La vita dipinta e suonata con la poesia, tempio di bellezza! (libri in lettura)
Bisogna avere sempre uno sguardo amorevole e profondo sulle parole visionarie dei poeti per lasciarsi condurre, con azzardo e fiducia, non solo verso la
via dell’arte, ma, soprattutto, lungo il percorso di dialettiche e cognizioni che mettono a nudo la storia umana. Il lavoro svolto dai poeti evidenzia e
rivela lo stato delle cose in modo trasparente, sia in virtù della generosa genialità artistica, sia per la confessione filosofico-critica del
mondo insita nelle opere. Attraverso il luogo e lo spazio della poesia si muovono parole e immagini che impastano e, nello stesso tempo, filtrano, la
bellezza, il simbolismo del linguaggio, il desiderio visionario, le intuizioni sensibili e gli ascolti empatici. Bisogna avere l’anima e i sensi capaci di
percepire e svelare il creato in modo relativo e potente per avvicinarsi pienamente alla poesia. Questo è il tentativo a cui tendo quando poso gli occhi
sulle parole di un nuovo libro di poesie, che mi viene donato, i cui progetti validi e i pensieri ivi rappresentati, sono, per me, un’ulteriore possibilità
di confronto, di stupore. È vero, si scrive troppo a dispetto della lettura e l’approfondimento culturale, molto spesso, viene tralasciato, omesso: non a
caso alle presentazioni di nuove raccolte poetiche assistiamo a scene di assenteismo collettivo. Numerosi, però, sono gli autori che ambiscono a essere
letti, annunciati, sostenuti e, frequentemente, questa ambizione/aspettativa diventa frenetica e controproducente, perché non si è concentrati
sull’affidamento dell’opera e sul suo destino, ma sulla corsa verso l’agognato successo. La meraviglia di questo panorama resta il cuore dell’essere umano
che è, inesorabilmente, al centro della parola poetica e, quindi, sotto osservazione da parte dei lettori e dei critici. Dalla parola poetica bisogna
partire e lì bisogna fermarsi per arrivare al concetto fondamentale che la poesia è il luogo magico in cui i limiti artistici contengono l’abitabilità del
mondo intero.
L’operatività della poesia precede, con fede e riflessione, la rappresentazione della realtà: questo è il filo conduttore delle poesie di Raffaele Barbieri (‘L’abito nuovo – Edizioni Delta3 - 1997 seconda edizione) in cui l’espansione dell’idea
poetica è funzionale alla traversata lungo le vicende quotidiane. Con un linguaggio pulito l’autore riconosce i paesaggi territoriali ed emozionali
dell’infanzia e dell’età matura traducendoli saggiamente in logica del senso.
Gemito nella notte
Dormiva. Ebbe un sussulto.
Qualcosa la spaventò.
Subito si sentì mancare.
Aveva un groppo alla gola
non una lacrima bagnò
il soffice cuscino gelato.
Era in compagnia
della sua solitudine,
brividi di terrore
le percorsero la schiena
impadronendosi della sua pelle.
Aveva bisogno di tenerezza
doveva abbracciare qualcosa
che sapesse d’umano,
solo una pallida eco
fu la flebile risposta
al suo gemito febbrile.
Frammenti di sale
Il sogno nel cassetto
resterà chiuso
a meno che qualcuno
non introdurrà un poco d’aria.
La brezza che sfiora
sensuale i tuoi capelli
ha un senso del mistero
che non sarà svelato.
Il dolce meriggio
che s’erge verso il mare
s’infiamma di bagliori allucinanti,
il crepuscolo che lo pressa
attenuerà di molto
i suoi forti colori.
Il pescatore mutuo
che torna verso riva
è solo un uomo stanco:
un’anima alla deriva.
Io amo la dolcezza
d’un bimbo che sorride
non sospetta che il domani
amaro poi sarà.
Anche Paola Mattioli (Al di là del cielo – Edizioni Pendragon, 2015) utilizza ‘se
Terra
Affondo le mani nella terra
sento il profumo intenso e forte
si sbriciola, si schiaccia tra le dita
così pura e fredda
a volte baciata dal sole.
Donaci i tuoi frutti
succosi e colorati
o cara terra mia
rallegraci e concedici
forza, volontà e ricchezza d’animo
insegnaci la via da seguire
nel cammino della nostra vita.
