La West Coast e Banda Aceh, nei luoghi della tragedia

Creato il 17 ottobre 2012 da Dharmabum

( Aceh, Sumatra, Indonesia )

Lasciata l’atmosfera pesante di Nias arrivo a Singkil la mattina presto, con in mente solo una vaga idea su come debba proseguire il mio viaggio a Sumatra. Volevo andare a Sud, verso Bukittinggi, Padang e il vulcano Kerinci, ma invece mi ritrovo ad Aceh e a questo punto mi conviene invece andare verso Nord, una volta raggiunta Banda Aceh deciderò cosa fare.

Aceh è molto diversa da altre zone dell’isola e spesso parlando con la gente di altre regioni si ha la sensazione che la considerino come una specie di altro stato. E’ più selvaggia, più ricca, più legata alle tradizioni, ma soprattutto molto più islamica. Qui per anni si è lottato e combattuto per l’indipendenza e solo dal 2005 la situazione si è normalizzata, in seguito al trattato di pace firmato dal governo di Yudhoyono e il movimento per la liberazione di Aceh ( GAM ). C’erano due motivi che spingevano gli acehnesi a volere a tutti costi l’indipendenza: da un lato si voleva fermare il sistematico saccheggio delle enormi risorse naturali ( soprattutto gas naturale e petrolio ) da parte del corrotto governo centrale, mentre dall’altro si voleva preservare i valori dell’islam tradizionale. Alla fine le due parti raggiunsero un accordo, non ci fu la completa indipendenza ma gli acehnesi ottennero un’ampia autonomia e la libertà di poter istituire nel proprio territorio la shari’a, la legge islamica. Malgrado l’Indonesia sia il più grande paese musulmano del mondo e considerato da molti “integralista”, soprattutto a causa del terrorismo, in realtà non è proprio così, anzi nella maggior parte del paese non c’è né fanatismo né estremismo e Aceh è l’unica regione che si possa definire realmente islamica.

Ma se pensate di venire ad Aceh e trovare un ambiente medievale con donne col burka e uomini barbuti che girano col kalashnikov vi sbagliate di grosso. Anzi, questo è proprio un posto che consiglierei a chi ha sciocchi pregiudizi sui musulmani. In realtà è una società molto conservatrice ma piuttosto moderna, dove le donne sono molto istruite e hanno una discreta libertà, dove la gente non odia l’occidente ma anzi cerca di prendere dal nostro mondo le cose positive e dove quasi tutti sono molto gentili, educati, onestissimi e ospitali. In ogni caso durante la mia permanenza ad Aceh qualche episodio di discriminazione e razzismo c’è stato, ma si parla di fatti isolati e comunque nulla di particolarmente sgradevole o violento, che non può influire sul mio giudizio estremamente positivo sulla popolazione di questa regione dell’isola. Anche da noi ci sono persone ignoranti, razziste e qualunquiste, alcune le abbiamo pure mandate al governo.

Il primo di questi episodi però si è verificato quasi subito, all’arrivo nella sonnolenta città di Tapaktuan. Non so nulla di questa città e quando arrivo inizio a farmi il solito di giro di guesthouses. Mi accorgo subito che c’è qualcosa che non quadra: nessuno vuole darmi una stanza, e malgrado tutti gli alberghi siano evidentemente vuoti tutti mi dicono che sono al completo. Qualcuno mi manda via anche in modo maleducato. Più avanti scoprirò che è successo anche ad altri viaggiatori, evidentemente in questa città gli stranieri non sono ben accetti. A quel punto decido di andare a dormire in spiaggia, dovrebbero essercene un paio a pochi chilometri dal centro. La spiaggia non è male, e c’è anche una cascata vicino, dove vado a farmi un bel bagno. L’indomani trovo un passaggio per Labuhan Haji, dove c’è un hotel che non ha problemi con gli stranieri e dove mi danno una bella stanza, un po’ cara per gli standard di Sumatra però. Anche qui però trovo gente abbastanza strana, un poliziotto mi interroga e poi vuole fare delle fotocopie del passaporto, ma è molto gentile e in serata mi chiede se sono disponibile ad andare a fare una specie di “lezione” in una scuola locale. Accetto e la mattina andiamo in moto a visitare la scuola, dove parlo ad una platea quasi esclusivamente femminile di me, dei miei viaggi e dell’Italia. Insistono per farmi cantare una canzone in italiano, vado sul classico: O’ sole mio con inevitabile stonata sul maaaaa n’atu soooole! Veramente una bella giornata con bellissime persone ( sia gli insegnanti che le studentesse ), da qui il mio iniziale giudizio negativo su Aceh e sui suoi abitanti è iniziato a cambiare.

Dopo Labuhan Haji inizia la parte più bella di questa fantastica strada costiera, dalla quale si possono ammirare decine di chilometri di spiagge incontaminate da cartolina e pittoreschi villaggi di pescatori. Se mai ci tornerò vorrei farmela in moto, con tenda e sacco a pelo nel portapacchi per fermarmi a dormire nelle spiagge più belle.

Ma questo paradiso ha vissuto da protagonista la più grande tragedia naturale accaduta a memoria d’uomo, il terribile terremoto di magnitudo 9.2 seguito dallo tsunami del 2004, e nei prossimi giorni mi fermerò nei luoghi che furono più colpiti da questo immane disastro, che in questa zona causò quasi 200.000 morti e lasciò più di mezzo milione di persone senza casa.

