La vita agra – Carlo Lizzani

Creato il 07 ottobre 2013 da Maxscorda @MaxScorda

7 ottobre 2013 1 commento

A cinquant’anni e oltre dall’uscita del romanzo di Bianciardi e poco meno del film, e’ difficile dare un giudizio che si possa riassumere in poche righe. Il libro ebbe un successo straordinario, persino il linguaggio comune fu modificato per accogliere quel termine "agra" che fu assunto nel lessico quotidiano.
Tanto clamore, tanta fama e oggi non resta piu’ nulla o molto poco e il perche’ e’ da raccontarsi con la trama.
Storia autobiografica sparata talmente grossa da domandarsi sino a che punto lo sia per davvero. Si racconta di Luciano Bianchi, scrittore emigrato a Milano causa esplosione della miniera dove lavorava che giunge in citta’ con l’intento di far saltare in aria la direzione generale. Incontrera’ Anna, bellissima e pasionaria di sinistra con la quale condividera’ sogni di riscatto e vendetta ma la societa’ dei consumi avra’ la meglio. Si diceva delle difficolta’ dello scrivere del film, vuoi perche’ e’ complicato non tirare in ballo il romanzo e il suo autore che fu peraltro consulente durante le riprese, poi perche’ serve un giudizio assolutamente anteriore a oggi.
L’importanza del soggetto e’ nella sua capacita’ di prefigurare nel bene e nel male, le tematiche che caratterizzeranno il ventennio a venire. La politica anticapitalistica in primis certo ma ancor di piu’ la resa incondizionata agli agi del consumismo e alle trappole del sistema che ben presto avrebbero fatto capolino nel cinema, nei salotti e in tanta letteratura.
Viene da se’ quanto oggi sia un discorso stantio per quanto ancora necessario, certo e’ che sublimando con l’ironia, l’autore svelo’ manie e idiosincrasie di una societa’ in piena mutazione e certo non sempre in meglio. Bianciardi ando’ ancora oltre mostrandoci la sua resa e questo si fu rivoluzionario e nondimeno avvilente.
Tema non facile su carta, ancor meno su pellicola ma Lizzani, indubbiamente bravo e di mestiere, sfuma l’anarchia e spinge sugli intrepreti anche perche’ la prosa di Bianciardi si poteva sostituire soltanto con attori di forte caratterizzazione.
L’improbabile toscano Tognazzi che non a caso si trasforma in reggiano, e’ esemplare nella divertente ed in fondo spassionata trasformazione da anarchico a compiacente dirigente dell’azienda che voleva far saltare.
Non di meno Giovanna Ralli si conferma interprete straordinaria e di una bellezza impareggiabile che non sfigura affatto innanzi le matrone del grande schermo di quei tempi, Loren e Lollo per capirci.
Alla fine resta un film superato in tutto e per tutto che eppure sa farsi volere ancora bene, piu’ del libro.

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