Mare
Cammino sulla sabbia
il vento mi sfiora i capelli
solo il rumore delle onde
dei miei passi
sento stridi di gabbiani
tutto è silenzio
pensieri nella mente
il vuoto intorno a me
sensazione di pace immensa e profonda
mi abbandono
dove il silenzio regna
dove la pace nasce.
Se le parole hanno un destino
(…)
i versi del poeta sono il vento
che penetra nei cuori vaneggianti
a gettarvi una parola
che ha la massa corporea di una pietra
perciò le sue parole
non possono morire
sono il seme che feconderà domani
come la luce che va veloce
davanti al buio che insegue
oh benedetto il poeta
che non vive la vita della pietra
(…)
è l'ombra di un riflesso
la vita
l'anima andrà a posarsi
nei cuori circonfusi d'amore
o anche in un piccolo cuore
grande così
come un granello di sabbia
Chi svela le vie della co
XX
Nelle indicazioni per l’estate
i maghi ci predicono
circolazioni depressionarie ancora
sui versanti adriatici
e sulla pianura padana.
Nelle ore centrali della giornata
se i maghi avranno scavato bene la sfera
potrei anche pensarti a lungo
(groviglio d’inazioni e attitudini)
Durante una precipitazione anche temporalesca. (1983)
XXI
Agosto è solo cronaca banale
tu dici sfiorata solo dagli inganni
della storia più atroce (i massacri
d’Israele un colpo di stato nel Kenya)
gli aumenti dell’IVA
e l’impennatura dei prezzi
inducono a segni concitati
(la pigrizia e l’afa annunciano pioggia)
E se ne muore l’estate. (1983)
‘Una poetessa eccezionale
Sono stata creata da Dio per la sua gloria,
ma cammino orgogliosa per la mia strada.
Sulla mia guancia comandi pure l’amante,
i baci li offro invece a chiunque li desideri
Sono gelosa per colpa tua,
sono gelosa di qualsiasi occhio ti sfiori;
sono gelosa di te, del tuo tempo e del tuo spazio.
Se ti nascondessi nei miei occhi,
fino al giorno del Giudizio Universale,
non sarebbe abbastanza,
perché la mia gelosia non cesserà mai
Se gli amanti giurassero
di essere morti di mal d’amore
il giorno della separazione,
non giurerebbero il falso.
Gli umani, quando si dividono
dopo essere stati uniti, muoiono,
se gli amanti, però,
tornano insieme, resuscitano.
Tre sezioni (Tutto il cielo sotto, L’epic
Tutto il cielo sotto
Una curva dopo l’altra nella salita al punto estremo
scende una ruota rotta, i tornanti
mi incrocia al passo fermo della pioggia.
Dondolare, dunque sul punto messo alle parole
sul vertice più alto
lassù, fra le piccole croci degli uccelli
fino a un prato senza lati, tremendo.
E tutto il cielo, tutto il cielo sotto.
Torno alla pietra madre
Non gira più la strada intorno a questa casa antica
di pietra viva, viva da sempre, viva oltre noi e più degli ulivi.
Conduce altrove come il vento
o un ramo
o una ruga di fiume.
Per altre strade, torno alla pietra madre
per essere pietra tra quelle pietre
e mordere la terra tutto intorno come cibo
eucarestia d’amore
unica forma di un destino dato
che separa
finché diventa me e io, lei.
Parole legate a contesti materici, terreni e a luoghi
Accetta
Accetta
la trapunta d’oro
di questo mio parlarti,
trifoglio che trasemino
nel buio,
cagione occulta
con cui salgo all’origine
dei tempi.
Prendi quel fuoco debole
che media
tra lo sfascio ed il raggiunto,
cospargine la cenere
sui giorni,
gorgoglia
nel camoscio fatto culla
come un’acqua.
Ma non pretendere da me
che io soggioghi
il torto del tuo niente
in uno slancio.
Siamo nel vuoto,
nel limite di guardia della resa.
E contro i guasti del deluso
appena un apice di sconto
prende forma.
‘Ma da un presagio d’ali’ ( La Vita Felice, 2015
Assecondando un battito
disuguale, un ritmo
interrotto,
a tratti slittante;
senza inflessione,
senza colore
e quasi insonore
al tuo orecchio
cadono
le parole che dici
in fondo
a un passivo dialogare.
Recisa
dall’animo tuo
ogni sillaba è
disatteso silenzio.