Mi fermo per un paio di giorni a Meulaboh, la città più colpita dal disastro insieme a Banda Aceh, e quella che si trovava più vicina all’epicentro del terremoto. Quel terribile giorno di Santo Stefano questa città venne prima semidistrutta dal terremoto e poi letteralmente spazzata via dallo tsunami. Non fu più possibile ricostruirla sul sito originale e si dovette spostarla più all’interno. Questa zona tra l’altro fu molto difficile da raggiungere per portare gli aiuti nei primi giorni, e quando i primi osservatori della croce rossa arrivarono si trovarono davanti ad una scena apocalittica. A Meulaboh morirono almeno 40.000 persone, un terzo degli abitanti della città, mentre quasi tutti persero la casa e tutto ciò che possedevano. Dei due terzi rimasti è facile intuire che quasi tutti persero in questo disastro un padre, un fratello, una moglie o un figlio. Ma ovviamente la vita la va avanti, Aceh aveva sia risorse economiche che umane per voltare pagina e tornare alla normalità e l’ha fatto, e oggi a pochi anni dalla tragedia le città sono completamente ricostruite e solo nei sobborghi si vedono ancora tracce del disastro. Ovviamente le cicatrici nell’animo delle persone però restano, ci vorranno decenni prima che questo tragico evento venga del tutto dimenticato. Posso fare un parallelo con ciò che accadde nella mia terra, il Friuli, dove il ricordo di un terremoto infinitamente meno devastante che causò “solo” 1000 vittime, è ancora oggi molto vivo in tutti noi a distanza di quasi 40 anni.

Come molti rimasi estremamente colpito da quella tragedia, e tra le tante immagini che passarono in televisione in quei giorni quelle che mi colpirono di più non furono quelle dei turisti in Thailandia o in Sri Lanka ma quelle che arrivarono da Banda Aceh, ed ero abbastanza curioso di vedere questa città. Banda Aceh ha la fama di essere abbastanza cara, e infatti ci metterò un bel po’ per trovare un albergo economico, ma una volta risolto il problema della sistemazione non ho notato prezzi particolarmente alti per le altre cose, o almeno non superiori alla media dell’Indonesia. Bé ovviamente alcol a parte, da queste parti è quasi introvabile e se si trova ha dei prezzi oltraggiosi. In compenso si trova facilmente la marijuana, a quanto pare Aceh è il più grande produttore di erba dell’Indonesia e ci sono molte coltivazioni in questa zona. Sembra che in passato fosse usata anche come spezia per alcuni cibi… Ma non bisogna dimenticare che siamo sempre in Indonesia, dove c’è la pena di morte per il traffico di droga, quindi se proprio si vuole provare questa marijuana è meglio stare molto attenti.

La città comunque mi è piaciuta, e ci ho passato 3 giorni più che piacevoli. E’ ovviamente molto moderna, vitale e anche piuttosto pulita e ordinata per gli standard dell’Indonesia. Tutti sono molto gentili e sempre sorridenti. Sicuramente aver ospitato per anni persone provenienti da tutto il mondo l’ha resa molto più multiculturale e aperta al mondo occidentale. Non ci viene quasi nessuno, e quei pochi che passano da queste parti si fermano al massimo mezza giornata, in attesa di prendere il traghetto per Pulau Weh.

Anche qui il terremoto e lo tsunami del 2004 furono devastanti, la città fu quasi completamente distrutta e le vittime accertate furono oltre 60.000. Ci sono ancora molti edifici che portano i segni della tragedia ma la città è stata ricostruita indubbiamente bene. Tra le cose interessanti da vedere almeno due o tre sono legate allo tsunami:

Lo Tsunami Museum mi ha piacevolmente impressionato, e allo stesso tempo commosso. E’ un museo ma anche un monumento alla memoria delle vittime, realizzato dall’architetto indonesiano Ridwan Kamil nel 2009, ed è diviso in varie sezioni, sia legate allo tsunami ( come foto, video ) sia didattiche. L’ingresso è molto suggestivo: si passa in uno stretto e buio corridoio dove scorre dell’acqua dalle pareti, poi c’è una sala interattiva dove si possono vedere delle foto e quindi c’è una sala circolare con i nomi delle vittime illuminati sulle pareti.

dove sei, fratello?

Ma il monumento più incredibile allo tsunami è senza dubbio la famosa “boat on the roof”e la sua storia è veramente pazzesca. Questa nave, lunga 25 metri e del peso di oltre 20 tonnellate, quel tragico 26 dicembre era ancorata in un molo sul Krueng Aceh River ed il suo equipaggio composto da 56 marinai si preparava ad uscire al largo per una spedizione di pesca. Ma non avevano fatto i conti con la forza della natura e dopo il terremoto e lo tsunami si ritrovarono ad oltre un chilometro dal molo sul tetto della casa della Signora Abasiyah, e in questo modo si salvarono da una morte quasi certa. E come se non fosse bastato il disastro appena accaduto una volta defluite le acque trovarono un enorme coccodrillo sotto la nave!

In un certo senso anche l’unico vero monumento storico della città è legato allo tsunami: si tratta della bella moschea Mesjid Raya Baiturrahman, che fu uno dei pochi edifici della zona risparmiati dalla violenza devastante delle acque, secondo molti fedeli grazie ad un vero e proprio intervento divino.

info utili:

nave cargo Gunung Sitoli-Singkil: 7 ore, 70.000 r

minubus Singkil-Tapaktuan: 6 ore, 60.000 r

opelet Labuhan Haji-Meulaboh: 7 ore, 50.000 r

losmen Lisa a Meulaboh: 60.000 r

minubus Meulaboh-Banda Aceh: 8 ore, 80.000 r

hotel Lauser Agara. 70.000 r


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