Lagomorpha

Creato il 17 febbraio 2012 da Narratore @Narratore74

A volte, quando leggo qualcosa di autoprodotto, mi sorgono dubbi amletici su svariate questioni. Di questi, molti rimangono senza risposta, probabilmente solo domande che mi pongo in qualche riflessione e basta, ma quando capita che mi ritrovo tra le mani ebook dallo spessore di questo Lagomorpha, non posso fare a meno di chiedermi una cosa: ma perché, e non aggiungo epitaffi scurrili ché non va bene, Matteo Poropat non è in tutte le librerie e le copertine dei suoi libri non ricoprono gli scaffali occupati, a questo punto, ingiustamente da orde di titoli privi di qualunque valore? Ebbene, queste sono domande che fanno male, perché portano a entrare in altri discorsi quali editoria, pubblicazione e valore dato agli scrittori.
Lagomorpha è, utilizzando un termine coniato da una cara amica basista, un fottuto capolavoro. Nella sua brevità (parliamo di tre racconti brevi) riesce a infondere paura, orrore, ironia, delirio e un pizzico d'inquietudine che non fa mai male. Ma partiamo in ordine, così da non fare confusione.
Lagomorpha Il primo racconto, il cui titolo da anche il nome all'ebook, parla di un'apocalisse molto particolare. Negli anni siamo stati abituati a invasioni di ogni genere, zombie in primis, e Matteo in questo racconto ci mette davanti ad una delle più assurde e sconcertanti apocalissi a cui abbiamo mai assistito. Un virus, di non ben precisata provenienza, dopo aver sterminato tutti i gatti ha mutato i conigli, trasformandoli da semplici batuffoli di pelo puccettosi a killer spietati e ingordi di carne umana. La cosa di per se sarebbe anche divertente, se non fosse che questi piccoli bastardi pelosi, capitanati da un grosso esemplare soprannominato Tippete, sono davvero cattivi. E furbi. Scavando gallerie s'insinuano sotto le case, entrano senza farsi sentire e aggrediscono senza alcuna remora. La storia la osserviamo dagli occhi di due sopravvissuti, chiusi in una baracca in mezzo ad un bosco, intenti a eliminare quanti più conigli possibili. Ma, e questo diviene chiaro subito, le cose non stanno sempre come le vediamo. E fra fucilate, cadaveri smembrati, paura e lunghi momenti in cui attendiamo i soccorsi insieme ai due protagonisti, qualcosa emerge e si palesa nel finale con la crudezza di un morso sulla carne viva. Un racconto, questo, che dovrebbe finire in una antologia seria, di quelle che durano e insegnano come si può creare un intero universo in poche pagine.
Il silenzio dell'acqua Il secondo racconto di questa breve antologia, pesca a piene mani in un argomento a me molto caro: le case abbandonate, presentandocene una davvero pericolosa, in grado di spezzare anche l'anima più salda in pochi attimi. Quello che più ricordo di questo racconto è l'atmosfera, il sentore della muffa che pervade le pagine, oltre che le pareti della casa, e le risate dei bambini. Bambini e case abbandonate… un connubio, questo, che funziona, specialmente se raccontato dalla mano sapiente di Matteo. Si ha paura leggendo, come se da un momento all'altro potesse uscire qualcosa dal reader e trascinarci fra quelle mura macilente, seppur ancora resistenti, e strapparci alla nostra vita con la facilità con cui si strappa una radice dal terreno. Una paura che non termina con la lettura, perché per quanto lontani gli orrori sono ancora lì, a dispetto di tutte le previsioni, e attendono. Aspettano, con calma, con rabbia… Aspettano che un visitatore passi di la e senta il suono di una risata dal fondo delle scale…
Piece(s) of my heart La raccolta si conclude con un racconto brevissimo,m ma non per questo meno potente e sconvolgente. Ci sono ancora i bambini come protagonisti, la loro ingenuità e i loro sentimenti. Lo sappiamo: i bambini sanno essere crudeli, quando vogliono, e sono in grado di amare anche quando sembra non ci sia nulla da amare. Beh, la protagonista, Sara, ama, al punto da voler disegnare un cuore e regalarlo al suo amico. Ma i colori non bastano, le sfumature non sono quelle volute, e così, fra una rincorsa, un rimprovero e una breve lotta, scopriamo di quale amico si tratta. Tutto è narrato in maniera frenetica, quasi che Matteo non volesse dare tregua al lettore ma, invece, trascinarlo fino all'epilogo, a quella semplice parola che nasconde un intero mondo.
Spero che questa recensione renda giustizia ad un lavoro ben fatto, anzi, ottimo sotto numerosi punti di vista. Si sentono influenze esterne di stile, ma quello che rimane alla fine è un piacevole pomeriggio passato in compagnia di tre splendidi racconti, magistralmente narrati e, permettetemi di dirlo, sprecati per un autopubblicazione. Lo ripeto, non mi stancherò mai di farlo: Matteo ha dei numeri. Tanti. Il mio augurio è di vedere, un giorno, il suo nome stampato in cima alle classifiche. Non esagero quando dico che meriterebbe questo e altro.

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :