Femminicidio, delitti passionali, pedofilia, un carosello degli orrori che sfila impetuoso davanti a una miriade di occhi che osservano ma molto spesso non vedono oltre la facciata di questi terribili misfatti.
Elena Ceste, scomparsa nel gennaio 2014 e trovata seppellita nei pressi di Asti a pochi passi da casa. Della sua uccisione è accusato il marito, Michele Buoninconti, che dal carcere si proclama innocente. L’indagine accerterà una personalità fragile e succube della vittima che la terrà ai margini del mènage familiare e che la costringerà a costruirsi una vita parallela e virtuale sui social network.
Roberta Ragusa, scomparsa nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 a Gello di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa. Anche in questo caso gli indizi portano al marito, Antonio Logli, recentemente prosciolto per “non luogo a procedere”, formula che equivale a dire che non c’è omicidio senza cadavere e quello di Roberta non è stato ancora ritrovato.
Che cosa hanno in comune queste due sfortunatissime donne oltre che essere entrambe scomparse nello stesso mese del gelo e della neve? La vita che sfuggeda ogni angolo della loro povera e infelice esistenza.
Recentemente sul settimanale Giallo è apparsa una lettera scritta dalla Ragusa al marito poco prima di scomparire: “Vorrei essere al centro delle tue attenzioni, vorrei sentirti dire che ti dispiace di vedermi stanca. Io privo me stessa di tutto, ma tu vivi la tua vita fuori da questa casa e fuori da me. Non ricordi mai nulla e anche oggi, per esempio, non ti sei ricordato dell’anniversario: l’ennesima delusione.” Per intanto, in attesa del suo ritrovamento (semmai ci sarà), il marito si “consola” con l’amante Sara Calzolaio, la baby-sitter dei loro figli che è subentrata in tutti i ruoli della Ragusa.
I messaggi sul cellulare o su Facebook di Elena Ceste, pur senza comprovare tradimento alcuno, sono la testimonianza del disagio e della profonda solitudine della donna che accomuna molte altre alle prese di una quotidianità anonima, vissuta con sentimenti inespressi e intrappolati da un ruolo di facciataimposto dalla comunità.
Sono delitti apparentemente “individuali”, consumati tra le mura domestiche, dei quali però si avverte una responsabilità sociale data dall'indifferenza e dalla chiusura a qualsivoglia richiesta di aiuto e di solidarietà.
Ecco che per Elena e Roberta è proprio la vita che sfugge e che è sfuggita in una gelida notte a fari spenti e senza nome …http://feeds.feedburner.com/VittorianoBorrelliLeParoleDelMioTempo