Se non ricordo male, lo diceva Oscar Wilde. Ne ero abbastanza convinta, finché ero piccola.
Poi mi sono accorta che, se non vivi, non hai molti argomenti di cui scrivere.
Fino a non moltissimo tempo fa, ero convinta di voler scrivere storie serie, drammatiche. Non necessariamente il capolavoro del secolo, però non riuscivo a immaginarmi come autrice leggera.
Nel frattempo, però, quello che scrivevo sul mio primo blog, Il Mignolo col Prof (purtroppo ormai irraggiungibile a causa della chiusura di Splinder), faceva ridere ed appassionare le persone.
Luca, che per i blogamici della prima ora resta Mignolo, mi forniva spunti talmente numerosi ed improbabili da sembrare un personaggio inverosimile. E poi c'erano i gatti, la cascina con i suoi abitanti stravaganti, i bambini.
E ad un certo punto, quando sono riuscita a superare l'orribile 2009 e i suoi strascichi, mi sono detta: perché no? Ed è nata Sholeh, che ha partorito Zohar, che racconta in prima persona la storia di Nidhal.
Nonostante sia fantasy, perdipiù urban, per queste storie ho attinto a piene mani dalla mia vita, dalle cose buffe e belle che mi capitano tutti i giorni, dai miei battibecchi con Luca, dalle persone che mi circondano.
In questo periodo, sto ricaricando le pile. E lo faccio con le mie principali fonti di ispirazione, ovvero la famiglia, i gatti e la natura che mi circonda (tipo la lumaca neonata, il coniglio stalker e la cimice mannara).
Mi sfogo a fotografare di tutto, perché negli ultimi tre giorni è tornato il sole.
Ho aumentato spaventosamente la produzione di roba a maglia, anche se sono rosa dal senso di colpa di non studiare abbastanza (a gennaio farò un concorso per migliorare il mio stipendio).
E conto le settimane, ormai davvero poche, che mi separano dalla mostra di Sybille e dall'incontro con le blogger trentinoaltoatesine.