Ma
– ignari o consapevoli –
gl’interlocutori
t’incalzano,
ti negano
la grazia di una pausa.
Preghiera
Te,
mio piccolo dio
delle cose terrene,
imperfetto,
sofferente
quanto noi
– non l’Altro,
l’Onnipotente
che sovrasta
e vede
e sa
illimitatamente –,
te
invochiamo,
nelle ore estenuanti
del dolore,
per ogni corpo
offeso
da un martirio
che dilania
senza lasciare
tracce.
A te,
multiforme,
duttile agli umani
mutamenti
d’affetto,
affidiamo
l’esistenza nostra,
sospesa
tra il dire e il negare
che un mondo altro
ci sia
di uomini
uguali.
‘Una nuova sfida poetica’
(prefazione di Annamari
Pescia, badalì
La chiorba mi dole, ir bombo m’allomba,
or che fo, son vecchio, m’accallo sur divano,
stamane ‘un ho attuìto, enno tutte grane,
or aùgno ir teleomando, or che fo.
Tutt’un grand’armanacca’ un aggeggià
tutt’un arrocchettìo tutt’un arruzzolìo,
un troiaio gli è divento ir mondo,
un tremoto, ‘un mi ci rinvengo punto.
Bastraoni barcocchiano su’ pà.
Biasciaostie, boddoni, un appicciùme.
Budelli s’avvorgolano alle mane.
Tutt’un buscionaio. Proprio un canaio.
La mi’ vita, l’ho fatta. Badalì.
Spengo tutto. ‘Un mi resta che morì.
A Pescia, guarda un po’
La testa mi duole, l’alcool mi stanca,/ ora che cosa faccio, sono vecchio, mi sistemo sul divano,/ stamani non sono riuscito a fare tutto, sono tutti
problemi,/ ora afferro il telecomando, ora che faccio.// Tutto un almanaccare un aggeggiare/ tutto una situazione confusa un rumore confuso,/ un male
assoluto è diventato il mondo,/ un terremoto, non mi oriento per niente.// Giovinastri riempiono il padre di botte./ Baciapile, grassone, un
appiccicume./ Donne poco serie s’avvolgono alle mani.// Tutto un ginepraio. Proprio un casino./ La mia vita, l’ho fatta, guarda un po’./ Spengo tutto.
Non mi resta che morire.
I miei occhi non si chiusero
Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Papà mamma tutti salparono.
Ultim’ora. Livorno. Traghetto brucia.
Papà mamma tutti perirono.
I mieiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Sulla nave son nata.
Con lei sulle spiagge deserte,
con lei sul banco di scuola.
All’improvviso ci svegliammo:
sognammo gente salvata dal babbo,
sognavamo grumi di fumo.
I miei occhiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il dito sempre puntato sul babbo
In mezzo a tanti ma tanti marinai.
Presto si disse stop alla ricerca.
Il mouse sempre puntato sul traghetto,
poco dopo partii per altro mare.
Cosa come di chi la colpa. Cerco.
I miei occhi nooooooooooooooooooooooon
I miei occhi non si chiusero.
Percorsi incandescenti
gironi d’inferno roventi
per ore pascolai per morti.
I morti non mi vollero
i miei occhi non si chiusero.
[Si fa riferimento alla tragedia del Moby Prince, il traghetto che, la sera del 10 aprile 1991, entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo al
largo del Porto di Livorno. Nel rogo successivo allo scontro morirono 140 delle 141 persone a bordo del Moby Prince tra equipaggio e passeggeri. Unico
superstite, il mozzo Alessio Bertrand.]
Un nuovo oggetto d’arte è stato prodotto da GaEle Edizioni: si tratta di ‘Organetti’ (Edizione n. 20 – 29 copie in Valcuvia, marzo 2014) con testo di Danila Contini e disegni di Christopher
Wood. L’essenzialità del verso e del tratto simbolico si muovono attraverso un’alchimia di tipo fisico_emotivo (corporeo-sensoriale), una meravigliosa
avventura, da custodire gelosamente, tra il suono visivo e lo spazio poetico.
Organetti
Testa
Nere silhouettes
sul ramo della quercia
tra ghigni lontani
di finti storpi e ciechi
al campo dei miracoli.
Croce
Acerbe dita
ripiegate sui semi
a dorsi rabdomanti
di terra e pane
sul rovescio.
(rita pacilio)