King dice così, o almeno l'ha sempre detto. Un dove ed un quando non propriamente allineati col dove e quando reali, ma che alla fin fine risultano essere (per lui) reali.
Dice che le sue storie, o molte di queste, arrivano da un posto.
A volte pure troppo. Parlo del ciclo della torre nera e di molti altri romanzi di questo autore che io adoro ed adorerò per sempre.
C'è un intreccio, una coerenza, un qualcosa di solido e realistico. Plausibilità, ecco cosa c'è.
E' questo che fa uno scrittore?
Inventa un mondo, lo visita nei propri sogni o con la propria immaginazione, e poi torna con un episodio? Una storia?
Una saga decennale?
E' quello che credo di fare io?
Non sempre, ogni tanto, sopratutto quando sfioro certi generi.
Forse, il problema è che non mi pare di attingere poi così tanto lontano da qui.
Quando scrivo di violenze e di decadenza. Non ho la sensazione di inventare poi così tanto.
Quando immagino il peggio possibile, mi rendo conto che forse il mio mondo potrebbe ancora essere salvabile, perché nel mondo vero ho letto e visto di peggio.
Che ci sia speranza anche per i mondi inventati?
Finché ci sarà speranza per il mio mondo ci sarà anche per me?