C’è questo eroe.
Lui, di suo, l’eroe, avrebbe ben chiaro come cambiare le cose.
Ma il problema dell’eroe è la sua condizione stessa: che l’eroe, per definizione, è solo.
Hai mai visto due eroi in un solo film? Non ne hai visti.
Che alla gente stare vicino a un’eroe non è che piaccia granché.
Hanno sempre ‘ste idee rivoluzionarie in testa.
Te lo immagini seduto, l’eroe; in silenzio; a nascondere i propri errori dal giudizio irridente, con la barba incolta e gli scarti del cibo di qualche giorno prima, a farsi continuamente una sola domanda.
Perché, si chiede l’eroe.
E quando finalmente la trova – non la risposta, ma un modo per ottenerla – l’eroe parte.
Lo guardi andare di schiena, da lontano, chiedendoti se riuscirà a fermare la sua pazzia un attimo prima di morire o se cambierà il mondo.
Qualcuno, alla fine, torna.
E la gente lo accoglie in festa, “È tornato” urla, e in città si fanno due giorni e due notti di festeggiamenti.
Al terzo giorno gli altri hanno solo un vago ricordo di cosa sia cambiato, come si viveva prima e chi sia stato l’artefice del nuovo mondo.
E dell’eroe, dei suoi dubbi iniziali, di che fine abbia fatto dopo, non si ricorderà più nulla.
La gente continuerà a vivere, inventando nuove storie.
E inizierà i suoi racconti dicendo: “c’è questo eroe”.