Magazine Cultura

“La vita non dura un quarto d’ora”, libro di William A. Prada – recensione di Cristina Biolcati

Creato il 13 luglio 2013 da Alessiamocci

È singolare come io mi sia avvicinata alla lettura di un’opera breve e struggente che mi ha portato alla conoscenza di un giovane scrittore, William A. Prada. Non sono mai stata fortunata alla lotteria, eppure sono stata sorteggiata ed ho vinto l’e-book del suo libro. Recensisco libri di poesia, eppure mi ritrovo qui a parlarvi di prosa.

“La vita non dura un quarto d’ora”, libro di William A. Prada – recensione di Cristina BiolcatiSì, perché anche la storia di quest’opera è singolare e mi è entrata dentro. Non si tratta di un romanzo, come afferma subito l’autore stesso e non è nemmeno un racconto. È un genere di difficile collocazione, a metà strada fra la lettera ed il racconto. È uno spaccato di vita, un momento molto intimo di interazione col lettore. Per citare le parole di William: “è esattamente quello che è, non c’è definizione specifica”.

Lo scrittore, nato a Pavia nel 1978, dedica la sua opera “La vita non dura un quarto d’ora” “a tutte le persone timide e a tutti quelli che si amano”. A tutti coloro, e il mondo ne è pieno, che fanno fatica ad esternare i propri sentimenti e poi si ritrovano quando è ormai troppo tardi e la persona destinataria delle loro parole, purtroppo, non c’è più.

William ci offre una “condivisione” che, come dice lui, è la parola giusta. Non avrebbe mai pensato di poter “spartire” una cosa solo sua con nessun altro. Invita quindi il lettore ad apprezzare questo suo gesto, il fatto di avergli aperto il cuore, di avergli offerto questo “librino” dal testo molto sentito. Come in ogni condivisione c’è sempre un “ma”. Qualcuno che manca.

È una sorta di lettera che l’autore ha voluto scrivere “in un momento un po’ così”. Come egli ci dice: “L’ho voluto scrivere per un bisogno mio di scrivere, più che altro per dire ciò che sentivo e che sento verso una persona che purtroppo, adesso, non c’è più”. Opera breve, brevissima, circa 37 pagine, di un’intensità magistrale. Scritta con naturalezza, con garbo, come sempre quando le parole vengono dal cuore.

È un dialogo, perché di questo si tratta, anche se può essere considerato un concetto paradossale, che William intrattiene col padre, l’amato padre al quale era legatissimo e che, purtroppo, ora non c’è più. È una storia vera, scritta di getto, d’impulso, che per lui ha avuto uno scopo terapeutico. Gli ha fatto bene scriverla, come egli confessa più volte, sempre attento a coinvolgere il suo lettore, chiamandolo in causa spesso, per non farlo sentire di troppo, un estraneo, un guardone. L’unico modo per assistere ad un dolore così intenso, è appunto partecipare, e questo William lo ha capito.

“La vita non dura un quarto d’ora”, libro di William A. Prada – recensione di Cristina BiolcatiUna lettera quindi scritta attraverso un “flusso spezzettato di pensieri aguzzi”. William ritiene fosse una cosa che andava fatta, ed è felice di condividere le sue parole con noi lettori. Egli è consapevole che il tempo corre e non può essere fermato, ma scrivere all’amato padre rappresenta per lui un “ritaglio” di tempo ricavato per loro due, uno stralcio di attimi da sottrarre alla morte, e che avvicina nuovamente queste due figure. La morte del padre rappresenta una separazione momentanea, un’interruzione provvisoria del loro consolidato rapporto. Non si avverte disperazione, bensì pervade una “malinconia buona che regge allo stesso tempo una mancanza buona”, come dice l’autore stesso. “L’unica cosa certa è che la vita sia breve, ma anche più breve di quanto crediamo” è l’insegnamento che possiamo trarre da quest’opera.

Un libro toccante che raccoglie aneddoti, confessioni, piccoli racconti di episodi vissuti ed emozioni che ruotano attorno alla figura amata del padre. Tenera è la descrizione che ne fa l’autore, di grande fumatore, vestito nella sua camicia a fiori, con la battuta sempre pronta, un uomo d’altri tempi che improvvisamente si ammutolisce e si serra nei suoi pensieri. Fra tutte, l’immagine che rimane al lettore di quest’uomo, è la sua figura di padre con l’amato bimbetto biondo fra le braccia, le carezze sulla sua testa che, fra questa “accozzaglia di parole sparse”, non è realmente morto, bensì sembra andarsene “a spasso nel tempo”.
Tempo. Proprio qui è il punto. William, come tutte le persone che hanno perduto un familiare, vorrebbe dell’altro tempo. “Pagherei per averti qui un minuto soltanto”, è la frase che ci accomuna.

Ma poi? Cos’altro potrei dirti? Cos’altro se non Ciao, punto esclamativo”.
Un dolore che conserva dignità, quello del figlio di un “grande comico” che sicuramente, anche nella tragedia, ha ereditato dal padre il senso dell’umorismo e, nonostante tutto, riesce a far sorridere il lettore.

Una lettera intesa come voglia di “recuperare certi piccoli vizi” dell’autore: quello di avere accanto a sé un padre che sempre lo guida nella vita, di parlare ancora con lui, di ridere e scherzare come facevano un tempo, insomma, cose normali che ora non sono più. Anche solo ritrovare per un momento il suo “pilastro”, pensare che sia “in casa avvolto nel suo silenzio”, lo riempie di speranza.
È come se arrivati fino a qui, avessi bisogno ancora di qualche dritta” sono le sue parole in proposito.
William si “allena” per diventare un uomo, da quel giorno di febbraio, quel maledetto giorno in cui ha dovuto crescere all’improvviso.
Avrei voluto dirti qualche ti amo in più, e fare qualche litigata in meno”. Il rimpianto che ci accomuna tutti quando viviamo un lutto importante.

E poi, la frase chiave:Questa lettera che vorrei non finisse mai, perché mi tiene ancorato a te”. Si farebbe meglio a dirsi sempre tutto, possibilmente tutto quanto, perché appunto, la vita è breve.

Infine, la frase significativa che rende “giustizia” alla morte del padre: “non vince chi se ne va, vince chi se ne va con stile”.
La perdita di un genitore, se la vita segue correttamente il suo corso, è un dolore che tutti dobbiamo provare nella vita. Il problema è che non si è mai abbastanza pronti, né lo si sarà mai.

William ha molti progetti per il futuro. Il dolore ha dato buoni frutti. Non è rimasto a giacere, immobile e sterile in un angolo. Lo ha reso un uomo creativo. Ed io gli auguro, come credo tutti i suoi lettori, di poter realizzare i suoi sogni. Vorrei tornare a leggere al più presto un’altra sua opera.
Written by Cristina Biolcati


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :