- Anno: 2014
- Durata: 82'
- Distribuzione: CG Entertainment
- Genere: Drammatico
- Nazionalita: Italia
- Regia: Renato De Maria
“Di chi è il respiro che mi accarezza?”: ritorna ossessivo, ma pieno di speranza, questo verso di Georg Trackl, giovane poeta espressionista austriaco, morto suicida all’età di ventisette anni, nell’ultimo film di Renato De Maria, La vita oscena, tratto dall’omonimo romanzo di Aldo Nove (pseudonimo di Antonio Centanin), che ha collaborato proficuamente con il regista alla stesura della sceneggiatura. Da segnalare, innanzitutto, la buona prestazione del giovanissimo attore francese Clément Métayer, che, attraverso la propria fisicità, dà forma all’intenso sub movimento emotivo del protagonista della fonte letteraria, incarnando esemplarmente quell’oscenità intesa (nel senso etimologico del termine) come un continuo rimandare a qualcosa che sfugge irrimediabilmente al tentativo di cattura della macchina da presa, un ‘fuori scena’ di cui non si cessa di tentare un’eroica traduzione simbolica che lo ‘attualizzi’. Il fuori campo, dunque, è sempre presente, e legittima la virtuosa regia di De Maria che non si risparmia, producendosi in un corpo a corpo che tende, paradossalmente, a far collassare l’immagine, esasperandola fino ad invocarne la sparizione.
Siamo immediatamente catapultati nel senso di morte in cui è fatalmente precipitato il protagonista, che, reduce dal lutto della perdita dei genitori (e soprattutto dell’amatissima Madre, interpretata da una convincente Isabella Ferrari), si ritrova ad affrontare un’esistenza che gli si prospetta asfittica e priva di stimoli, ragion per cui lo vediamo intraprendere una condotta sregolata per riuscire a raggiungere quell’eccesso a partire da cui tentare un processo di desoggettivazione, guadagnando, in tal modo, l’affrancamento dalla miseria di una vita che non lascia margine di scelta, se non quella di una bruta ‘normalizzazione’. Il narcisismo di partenza (che potrebbe infastidire lo spettatore smaliziato) si dissolve assai velocemente, lasciando il passo ad un percorso eroico, quasi una cerimonia, verrebbe da dire, un articolato rituale, tramite cui sbarazzarsi di quel residuo di Sé che conserva una consistente quota di vanità. A differenza del suo poeta prediletto (Georg Trackl) – e di tanti altri validissimi artisti a lui coevi -, Andrea (Clément Métayer), seppur fortemente attratto, resiste alla tentazione del suicidio, c’è una pulsione in lui più forte di qualsiasi tendenza mortifera, quella pulsione che, anche a scapito dello strumentale oggetto a cui di volta in volta si rivolge, non cessa di ‘volere’, mirando, in ultima analisi, a se stessa, non, evidentemente, per inaugurare un processo autistico di auto compiacimento, ma per rendere l’entusiasmo permanente, riuscendo a preservare l’originaria e inesauribile riserva di Senso di cui la vita è intrisa. Una rinascita, dunque, che consegna alla Storia un Soggetto nuovo, che, pur all’interno di una struttura (che però nella sua immanenza è finalmente liberata da ogni residuo dialettico), riesce a sgombrare gli spazi saturi della postmodernità per dare alloggio all’eccedenza di quegli Eventi cui non si smette di essere fedeli (l’amore, l’arte, la politica, il pensiero). E i pittoreschi tentativi di togliersi di mezzo – su tutti la lunghissima striscia di cocaina che delimita la sagoma del corpo di Andrea, che viene sniffata senza sosta – diventano in quest’ottica i preparativi di un cerimoniale che immette il protagonista in una dimensione comunitaria (l’università, la poesia, il rapporto con chi condivide i suoi stessi interessi), che, oltre a dare avvio a un processo costituente duraturo, è la posizione a partire da cui si può fare esperienza di un Arte in cui il versante della fruizione diviene elemento imprescindibile del movimento di perfezionamento dell’atto creativo (mandando a farsi friggere tutta la paccottiglia retorica sull’eccezionalità del genio, inquadrandolo, dunque, in una dimensione intersoggettiva senza cui non è dato poter produrre alcunché).
Tante, perciò, le suggestioni e le riflessioni mosse da questa opera che, senza dubbio, si ritaglia uno spazio a parte nella cinematografia italiana contemporanea, donando un po’ di speranza allo spettatore disincantato, che, reduce da pessime visioni, evita accuratamente la filmografia nostrana. Da vedere, dunque. Pubblicato da Mustang e distribuito da CG Entertainment, La vita oscena è disponibile in dvd, corredato da contenuti speciali, quali il Backstage, Pillole dal set e il trailer.
Luca Biscontini