Con il racconto di Maria Cristina Valeri si apre la seconda stagione di Laboratorio di Narrativa.
Ancora un racconto, questo “Il contatto dell’anima” di Maria Cristina Valeri, apparentemente onirico e senza trama che, tuttavia, racchiude in poche righe una storia compiuta. Se non fosse scritto in terza persona, potremmo definirlo un doppio flusso di coscienza, più un accavallarsi di sensazioni che narrazione, più sequenza di fotogrammi che cronaca di un incontro.
“Lui e lei”, ed un’unica voce narrante che cerca di interpretare senza descrivere, ma che non lascia spazio all’immaginazione, al “non detto”, che è poi il vero fascino di un racconto. “Lei” è la prima, l’unica, capace di risvegliare il cuore di “Lui”, di sciogliere il ghiaccio. Lei e Lui non hanno nome, né corpo, non sono descritti, sono il femminile e il maschile allo stato puro. All’inizio, Lui osserva “senza comprendere”, ma, quando Lei se ne va, lo lascia vuoto, alla perenne insoddisfatta ricerca delle sensazioni provate e perdute, fra “mille e mille occhi” e “mille e mille mani”.
Il centro di tutto è l’epifania, la scoperta che la magica fusione delle anime può rivelarsi più passionale del rapporto fisico, capace di trasformare la “puntura di spillo” in “incandescenza”, orgasmo del cuore.
Se l’autrice avesse scelto uno stile più immediato, se il Lui e la Lei si fossero raccontati in prima persona,certamente le emozionine sarebbero risultate più vive, più vere, e la suggestione magica dell’incontro avrebbe raggiunto il lettore, così come nelle intenzioni dell’autrice stessa.
Patrizia Poli e Ida Verrei
Il contatto dell’anima
Lei gli si avvicinò guardandolo con i suoi grandi occhi.
In silenzio si fermò ad osservarlo.
Il suo sguardo viaggiava in una dimensione che non si curava né del tempo né dello spazio.
Era pura armonia di mente ed anima.
Lui l’osservava senza comprendere.
Gli occhi di lei avanzavano veloci, spostando tutto ciò che appariva loro inutile.
Sembravano attirati da un punto preciso.
Ad un tratto lo sguardo parve arrestarsi, rimanendo immobile davanti a qualcosa d’invisibile.
Lei sorrise quieta.
Con lentezza distese il braccio verso di lui e con la mano toccò la stoffa del suo maglione.
Lui avvertì una spilla di calore nel petto.
La mano di lei ed il suo sorriso ancora immobili su di lui.
La spilla diventò un chiodo e poi il calore divenne sempre più forte ed il chiodo si sciolse scomparendo.
Il cuore iniziò a scaldarsi
Lei era ancora davanti a lui, ferma con il suo sorriso e la mano posato sul suo petto.
Il cuore ora era caldo ed il calore era talmente intenso che avrebbe potuto sciogliersi come il chiodo che l’aveva fissato ad un’innaturale immobilità.
Lui sentì il primo battito, il primo di quello strano battere.
La percezione del calore sempre più intensa e la contrazione di quel primo battito lo stordirono.
Una sensazione di abbandono, poi una perdita di coscienza simile ad un orgasmo.
Un piacere profondo, assoluto, sconosciuto.
Un cuore caldo, incandescente, lui non l’aveva mai avuto.
Si emozionò con l’autenticità di un bambino.
Lacrime pure scivolarono dai suoi occhi.
Esisteva quel che non credeva possibile.
Piegò la testa verso il petto.
Il suo cuore incandescente pulsava.
Indietreggiò frastornato staccandosi dal contatto con gli occhi di lei e della sua mano.
Una scossa gli percorse il corpo e lentamente sentì l’incandescenza diminuire e poi spegnersi.
Si voltò. Lei non c’era più.
Il volto trasfigurato dal dolore.
Lui ora sapeva. Aveva provato. Ricordava l’incantesimo di quella sensazione.
Come un affamato, un pazzo preda di una visione, un bambino abbandonato iniziò a girare per il mondo.
Fissò mille e mille occhi. Posò sul petto mille e mille mani. Urlò, sperò, disperatamente cercò di ritrovare quel contatto, la scintilla che aveva prodotto il calore nel suo cuore, la beatitudine di quei brevi istanti. Ma non vi riuscì.
Aveva vagato inutilmente, cercando la cosa sbagliata.
Non era il contatto fisico ma quello dell’anima a creare la magia.
Maria Cristina Valeri