La vita agra
Creato il 20 febbraio 2011 da Robydick
1964, Carlo Lizzani.
Oggi festeggio la recensione numero 1000 del blog !
Anzitutto quindi un brindisi virtuale con tutti gli amici che mi onorano sempre di splendidi commenti. Per festeggiare ho scelto un Capolavoro ambientato a Milano, la città che amo più di ogni altra al mondo e dove vivo da sempre, anche se nell'immediata periferia.
Prima di cominciare questa atipica recensione, che sarà un foto-racconto, un piccolo inno d'amore proprio per Milano lo voglio spendere. A dispetto di tutti i miti che la circondano, sulla freddezza, la abnegazione al lavoro e chi più ne ha più ne metta, io mai, e dico Mai, mi sono sentito solo in questa città, che come tutte le metropoli da vivere è complessa, confusionaria, inquinata. C'è tutto a Milano, tutto, e lo Spirito Milanese, quello che coloro che la vivono amandola incarnano, immigrati compresi, è fatto di altruismo, generosità e grande umorismo anche, Sì è così! Io sono un solitario che ama la compagnia. Sembra un ossimoro? Non lo è. Di Milano ho questo, la capacità in una marea umana di stare da solo senza sconfortarmi e quando le condizioni lo permettono viva la compagnia! Quando però sento il bisogno di starmene per conto mio sono in un posto che mi permette di farlo. Ci si gode il momento e si va avanti, si guarda sempre avanti. Non potrei rinunciarci a questa città che sento Mia, come irrinunciabile è la mia bastarditudine: fiero di essere milanese e fiero delle mie origini salernitane.
Oggi è così, voglio vedere solo il bicchiere mezzo pieno, anzi pieno per tre quarti. Siccome è una specie di compleanno, un dì di festa, prego tutti di sottolineare se li conoscono solo i pregi di questa città d'infinite risorse, procrastinando discorsi sui suoi problemi (dove non ce ne sono?) ad altre occasioni.
Il bellissimo transatlantico nel salone d'ingresso ai binari della Stazione Centrale. Oggi non c'è più. Ho fatto in tempo a vederlo da bambino, mi rapiva gli occhi.
Inizia qua la storia dopo un commiato classico al binario: Anna (Giovanna Ralli) sul treno in partenza e Luciano Bianchi (Ugo Tognazzi) sulla banchina. Lei, giornalista romana, ne è stata a lungo l'amante-compagna. Lui era venuto a Milano da Guastalla, dove viveva e aveva famiglia, con l'intenzione di far saltare in aria il grattacielo della CIS, società proprietaria della miniera dove aveva lavorato, prima di essere licenziato, come direttore culturale.
I bagni pubblici. Per molti erano luogo obbligato d'igiene. Come detto in altre recensioni, a Milano come altrove non erano rare le case prive di bagni interni. Se per i bisogni il bagno comune al piano poteva bastare, per lavarsi non era sempre il massimo, meglio i bagni pubblici, mediamente ben curati e che ti davano tutto, dal sapone all'asciugamano.
Il famigerato grattacielo della CIS in primo piano. In realtà è la Torre Galfa, per molti anni sede della Banca Popolare di Milano, ora inutilizzato e da ristrutturare. Sullo sfondo il famoso Pirellone, sede della Regione Lombardia. Bisogna riconoscerlo: i grattacieli sono come delle piramidi moderne, danno un senso di forza, potenza, di moderno alle città. Milano non è New York, ce ne sono pochi, ma sono tutti importanti e conservano pezzi di storia. La Torre Galfa (costruita tra il 1956 ed il '59) è tra i più antichi, simbolo del Boom Economico italiano che è il soggetto primo del romanzo e del film.
Luciano, licenziato tempo addietro, chiede un colloquio col presidente della CIS. Vuole rientrare in azienda a lavorare, col solo scopo di trovare tempi e modi giusti per far saltare in aria l'edificio. Il presidente è irraggiungibile e persino parlare con le segretarie è possibile solo tramite videochiamata. Uno dei tanti momenti amaramente esilaranti del film, anche per la ricca dialettica ironica di Luciano.
Uno scorcio della bassa padania, una cartolina. Guastalla, in provincia di Reggio Emilia. Questo è uno squarcio del meraviglioso Grande Fiume, il Po, durante una scena di caccia a fagiani.
Scena d'antologia! Giampiero Albertini, bravo attore milanese, è Libero, un nome che dice tutto. Rappresenta i minatori e chiede al rappresentante della CIS venuto da Milano di sistemare un grave problema di sicurezza. Alla risposta negativa, con un espediente geniale, gli rifilerà una sonora e meritatissima pernacchia.
I funerali dei 43 minatori morti per la mancata attuazione delle più elementari norme di sicurezza da parte della CIS. Argomento fin troppo attuale mentre non dovrebbe.
La decisione di vendicarsi. Non è solo una vendetta, è volontà di far capire ad un sistema che fagocita tutto in nome di regole affaristiche che esiste qualcuno che non ci sta!
Inutile. Una mansione inutile, con una segretaria inutile a leccare le buste, inutile ma zelante, che le lecca e le chiude anche quando sono vuote. E' tutta una parte sui ruoli aziendali, gli status symbol, esilarante. Il bello è che durante il film ogni tanto Luciano guarda in camera e si rivolge direttamente agli spettatori, come per dire: notate anche voi queste cose?
Qui c'è tutto un discorso, tra amici di una specie di circolo in un bar, sull'influenza dei media sulle nostre ambizioni, aspettative, molto anni 70, veramente illuminante ed esposto con passione, senza banalità. Da risentire più volte, è una specie di trattato sulla felicità, o meglio su come evitare di farsi ingabbiare dalle felicità presunte che la pubblicità ci propina.
Bowling at Columbine ante litteram. Entra in un negozio a comprare kg e kg di tritolo, più micce, inneschi, e tutto questo con un commesso entusiasta che nemmeno si pone il problema: che ci deve fare co' 'sta roba?
Sono tempi grami, soldi ce n'è pochi. E' un piccolo momento del film, ma ho amato quel gesto di Luciano. 2 mezze porzioni di taleggio, e tolta la carta dalla buccia si rosicchia anche quella, fino a godere di ogni parte edibile. Quanti ne ho visti nella mia vita mangiare così! (tra parentesi, salvo rare eccezioni, io mangio sempre la scorza dei formaggi se commestibile)
Luciano farà inizialmente carriera come traduttore di romanzi esteri. Ha solo il problema che traduce usando un linguaggio molto popolare, in particolare per certe esclamazioni o modi di dire, e questo alla editrice (notare bene l'arredamento e dove fa sedere l'ospite per capirne il carattere) non va molto giù.
Primo ingresso in punta di piedi nel mondo della pubblicità, dove troverà massima espressione al suo talento. Ironia della sorte, proprio lui, così critico verso il mondo consumistico, ne diventerà grande artefice, con trovate e slogan geniali! Sotto è intento a trovare una parola per un detersivo, che non sia bianco, limpido, ecc..., alla fine la troverà e tornerà alla CIS come dirigente di successo.
Certe volte, proprio coloro che a lungo combattono un sistema si ritrovano a passare dall'altra parte della barricata e con competenze fuori dall'ordinario. Il perché è semplice: se vuoi combattere bene qualcosa lo devi studiare bene, meglio persino di chi, di quel sistema, ne è convinto beneficiario. Non solo. Da ex-avversario ne conosci i punti deboli ed entrandone a far parte sei molto astuto, sai dove l'avversario verrà a sfidarti. Luciano è stato travolto dalle sue esigenze, mutui, pagamenti rateali: s'è imborghesito. Quasi senza volerlo è rimasto travolto dal sistema, fatalmente.
Senza raccontare oltre del film, qualche frame di pura memoria e significato. Questo panorama urbano è incredibile, io Milano così non l'ho mai vista! Il Duomo a dx e di fronte, dall'altra parte della piazza, la Galleria...
Quando da piccolo (avevo 3 anni) la mia famiglia si trasferì dalla zona Corvetto a San Donato Milanese questi erano i paesaggi di quelle periferie dei comuni limitrofi. Le case nascevano ben prima delle strade, e per anni sono andato a scuola cogli stivali di gomma ai piedi. Ogni volta che pioveva c'era fango dappertutto, proprio come in questo frame che per me è stato un deja-vu, tranne per la macchina, quella di mio padre era una fiat 600.
Ecco, il grattacielo esplode sì, ma di fuochi d'artificio. Luciano col presidente ammetterà che voleva far saltare il grattacielo, verità che ormai appare come una battuta. La risposta del presidente sarà sconfortante: "e perché non l'ha fatto? avremmo preso i soldi dell'assicurazione!". Mostruoso, questo sistema è così ben autoalimentato ed autoreferenziato che pare impossibile scalzarlo. Una doccia fredda.
E qua? Qua siamo a "casa mia", il feudo lombardo voluto da Enrico Mattei per l'Eni, i primi palazzi uffici, centro direzionale dell'ente a San Donato Milanese. Che foto! Architettura industriale per le Belle Arti. Io ho abitato a lungo in via Enrico Mattei, ho frequentato l'istituto tecnico Enrico Mattei e a breve, appena trovo il tempo e finalmente, recensirò "Il caso Mattei".
Un viaggio nella "mia" storia, antecedente ma non di molto la mia infanzia, un po' di nostalgia, qualche lacrimuccia e commozione. Il film, Olimpo de Olimpi, è bellissimo e pure estremamente divertente oltre che ricco di spunti di riflessione. Ne ho citati nemmeno la metà degli spunti possibili, è la verità.
Imperdibile e da vedere più volte!
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