la vita nomade.

Da Leucosia

La mia prof di greco era lì ad aspettarmi nella sala professori, per un breve incontro nella sua mezzora di spacco tra una lezione e  l’altra. voleva sapere dell’università, delle mie prime impressioni a caldo. perchè avevo scelto il suo campo d’interesse e ci teneva a darmi qualche dritta in merito. dall’archeologia passammo ai documentari in tv con un triplo salto mortale, ci ritrovammo a raccontare le nostre reciproche impressioni su una puntata di quark (allora si chiamava ancora quark!) dedicata alle popolazioni nomadi. alla prof brillavano gli occhi, sospirava e desiderava una vita come quella vista in tv, senza legami o costrizioni, pareti che vincolano, pentole da pulire, libri da spolverare. a contatto con la natura, anche. più ne parlava in modo spassionato, più restavo in silenzio, quasi terrorizzata da quelle parole piovute così a valanga. perchè per me casa voleva e vuol dire tanto.

vuol dire sicurezza, riposo, tepore, tranquillità, ricordi. sono cresciuta nel culto delle patinate riviste a colori del settore, gelosamente custodite nella libreria del salotto, accanto alle enciclopedie di cucina; il contrasto di colori tra mattonelle e legno delle porte,  una passione tramandata di madre in figlia, come i ninnoli da custodire nella vetrinetta della nonna. il divano buono da non sciupare, la cucina sempre linda  anche se con i fornelli instancabilmente in funzione,  l’ordine e la freschezza dei panni appena riposti nell’armadio.  da piccola la mia casa di Barbie era un monovano che magicamente trasformavo in castello solo con la forza della fantasia, una ripoduzione in scala minore di quello che vedevo fare attorno a me.  

ho abitato in varie case, e in vari quartieri della mia città, specialmente negli ultimi dieci anni…ho collezionato almeno tre traslochi! casa dolce casa, quella in cui ho lasciato il cuore e la mente e che di notte a distanza di anni sogno ancora,  è il mio nido di fresca sposina. le sue pareti giallo canarino con i poster di pubblicità francesi scovate nei mercatini provenzali, il suo allucinante caldo estivo, la cucina micro, il bagno altrettanto, e soprattutto la nostra dirimpettaia, una vera e propria squilibrata. poi la scelta di abbandonarla per una soluzione che all’epoca pareva la migliore delle scelte possibili, ma che poi si è rivelata come una trappola per la sottoscritta, perchè  situata in una zona riccamente dotata di barriere architettoniche, dall’androne del palazzo alle ripidissime ed impraticabili strade del quartiere. casa momentaneamente adibita a deposito di mobili per cause di forza maggiore, per l’imprevisto e non calcolato intoppo -chiamamolo così- avvenuto con la spaventosa impennata di Sua Maestà subito dopo il parto.  

quindi la decisione di trasferirci temporaneamente all’ovile genitoriale, e adesso mi ritrovo in questa fase di sospensione, in cui tutto è indefinito nei modi e nei tempi tranne l’impellente desiderio di autonomia personale, che assume i contorni di una sfida con me stessa e contro la malattia. un coro interiore di voci mi richiama all’ordine, mi intima di attendere ancora un po’ , di lavorare sulla mia riabilitazione motoria, prima di sobbarcarmi di nuovo la gestione di casa-cucina+figlio, prima di gettarmi in avventure quantomai spericolate, prima di fare il passo più lungo della gamba.

e mi ritrovo a combattere con i miei personali desideri-fantasma, in piena notte e sotto l’effetto insonne del cortisone… desideri che prendono le provocanti e bombate forme di un frigo nuovo di zecca, i tenui e sfumati colori di una cameretta per chicco, di una libreria ikea -modello billy!- per radunare i miei libri sparsi qua e là, di un nuovo ordine delle cose e della mia vita. senza dover necessariamente dipendere da qualcuno.

combattendo anche contro la perenne impressione che ricevo di riflesso da tutti coloro che mi stanno accanto e mi aiutano, lottando anche contro la consapevolezza che a volte la mia deambulazione precipita a livelli di sicurezza mia personale molto bassi, direi rasoterra, e nello stesso tempo desiderare che questo grillo parlante della mia coscienza zittisca la sua vocina insistente per almeno questa notte, per darmi il tempo di dormire senza sogni, sogni che al momento non sono in grado di poter realizzare….almeno fino a quando non sarò di nuovo  in grado di scendere di casa da sola per andare a comprare un litro di latte! in pieno giorno e senza l’aiuto di nessuno!

(immagine presa da qua)



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