Non abbiate timore di scrivere qualcosa che risulti banale o poco interessante. I pensieri non sono mai banali. Iscrivetevi e pubblicate i vostri testi, senza impegno, senza pressioni, per il solo piacere di avere un luogo letterario virtuale dove liberare le vostre parole affinché diventino bene comune di tutti.
Spesso questo può portare ad ottimi risultati, come nel caso di Mariagrazia Berardo, nostra lettrice che ha scritto un amabile articolo su Retrò chiedendoci di pubblicarlo anche sul nostro blog. Cosa che abbiamo apprezzato di buon grado.
L’articolo si intitola La Voce di Anna e trae ispirazione dal diario più famoso del mondo.
Ve ne consigliamo la lettura.
“È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.”
Sono parole che sembrano più che mai attuali, ma che sono state scritte in un lontano Luglio del 1944, fissate in modo indelebile sulle pagine del diario più famoso del mondo: quello di Anna Frank.
Proprio il 10 Luglio di due anni prima, ad Amsterdam, la giovane Anna aveva quasi trascorso la sua prima settimana nell’alloggio segreto, il rifugio per sfuggire ai nazisti, ricavato all’interno dello stabile dove aveva sede l’ufficio del padre. Qui la famiglia Frank trascorse due anni, insieme ai Van Daan ed al dottor Dussel. Due anni passati senza mai uscire, quasi murati vivi, litigando, leggendo, ascoltando i bollettini della radio inglese, pregando di sfuggire al terribile destino riservato agli Ebrei. Fino all’irruzione della polizia tedesca, il 4 Agosto del 1944.Anni, giorni che ancora oggi possiamo rivivere leggendo le pagine di quel “quadernetto rilegato di cartone”, in cui Anna ha riportato ogni cosa, ogni particolare alla sua immaginaria amica Kitty. Aveva solo tredici anni quando l’irrazionalità e la cieca crudeltà di un’ideologia la costrinsero ad abbandonare la sua vita, la scuola, gli amici. Eppure, Anna non si perde mai d’animo: nonostante sia costretta nell’angusto spazio di quell’alloggio, che a volte, più che un rifugio, diviene una prigione, nonostante i litigi e le difficoltà di convivenza, la ragazza non perde mai la speranza che tutto possa tornare alla normalità. In quell’alloggio, Anna cresce, scopre l’amore, si affaccia alla vita; a volte è profonda, altre ironica, altre ancora un’adolescente irrequieta o una ragazza che nonostante tutto riesce a sentirsi felice.
Mariagrazia Berardo
Il triste epilogo della sua vicenda è noto: Anna morì a Bergen Belsen, tre settimana prima dell’arrivo dei soldati inglesi al campo. Di tutti coloro che si erano rifugiati nell’alloggio segreto si salvò solo suo padre, che decise di far pubblicare il diario della figlia, con il titolo originario de “L’alloggio segreto”. Da allora, milioni di lettori in tutto il mondo hanno letto quelle pagine, si sono immedesimati in Anna, si sono commossi, conoscendo fin dall’inizio il destino che l’aspettava. Il suo diario è diventato un vero caso editoriale, proprio quel diario che Anna non avrebbe mai voluto che nessun altro leggesse.
Ma è proprio attraverso quelle pagine che oggi possiamo conoscere la sua storia e che, anche in futuro, nuovi lettori potranno ascoltare la sua voce: quella voce che, nonostante tutto, è sopravvissuta alla morte.