Voglio buttare giù oggi, l'ultimo post malevolo e brontolone dell'anno, lasciando la giornata di domani solo ad un sobrio augurio di fine d'anno. E già, perché mi sono proprio stufato di sentire ogni volta che parlo con qualcuno, solo lamentele e ricerca di colpe negli altri, istituzioni in testa, le banche, le multinazionali, i politici, capri espiatori di tutti i mali del mondo (che ce la mettono tutta eh, per farsi considerare tali). Per saziare la folla bisogna trovare dei colpevoli pur che sia, come i presidi che hanno lasciato crollare le scuole non avendo previsto il terremoto e via cantando. Ci vuole un patibolo sulle piazze per permettere alle donnette di sedersi attorno a fare la maglia mentre cadono le teste (altrui) sotto la mannaia. Nessuno vuole ammettere che un paese è lo specchio di chi lo abita. Se la maggior parte dei politici, non sa fare nulla, se non rubacchiare e essere corrotti da interessati corruttori, è perché la maggioranza degli italiani è così, quantomeno in pectore e li ha eletti nella speranza di essere portata nel giro della clientela e accedere ai benefici del fieno che cade dalla greppia. Se trionfano i populismi e i guitti diventano capipopolo seguitissimi è perché tanta gente lo è, si bea della forca ed è la prima a sostenere che non bisogna pagare i debiti contratti per foraggiare lo spreco che loro per primi hanno preteso, vagheggiato e provocato da parte di chi voleva il loro consenso. Eccoli a frotte nelle farmacie a rimpinzarsi di farmaci inutili e semigratuiti, eccoli ad affollare i pronti soccorsi per un ginocchio sbucciato, eccoli in fila a pretender sgravi e gratuità nascondendosi al fisco e ancora a schiumar di rabbia non contro gli evasori, ma per la loro impossibilità di evadere a loro volta.
Siamo quel che meritiamo. Il paese è in declino? Perché l'italiano manca di etica di fondo e ha eletto quindi chi manca di morale ed è pronto a rivotarlo in massa appena annuncia il suo ritorno, perché così sente la propria amoralità latente più giustificata e ne invidia i vantaggi. Chi se ne frega delle generazioni future; non certo ad un sindacato arroccato nel difendere l'indifendibile e incapace di guardare avanti e neppure ad una generazione di industriali, incapaci di visione, disinteressati ad innovare, che vogliono fondare le loro aziende sulla competitività che viene dalle svalutazioni successive e quindi appoggiano chi insanamente le propone e non a quella che nasce dalla creatività e dall'etica dei rapporti di lavoro. E non parlo solo degli industrialotti di basso conio che hanno fondato le loro piccole fortune, destinate ad esaurirsi nella loro generazione, lavorando nei sottoscala e sfruttando una flessibilità malata, ma anche di grosse imprese in cui si è perduto ogni ritegno e visione del futuro. Ci sono grandi aziende che fanno firmare ai neoassunti, oltre ai consueti impegni, anche un codice morale di comportamento e poi trattano i dipendenti come cespiti materiali meno importanti delle scrivanie che occupano. Alla fine non rinnovano loro i contratti a tempo (fasullo sistema che nessuno ha interesse a cambiare) comunicandoglielo a voce l'ultimo giorno di lavoro alla faccia dell'etica che propugnano a parole. Tutto questo è il fondamento del declino. Non c'è speranza? Sono tutti così? Diversi da quel capitalismo sociale che aveva fondato le sue fortune sulla valorizzazione dell'uomo? Per fortuna no.
Leggo sulla Stampa della Cucinelli, azienda della moda, nata quasi quaranta anni fa con l'idea di colorare i maglioni, mica di fare missili spaziali. Direte sarà stata travolta dalla concorrenza delocalizzata di chi va a risparmiare un euro a testa in Vietnam. Ma no. E' più florida che mai, ha quasi triplicato l fatturato negli ultimi dieci anni (280 milioni, mica bubbole) ed esporta l'80% della sua produzione. Non si lamenta del tremendo costo del lavoro in Italia, anzi guadagna così tanto (circa il 20% nel 2011) che quest'anno ha dato un premio di produzione di 6000 euro a ciascuno dei suoi 783 dipendenti. Il suo proprietario non si lamenta del fatto che si lavori poco, che alla gente cada la penna di mano quando scocca l'ora di uscita, non guarda con occhi sognanti i precari che stanno dieci ore in azienda magari non pagati timorosi di non essere confermati, anzi alle 18 pretende che tutti se ne vadano a casa, perché se uno ha lavorato con coscienza per otto ore, ha fornito una operatività notevole e più che sufficiente ai successi dell'azienda. Guardatevi da chi dice che bisogna lavorare di più, che non basta mai, tutta gente che non ha mai lavorato davvero. Perché quello che conta è il coinvolgimento di chi lavora, il fatto di credere nell'azienda che verso di te ha un atteggiamento etico vero e ti considera come una persona e non come una cosa. Chi è soddisfatto lavora meglio, è il suo credo e poiché bisogna saper riconoscere che pure in prodotti in cui la manualità è importante, il costo del lavoro arriva a malapena al 7%, si può retribuirlo meglio, infatti lì, gli stipendi sono del 20% superiori al contratto nazionale, senza pregiudizio degli utili.
Guardatevi qui il suo manifesto sulla dignità del lavoro. Si può fare impresa in Italia, proprio perché il mondo è innamorato della nostra produzione e non aspetta altro che glieli proponiamo i nostri prodotti. Chiunque abbia lavorato, come me, trattando con i paesi di tutto il mondo, ha sempre avuto ben chiaro che basta dire "la mia azienda è italiana" e subito ti si spalancano le porte, poi certo tocca a te dimostrare che il tuo prodotto è valido, ma intanto sei già il primo della lista e questo è un vantaggio che tutti vorrebbero avere e che è delittuoso disperdere. Far tornare l'etica e la dignità al centro della mentalità della gente prima di tutto, isolare il furbastro che è in noi, in tutti noi e possibilmente farlo ritornare nelle fogne dell'animo dove è il suo posto naturale, è indispensabile per creare un nuovo Rinascimento di cui il nostro paese potrebbe essere promotore. E la gente deve farlo per prima cosa su sé stessa, smettendola di dire che i politici rubano e che ci sono troppe tasse e che tocca agli altri per primi dimostrare. No, cominci ognuno di noi perché come diceva Marco Aurelio prima della battaglia contro i Germani: "O miei stimati uomini, domani Roma ha bisogno di noi". Subito dopo, certamente e automaticamente non verranno più eletti gli indegni, i venditori di false promesse, i capipopolo del tutto facile e so ben io da dove cominciare. Gli imprenditori incapaci falliranno con buona pace di tutti e quelli bravi saranno più forti, come accade ogni volta che è passata la peste e forse potremmo avere davvero una nuova politica e un nuovo umanesimo.
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