Nata solamente un anno fa, la World Book Night è stata un'intuizione di Jamie Byng, managing director alla scozzese Canongate Books. Il postulato molto semplice, creare un grande evento editoriale non solo per addetti ai lavori – come le numerose fiere del libro – ma sopratutto per i lettori, per celebrare e cercare di diffondere la cultura del libro e della lettura.
Intenzioni molto comuni, queste, e fin troppo inflazionate sulle labbra dell'intera industria come su quelle della politica; questa volta però la formula è stata tanto spregiudicata quanto vincente, un po' a immagine e somiglianza dell'intero Publishing made in UK: regalare libri.
Cosa!? Già, un milione di copie di 25 titoli selezionati; ventimila donatori, sia lettori che biblioteche quanto librai, ognuno con la missione di regalare al prossimo – amici, clienti o passanti – quarantotto delle copie affidategli.
'Big Books', per la maggiore; grandi autori quali Margaret Atwood, Nick Cave, Sarah Waters, David Mitchell, tutti consenzienti ed entusiasti, in una grande festa a Trafalgar Square la notte del 4 marzo 2011, ben coperta dalla BBC e dai media, a supportare i singoli eventi del giorno dopo nelle altre città.
L'evento non è stato però accolto da tutti con lo stesso entusiasmo dei promotori, tutt'altro.
Un fronte di perplessità si è alzato all'unanimità sia dagli High Street Bookshops (Waterstones in primis) che dai librai indipendenti, compresi autori e publishers della media-piccola editoria. Un'iniziativa dichiarata promotrice della sola cultura del Bestseller, penalizzante gli sforzi della maggior parte dei lavoratori dell'industria. Un messaggio intrinsecamente non edificante, a svalutare il valore del libro come prodotto e a dare l'impressione che sia autori, quanto editori e librai non abbiano la necessità di guadagnare dal proprio lavoro; il tutto nello scenario di una crisi generale e di quella particolare di un'industria estremamente competitiva e in una fase di cambiamento strutturale.
Tutt'altro che ingiustificate, queste perplessità hanno perdurato molto oltre l'iniziativa, rivelandosi però infine un eccesso di protezionismo con l'intuizione di Byng premiata, ovvero il fatto che un milione di copie potesse essere un prezzo sostenibilissimo per l'intera industria in cambio del motore principale dei suoi guadagni: il word of mouth, il buon vecchio passaparola, generato da un evento di festa e di libera distribuzione e circolazione dei libri tra i lettori.
I dati di Nielsen BookScan inconfutabili, le vendite dei venticinque titoli selezionati aumentate più del 100% da WH Smith nell'arco delle quattro settimane successive, e quelle di ogni singolo titolo in media generalmente raddoppiate. Un successo per tutti.
Non c'è da stupirsi dunque che a neanche un anno di distanza l'iniziativa venisse abbracciata anche dall'editoria tedesca. Con la collaborazione tra World Book Night, la Stiftung Lesen (Germany's Reading Foundation) e l'associazione tedesca degli editori e dei librai, la Germania adotterà più o meno lo stesso formato britannico, con circa trentatremila donatori ognuno responsabile della distribuzione di 30 copie di 25 titoli selezionati in lingua tedesca.
Il tutto previsto per il 23 aprile 2012, ovvero il World Book Day dichiarato dall'UNESCO, data che è stata retroattivamente accolta anche dal Regno Unito e dagli USA (che avevano aderito immediatamente alla prima edizione 2011).
E mentre la World Book Night, appena nata, è già vista come una 'celebrity frame' al pari dei premi letterari – con i titoli selezionati destinati a un esponenziale aumento di vendite e con una conseguente e paradossale corsa da parte di scrittori ed editori a essere “scelti per essere regalati” – ci si chiede comunque se davvero l'intero circo non faccia altro che favorire i già favoriti, penalizzando la maggioranza.
Quale che sia la risposta, nessuno nega alla World Book Night una possibilità di evoluzione in tal senso, sopratutto perché un evento nuovo, dinamico e coinvolgente che ha avuto la capacità – e in un arco di tempo incredibilmente breve – di unire in un coro voci troppo spesso divise, ovvero quelle di scrittori, editori e librai.
Ora la domanda potrebbe essere un'altra: riuscirà la World Book Night a conquistare sull'onda dell'entusiasmo dopo la Germania anche l'Italia?
O meglio, riuscirà l'Italia, con il suo piccolo zoccolo duro di lettori forti e la sua fin troppo materialmente quantificabile assenza di lettori medi; con i suoi librai troppo spesso arenati in un approccio al business pavido e bottegaio; con il suo microcosmo di medie piccole case editrici e con la sua lotta per cercare di salvaguardare l'etica del proprio mercato – laddove in altri mercati del libro il solo concetto farebbe sorridere – a essere tanto folle o coraggiosa da lasciarsi conquistare?
L'interrogativo rimane aperto. Di fronte – non riuscendo come spesso a essere l'Italia prima promotrice di un'idea vincente – almeno una preziosa possibilità di rimanere al passo coi tempi.