Lacrime di tartaruga

Da Silvia


Che strano piangere senza volerlo.
Era una sensazione buffa, come quando le si erano rotte le acque per partorire il suo primo figlio: usciva da lei con violenza, qualcosa che non era affatto in grado di trattenere.
Sul divano di pelle della psicoterapeuta era un pò così.
Aveva iniziato a piangere mentre raccontava, aveva provato a rificcare le lacrime dentro di sè con le unghie, spingendo il naso, inspirando, ma quelle erano testarde e volevano fuggir via dai suoi occhi, abbandonare quel sacchetto lacrimale e rigenerare nuove lacrime che chissà quando le sarebbero nuovamente spuntate fuori, in quale occasione.
Era strano stare di fronte alla sua terapeuta e piangere.
Era strano piangere di fronte a qualcuno che non ti può abbracciare o accarezzare il viso.
Era strano piangere davanti a lei, alzarsi e pagare.
Era strano poi, trovarsi fuori nel sole, a camminare senza più quel segreto sulla pancia, lasciato lì sopra al tavolinetto basso, vicino alla tartaruga di terracotta.
Ne aveva una identica lei a casa, di tartaruga di terracotta, lo aveva notato fin dalla prima seduta.