Il 19 agosto è stato presentato il libro “La legge di re Salomone. Ragione e diritto nei discorsi di Benedetto XVI“ nel quale Andrea Simoncini, ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Firenze, e Marta Cartabia, ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Milano-Bicocca, hanno raccolto cinque grandi discorsi del Papa emerito Benedetto XVI commentati dai più autorevoli esperti in campo giuridico del mondo. Non solo cattolici, ma ebrei, protestanti, agnostici ecc. La prefazione del libro è firmata da Giorgio Napolitano, il quale ha parlato del «dato peculiare, da lungo tempo consolidatosi in Italia: la non esclusione del fattore religioso dalla sfera pubblica, “la convinzione”, al contrario, che debba laicamente riconoscersi la dimensione sociale e pubblica del fatto religioso».
La presentazione del libro è stata affidata ad un confronto tra lo stesso prof. Simoncini, autore del libro, con Paolo Carozza, professore alla facoltà di Giurisprudenza e Direttore del Kellog Institute for International Studies all’Università di Notre Dame, L.M. Poiares Maduro, costituzionalista e Ministro per lo Sviluppo Regionale del governo portoghese e Joseph Weiler, celebre giurista dell’Università di New York.
Qui sotto è possibile vedere il dibatitto
I quattro studiosi hanno riflettuto sul diritto della Chiesa ad intervenire nel dibattito pubblico (da molti negato e definito “ingerenza” o “tentativo di condizionamento”), smontando lo stereotipo che sostiene che essa basi le sue ragioni sulla Rivelazione e dunque valide solo per chi crede, sostenendo per questo la sua esclusione dal dibattito pubblico. In realtà, ha spiegato Simoncini, «sul fondamento stesso dell’ordine giuridico non c’è nulla di più lontano dalla dottrina sociale della Chiesa che fare appello ad un principio di un’Autorità, quando interviene nel dibattito pubblico. Il cuore del pensiero di Benedetto XVI è: non la Rivelazione, ma la ragione e la natura nella loro correlazione costituiscono la fonte giuridica valida per tutti».
Il prof. Carozza ha riflettuto sul rapporto tra il pluralismo delle idee nella piazza pubblica e l’annuncio del Vangelo, spiegando che «Benedetto XVI dà un certo valore al pluralismo e al dialogo, ma offre inoltre un fondamento al perché di un pluralismo vero, cioè quando esso è capace di affermare la diversità umana, completa. Non mettere da parte le proprie convinzioni per dialogare con l’altro, questo non è pluralismo! Si pensa che lo Stato sia il garante del pluralismo e dell’ordine democratico, eppure vedo sempre più il potere di esso come tentativo di omologazione, di imporre un pensiero unico che priva la società di generare idee diverse».
Weiler, da parte sua, di religione ebraica, ha a sua volta riconosciuto che «quando i cristiani entrano nello spazio pubblico per portare la propria normativa, come gli altri, portano valori che non sono basati sulla Rivelazione ma sulla ragione umana comune. Per questo il contributo del Papa è fondamentale, anche per invitare i cristiani a non avere timore ad intervenire». Tuttavia ha però individuato tre rischi importanti che possono derivare dal pensiero di Ratzinger e a cui occorre fare attenzione, aggiungendo comunque che «i discorsi di Benedetto XVI sono veri atti di coraggio, la libertà religiosa ad esempio comprende anche la libertà di dire no alla religione». Nel finale, il giurista ebreo ha detto: «Pensate alla nostra civilizzazione senza una voce cristiana vibrante e potente, non è pensabile».