Film d'ambiente del 2004, di ottima fattura e straordinariamente ben recitato (in particolare dalla protagonista Annette Bening e, in second'ordine, da Jeremy Irons), La diva Julia porta lo spettatore con garbo e misura in un mondo lontano ed effimero. È una dimensione che non manca di grazia e di sentimenti, sebbene tutto sia coperto da un velo che allontana, da uno specchio che riflette le luci, distorcendo i tratti umani, fino a renderli irriconoscibili.
È soprattutto il figlio di Julia ad avvertire il peso di identità rotte, a non saper distinguere più tra la donna e l'attrice e ad accusare il colpo di quest'infedeltà del fare all'essere. In un dialogo toccante, il giovane racconta di uno smarrimento avuto da bambino tra le quinte, quando non riuscì a raccapezzarsi sulla situazione teatrale, sulla parte disarmonica rispetto al ruolo materno di Julia.
La madre minimizza ciò che accade in scena a favore del suo affetto, ma per il giovane rimane il trauma di una donna che, per lavoro, diventa altro da ciò che lui conosce e, teneramente, ama e comprende. Ed è bellissimo il suo sorriso, quando vede la mamma capace di rovinare una promettente intelaiatura drammaturgica per riparare gli strappi e gli affronti di una vita.