Sin dalla prima comparsa in scena, nella sua voce si avverte una sorta di rancore, dapprima celato sotto le vesti del rimprovero, e poi esploso nel desiderio di una “giusta” vendetta, già in un certo senso da lei attuata: è suo ormai l’intero paese, sue le fabbriche che lei stessa ha fatto chiudere per gettare i suoi compaesani nella miseria. Ogni sua battuta viene scandita molto lentamente, in maniera un po’ troppo flemmatica, forse per sottolineare il peso degli anni che si porta dietro. Tutta la scena sembra così rallentarsi, rimanere “indietro” rispetto allo scorrere del tempo, come indietro è il tempo in cui è rimasta la città di Dürrenmatt, mentre lì fuori il treno passa veloce e col suo rumore – quello della modernità – copre le voci di un popolo che rimane legato ai suoi buoni valori. Dürrenmatt, ritenuto il miglior commediografo svizzero del Novecento, ha costruito un testo noir sui meccanismi psicologici che scaturiscono nei tranquilli abitanti della cittadina che, improvvisamente, si interrogano su temi fondamentali quali la giustizia e la maniera di sostenerla. Infatti, prima scandalizzati dalla proposta della signora che trovano illegale e spietata, si lasceranno poi coinvolgere un po’ alla volta dal sentimento di vendetta e dalla ricompensa promessa, sperperando gli ultimi risparmi rimasti con l’acquisto di un paio di scarpe nuove. I sani principi a cui si sono affidati sino a quel momento sono da considerarsi ancora tali dopo quanto successo alla Zachanassian? E come si può sopperire ad un’ingiustizia fatta decenni prima? La metamorfosi degli abitanti è preannunciata dal lungo discorso tenuto dalla maestra, che Gabriella Trovato ha saputo portare in scena tenendo viva l’attenzione del pubblico. «Sento di diventare lentamente un’assassina e la mia sete di umanesimo è impotente», ammette tristemente l’insegnante. Ci viene così predetto cosa accadrà alla fine del dramma, ovvero il prevalere del volere della signora, anche se – ci tengono a precisare i cittadini di Güllen – «non per amore di denaro, ma per giustizia». Tra la miriade di attori che si sono susseguiti nel corso dello spettacolo, credo sia degno di essere menzionato il cieco del corteo della signora, abilmente interpretato da Nicoletta Seminara che, come già in altri spettacoli precedenti, è riuscita a calarsi perfettamente nel personaggio, dando alla scena un non so che di inquietante, in netto contrasto con quel velo di ironia conferito all’opera, attraverso, ad esempio, la scelta di far cantare al coro del paese “Ciuri ciuri” e “Vitti na crozza”, canti sì popolari, ma non di certo di una cittadina dell’Europa centrale. Mi hanno inoltre particolarmente divertito alcuni attori secondari che, con poche e semplici battute ed “interpretando” la scenografia in qualità di alberi, cespugli e caprioli, hanno saputo strappare al pubblico qualche risata, smorzando la drammaticità della vicenda. Tuttavia in alcune scene, si avverte ancora una volta un che di poco credibile nel modo di recitare di alcuni membri della compagnia, forse per l’assenza di quel pizzico di verità che tanto piace al pubblico quando va a teatro ed è desideroso di straziarsi ed essere straziato da ciò che vede messo in scena.
La Visita della Vecchia Signora tra Sete di Vendetta e Senso di Giustizia
Creato il 18 aprile 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazinePossono interessarti anche questi articoli :
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