftikhar, figlio del Presidente della Corte Suprema del Pakistan, per quanto concerne alcune non limpide azioni finanziarie legate all’acquisto di beni immobiliari). E’ interessante notare che il 15 novembre il Generale Kayani ha lasciato un ulteriore commento a riguardo della Corte Suprema, la quale è stata coinvolta per discutere del crescente numero di casi rimasti aperti e irrisolti.

La magistratura, invece, ha affermato che la giurisdizione della Corte Suprema ha permesso di controllare tutte le azioni illecite, non autorizzate o malintenzionate esercitate dalle autorità. Sezioni della comunità legale si sono unite presso l’Ordine degli Avvocati di Rawalpindi, scagliando (il 16 novembre) parole forti, anche smoderate, contro l’esercito e gli ufficiali, ai quali hanno chiesto di restituire tutto il denaro rubato. L’Ordine degli Avvocati ha accusato Kayani di appoggiare suo fratello nelle operazioni di difesa e nelle questioni militari, e di intimidire la magistratura attraverso le sue dichiarazioni pubbliche. Gli Alti Ufficiali dell’esercito sono molto contrariati rispetto ad alcune testimonianze giudiziarie riguardanti azioni di omissione e commissione compiute da parte dei Generali dell’esercito e per altri attacchi rivolti verso i privilegi dell’esercito messi in discussione dalla Corte di Giustizia – come ad esempio la permanenza in carica del Generale Kayani. Vi è una forte inquietudine fra gli Ufficiali a causa degli ultimi attacchi da parte della magistratura e degli avvocati, ed espressione di ciò è l’incidente che ha coinvolto il Colonnello (ritirato) Inam-Ur-Rahem, il quale fu malmenato da ignoti a Rawalpindi il 15 novembre scorso a un paio di centinaia di metri dalla Sede Centrale del Quartier Generale. Il Colonnello Rahem è colui che ha contestato, presso l’Alta Corte di Islamabad, il prolungamento del mandato di Kayani. La polizia ha mostrato uno scarso interesse nel perseguire questo caso.

Tutti questi eventi non sono di buon auspicio per il futuro del Pakistan. Se il TTP e i suoi alleati radicali porteranno avanti un’implacabile guerra con l’intento di trasformare il Pakistan in un vero Stato islamico e in un potente baluardo dell’Islam Wahabita connesso alla corrente Deobandi, allora il loro interesse nel distruggere la vita a Karachi, riuscendo così a dominare la città, riscuoterà molto seguito. Tuttavia, il loro successo potrebbe assestare un duro colpo all’establishment pakistano e potrebbe, inoltre, inaugurare l’emergere di diversi gruppi di dominio locale in Belucistan, Khyber-Pakhtoonkhwa, e anche nel Sindh.

(Traduzione dall’inglese di Marcella La Cioppa)


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